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    Plan détaillé Texte intégral Le colonie achee cd. “di prima generazione” Le colonie achee cd “di seconda generazione” Aree sacre e quartieri artigianali nelle colonie achee: quali relazioni? Bibliographie Notes de bas de page Auteur

    Travailler à l’ombre du temple

    Ce livre est recensé par

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    Aree sacre e quartieri artigianali in Magna Grecia: le colonie achee

    Maria Rosaria Luberto

    p. 173-195

    Remerciements

    L’invito di Arianna Esposito e Airton Pollini a partecipare al Convegno sulle relazioni tra aree sacre e quartieri artigianali mi ha offerto la possibilità di puntualizzare alcune riflessioni su contesti dei quali mi occupo da tempo sotto vari aspetti e di ricevere suggerimenti e indicazioni preziose nel corso della Tavola Rotonda finale: per questo motivo vorrei indirizzare i miei ringraziamenti più sinceri agli organizzatori e al comitato scientifico.

    Texte intégral Bibliographie Notes de bas de page Auteur

    Texte intégral

    1Le colonie cd. achee, sulla base della matrice etnica prevalente dei contingenti coloniali così come tradita dalle fonti1, costituiscono nel loro complesso l’oggetto di un filone di studi comparati che ha riguardato diversi ambiti e settori delle scienze dell’antichità: Sibari, Crotone e Caulonia, abitate da Greci sin dagli ultimi decenni dell’VIII sec. a.C.; Metaponto e Poseidonia, colonie “di seconda generazione”, occupate stabilmente tra l’ultimo quarto e la fine del VII sec. a.C. Per questo motivo si è scelto, nell’ambito dell’occasione offerta da questo Convegno, di considerarne unitariamente i dati in relazione al tema dei rapporti tra aree sacre e aree di produzione2. Di seguito quindi una presentazione delle informazioni disponibili sulle due categorie di evidenze, organizzata secondo i due gruppi su indicati.

    Le colonie achee cd. “di prima generazione”

    Sibari (fig. 1)

    Fig. 1 - Sibari, distribuzione dei siti archeologici indagati all’interno della superficie urbana antica.

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    Da Greco 2019; elaborazione O. Voza.

    2La città arcaica è stata indagata in estensione solo nel quartiere di Stombi (fig. 2). Qui sorgeva un’area residenziale frequentata a partire dalla fine dell’VIII sec. a.C. ed edificata invece dalla fine del successivo3. Vi si sono rinvenute due fornaci datate nel VI sec. a.C. La prima si trova a W dell’angolo NE di un edificio a più vani (fig. 2.1); è orientata NW-SE e ha la camera di combustione a pianta circolare4. Il piano di cottura poteva essere sostenuto da mattoni parallelepipedi, ritrovati all’interno, che dovevano forse svolgere la funzione dei pilastrini. Le dimensioni ridotte dell’impianto ne hanno suggerito l’impiego per la cottura di vasellame miniaturistico, abbondantemente attestato a Stombi5. Frammenti con tracce di cattiva cottura si sono inoltre rinvenuti in tutta l’area. La seconda fornace è posta in uno dei vani di un edificio sul lato settentrionale dell’area di scavo (fig. 2.2). Tipo e misure sono affini a quelli della precedente, l’orientamento è inverso e in questo caso si sono rinvenuti i sostegni del piano di cottura costituiti da tre muretti6. Nel quartiere sono stati rintracciati anche numerosi pozzi7 e una costruzione con più ambienti che si è proposto di leggere come luogo di stoccaggio e forse esposizione di merci destinate alla vendita8. Le testimonianze relative alla sfera del sacro a Stombi sono tutte costituite invece da indicatori indiretti: nella fascia meridionale dello scavo elementi architettonici9; metalli10; numerosi vasi miniaturistici acromi e pesi da telaio11; coroplastica12; piccole protomi femminili e rappresentazioni di animali13; oggetti affini anche nella fascia settentrionale, insieme a notevoli quantità di pregevoli ceramiche d’importazione e produzioni coloniali a figure nere di fabbrica locale14.

    Fig. 2 - Sibari, pianta dell’area archeologica di Stombi; evidenziate le fornaci arcaiche e la loro posizione nel sito.

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    Da Sibari III; rielaborazione A.

    3Come a Stombi, anche a Parco del Cavallo, area centrale dell’insediamento antico nel corso di tutte le sue fasi di vita, la frequentazione inizia a fine VIII sec. a.C. (fig. 1)15. Anche in questo settore dell’abitato antico la presenza di edifici sacri è suggerita da indicatori indiretti: elementi architettonici e blocchi in calcare furono reimpiegati nell’Emiciclo di età romana16, mentre recenti scoperte hanno portato alla luce un nucleo di terrecotte architettoniche fittili senza dubbio riferibili a un altro tempio17. Una frequentazione di periodo arcaico e la presenza di un piccolo edificio di culto è stata ipotizzata anche nel sito di Casa Bianca (fig. 1), dove più tardi sorgerà il santuario delle Divinità Orientali18, di nuovo sulla base del rinvenimento di materiali mobili residuali19.

    4In sostanza dunque tutte le principali aree di scavo a Sibari, corrispondenti ad altrettanti settori della città antica, restituiscono tracce indirette della presenza di aree sacre ma a oggi ancora nessun resto monumentale. Attività produttive sono documentate invece unicamente a Stombi.

    5Il quartiere, popolato da fabbricati semplici con muri in ciottoli, si colloca in prossimità dell’ipotizzato tracciato delle mura di cinta e di un corso d’acqua20: una posizione del tutto consona all’installazione di un kerameikos21. In passato è stata più volte avanzata l’ipotesi che un luogo di culto potesse trovarsi non già nell’area scavata22, ma nelle immediate vicinanze e che anzi il quartiere stesso vivesse in funzione di un santuario23. Ne sarebbero prova le fornaci con le loro dimensioni ridotte dovute all’impiego per la cottura della numerosa ceramica miniaturistica rinvenuta nell’area, la coroplastica forse anch’essa prodotta in loco, le ricche classi ceramiche d’importazione e di produzione locale, ma soprattutto i frammenti architettonici e gli oggetti in metallo.

    Crotone (fig. 3)

    Fig. 3 - Crotone, carta archeologica.

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    Da Kroton; rielaborazione A.

    6L’occupazione stabile in città inizia intorno all’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C. e continua per tutto il corso del secolo successivo, indicata solo da materiali mobili24. Le prime concrete tracce di strutturazione urbana – costruzione della rete viaria e delle prime abitazioni – risalgono alla fine del VII sec. a.C. ma mancano dati certi, per tutto il corso di vita della città, su aree sacre e pubbliche urbane25. In fase arcaica indicatori indiretti della presenza di aree sacre, principalmente terrecotte architettoniche, sono distribuiti lungo tutta la fascia centrale dell’insediamento (fig. 4)26.

    Fig. 4 - Crotone, particolare della carta archeologica con la distribuzione delle terrecotte architettoniche rinvenute lungo la superficie urbana e delle aree sacre, certe e ipotetiche.

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    Da Kroton; rielaborazione A.

    7Le fondamenta di un edificio di notevole impegno costruttivo risalente a questo periodo sono state rinvenute nel sito della Banca d’Italia, posto nel settore meridionale della città (fig. 4), per il quale una funzione sacra rimane pura ipotesi di lavoro27. Per le fasi più tarde resti di una massicciata forse riferibile a un tempio si sono individuati presso la cooperativa Uranio (fig. 4), stavolta nel quartiere centrale, ma anche in questo caso nessun ulteriore elemento contribuisce a confermare l’ipotesi28.

    8Al contrario delle testimonianze relative al sacro, quelle pertinenti alle attività artigianali per la lavorazione dell’argilla e dei metalli sono più chiare e consistenti. Scarti di produzione di vasi per bere si individuano già a partire dalla fine dell’VIII sec. a.C. nell’area del quartiere centrale29. Qui i primi opifici attestati da officine, fornaci isolate e scarichi, compaiono alla metà del VII sec. a.C. e continuano a essere in uso, con varie ristrutturazioni, nel corso del secolo successivo (siti del Campo Sportivo e della Coop. Proletaria Pertusola) e in periodo tardo-classico30. Ulteriore documentazione proviene dal quartiere meridionale: nell’area dell’ospedale è stato rinvenuto un edificio a funzione mista, abitativo-artigianale, di periodo arcaico, e un’officina di seconda metà IV sec. a.C. (sito di Campitello)31. La lavorazione dei metalli è documentata in luoghi posti in prossimità di corsi d’acqua, l’uno presso il fiume Esaro nel quartiere centrale, l’altro di nuovo nel sito di Campitello32, nelle vicinanze del fosso Pignataro, oggi interrato.

    9I dati sinteticamente presentati non permettono di approfondire le eventuali relazioni tra aree sacre e quartieri artigianali data l’assenza di informazioni certe sulle prime. Ciò che si ricava dall’analisi della distribuzione delle testimonianze sulle due categorie di evidenze è la gravitazione di entrambe nell’area centrale della città e nei settori del quartiere meridionale a ridosso di questa, a riprova del ruolo chiave che questo settore urbano ebbe come cruciale collegamento tra la costa e l’interno.

    Caulonia (fig. 5)

    Fig. 5 - Caulonia, carta archeologica: 1. Santuario di Punta Stilo; 2. collina del Faro; 3. rinvenimenti subacquei; 4. C.da. Lupa; 5. area indagata con le prospezioni geofisiche dall’Università di Mainz.

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    Da Iannelli 2016, rielaborazione A.

    10La frequentazione del sito dove si svilupperà la colonia risale, in termini archeologici, alla fine dell’VIII sec. a.C.33. Precoce appare l’articolazione dell’impianto urbano che inizia a strutturarsi con strade e abitazioni tra la seconda metà del VII sec. a.C. e la fine del VI34. Nello stesso periodo (seconda metà-ultimo quarto del VII sec. a.C.) si registra la costruzione di altari nell’area del principale santuario di Punta Stilo, l’unica area sacra identificabile con certezza all’interno del perimetro della città antica (fig. 5.1)35. Un’altra è ipoteticamente localizzabile sulla collina del Faro (fig. 5.2), come suggerito dal rinvenimento di elementi della decorazione architettonica fittile delle coperture di templi o sacelli36. Frammenti architettonici relativi all’alzato di un edificio sono stati recuperati infine nel tratto di mare immediatamente a NE dell’antico perimetro urbano insieme a due bitte da ormeggio e ad altri apprestamenti (fig. 5.3). Si tratta di materiali semilavorati che potrebbero suggerire la presenza in antico di un tempio in costruzione oppure di un’officina, collocata nei pressi dell’approdo37.

    11L’unico impianto produttivo riconosciuto con certezza è posto all’esterno dell’abitato, a S, in località contrada Lupa (fig. 5.4)38. Lo scavo ha restituito i resti di un edificio a sei vani, di una fornace e di una serie apprestamenti funzionali alle attività dell’impianto per i quali si è supposta la pertinenza a un più ampio complesso artigianale, ipotesi che l’estensione ridotta delle indagini sul terreno non ha ancora permesso di confermare39. Sulla base di quanto finora edito non è possibile stabilirne con certezza le fasi d’uso e quindi classificare questo edificio come di tipo misto, abitativo-artigianale, o supporre che l’officina sia stata installata una volta dismessa l’abitazione che la precedeva40. Le strutture sono state impiantate alla fine del VI-inizi del V sec. a.C. e sono rimaste in uso lungo il periodo classico fino a quello tardo-classico ed ellenistico41.

    12In posizione speculare alla precedente, all’esterno del confine settentrionale della città, recenti indagini geofisiche condotte da O. Pilz dell’Università di Mainz42, ancora inedite, hanno individuato una serie di anomalie e tra queste due tracce approssimativamente circolari interpretate come fornaci (fig. 5.5)43.

    13I due impianti – nel caso in cui fosse confermata l’effettiva esistenza di quello settentrionale – presenterebbero quindi peculiari analogie, essendo collocati in posizione simmetrica, in prossimità di corsi d’acqua44 e a ridosso delle mura, a breve distanza dall’abitato ma presumibilmente lungo importanti direttrici viarie che collegavano il centro urbano con il resto della costa (cfr. fig. 5.4 con fig. 5.5)45.

    14Numerosi indicatori indiretti contribuiscono a definire la vocazione e l’interesse economico della città per le attività produttive46. Più specifiche connessioni tra queste e la sfera del sacro si leggono tuttavia nei dati restituiti dal santuario di Punta Stilo in relazione alla lavorazione dei metalli.

    15Di fronte al più antico degli altari posti nel settore a S del tempio dorico (fig. 6.1) si sono riconosciuti i resti di una fossa, interpretata come forno in terra utilizzato per la riduzione primaria dei metalli, e del suo riempimento contenente cospicue tracce di bruciato e frammenti di tuyere (fig. 6.2)47.

    Fig. 6 - Caulonia, pianta del santuario di Punta Stilo: 1. Altare; 2. area di rinvenimento dei metalli e delle tracce di lavorazione di periodo arcaico; 3. area dei cippi e delle trapezai; 4. area di rinvenimento dei metalli e delle tracce di lavorazione di periodo classico.

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    Da Parra 2013, rilievo di C. Cassanelli; rielaborazione A.

    16La supposta officina metallurgica, compresa già all’epoca entro le mura urbane48, sarebbe stata attiva tra la fine del VII e la seconda metà del VI secolo a.C. per la produzione di offerte votive49. Tuttavia lo spazio ridotto nel quale è posizionata, tra l’altare, più antico50, a E (fig. 6.1) e un settore a W occupato da cippi, segnacoli di deposizioni votive e basi per offerte (fig. 6.3) in uso lungo tutto il VI sec. a.C.51, lascia forse aperta la strada, come si vedrà, a una diversa interpretazione. Nel corso del secondo quarto del V sec. a.C. tutta questa area viene interessata da operazioni di cantiere finalizzate alla costruzione del tempio dorico e defunzionalizzata con il seppellimento sotto uno spesso strato di schegge risultante dalla lavorazione dei blocchi destinati all’edificio sacro52. In questo stesso periodo il settore meridionale del santuario viene ristrutturato con lo spostamento della porta d’accesso e la costruzione di nuove installazioni cultuali, in fase con il tempio dorico53. Le tracce di lavorazione dei metalli si spostano qui, seguendo la collocazione del nuovo altare (fig. 6.4). Esse sono ora costituite da cinque buche di forma grossolanamente rettangolare insieme ad accumuli di scorie e concotto, a due lingotti in piombo, a diversi oggetti di pregio54 e punte di freccia, considerati in parte ex voto, in parte destinati alla rifusione55.

    17La relazione delle officine arcaiche e classica con gli apprestamenti cultuali ai quali sono topograficamente legate (altari, area dei cippi e delle trapezai), alcune evidenti difficoltà logistiche (posizione degli impianti, assenza di fonti idriche nelle vicinanze) e in ultimo l’impossibilità di considerarle direttamente funzionanti in connessione alle attività di cantiere del santuario56 suggeriscono una lettura del complesso di installazioni e oggetti come ex voto, secondo un uso ampiamente attestato in altri contesti sacri dove la dedica votiva è costituita non solo dal prodotto finito, ma anche da materiale grezzo ed elementi pertinenti alle fasi di lavorazione57: è in sostanza il processo produttivo a essere posto sotto la protezione divina, non tanto – o non solo – l’oggetto in quanto agalma.

    18A Caulonia dunque possibili aree artigianali specializzate, veri e propri kerameikoi, sorgevano forse in posizione esterna al perimetro urbano, in aree favorevoli sia all’approvvigionamento delle materie prime che alla distribuzione, a livello non solo locale, dei prodotti finiti, preservando nel contempo gli abitanti del centro dagli eventuali disagi causati dalle attività che qui avevano luogo. Il voto di materiali grezzi, non finiti o di scarti e prodotti della e per la lavorazione dei metalli nell’area del santuario di Punta Stilo varrebbe invece a testimoniare l’importanza di tali attività nel contesto dell’economia cittadina, istituendo tra di esse e l’area sacra un legame non puramente topografico e funzionale, quanto piuttosto concettuale.

    Le colonie achee cd “di seconda generazione”

    Metaponto (fig. 7 )

    Fig. 7 - Metaponto, pianta schematica dell’insediamento.

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    Da Mertens 2006.

    19Il sito è occupato con continuità a partire dai decenni centrali della seconda metà del VII sec. a.C.58. Già tra la fine del VII e gli inizi del VI sec. a.C. vengono costruite le mura di cinta, impiantati i primi assi viari e organizzate le aree del santuario e dell’agora. Lo sviluppo della città, evidenziato dalla conformazione della sua rete viaria e quindi dalla scansione della maglia urbana in isolati regolari, diviene più concreto a partire dalla metà del VI sec. a.C. A questa data si suppone una pianificazione complessiva della superficie che verrà poi gradualmente occupata nel corso del tempo. Una seconda fase edilizia consistente si registra infatti ancora nel corso della seconda metà-ultimi decenni del IV sec. a.C., quando vengono occupati gli isolati intorno all’agora59.

    20L’area sacra e l’agora si popolano di edifici a partire dalla prima metà del VI sec. a.C. – l’agora già a fine VII60. Le operazioni edilizie continuano senza soluzione di continuità fino alla prima metà del V sec. a.C. (Tempio D61), mentre sostanziose ristrutturazioni – trasformazione dell’ekklesiasterion in teatro nell’agora62 – e restauri o nuove edificazioni come quella relativa al Tempio E risalgono alla seconda metà/fine del IV-inizi del III sec. a.C.63.

    21Com’è noto, Metaponto ebbe un proprio quartiere artigianale che fu attivo tra il VI e il III sec. a.C. Il kerameikos era collocato in posizione periferica, inizialmente fuori dalla cinta muraria nella quale fu poi ricompreso nel corso del V sec. a.C.64. Posto in prossimità della Porta Nord, quindi fuori dall’area centrale della città, si trovava in posizione favorevole all’accesso alle risorse idriche e alle materie prime, nonché alla distribuzione dei prodotti finiti. Vi si sono rinvenuti sia resti di officine (edifici con fornaci, spazi e installazioni funzionali alle lavorazioni quali i pozzi), che numerosi scarichi, contenenti anche scarti di ceramiche a figure rosse di produzione lucana riconducibili ad alcuni dei più importanti Pittori della classe attivi a Metaponto65.

    22Sono tuttavia numerose le altre testimonianze di attività artigianali distribuite lungo il resto del perimetro urbano, più nello specifico in prossimità dell’area centrale, dentro l’area sacra e nell’agora.

    23Per quello che più attiene al tema del convegno rileva la presenza di due fornaci collocate a ridosso del temenos orientale dell’area sacra (fig. 8).

    Fig. 8 - Metaponto, area sacra. Nel riquadro le fornaci.

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    Da Mertens 1985; rielaborazione A.

    24Scavate nel 1983, sono ancora sostanzialmente inedite. N. Cuomo di Caprio le pubblica come fornaci a pianta rettangolare del tipo II/a della sua classificazione, con muro centrale per il sostegno del piano forato e stesso orientamento; sono genericamente, e dubitativamente, datate al IV sec. a.C. e collegate alla cottura delle terrecotte destinate ai templi66.

    25A fronte dell’esiguità dei dati disponibili, costituiti come si è visto da brevi notizie, una lettura per quanto possibile attenta della documentazione pertinente al settore in questione e l’analisi del contesto permettono forse di specificare meglio queste informazioni e aggiungere altri dati.

    26La restituzione grafica originale dei due impianti è costituita dalla pianta elaborata da D. Mertens, edita nel 1985 e qui riprodotta alla fig. 867. Vi si legge la presenza di una prima fornace, posta a N e orientata W-E, con prefurnio allungato, camera di combustione quadrangolare con lati di raccordo al prefurnio obliqui e muretto centrale. Della seconda si conserva solo il prefurnio; l’orientamento sembra inverso rispetto alla precedente. A differenza di quanto rappresentato nelle ricostruzioni schematiche complessive dell’area sacra (ad es. fig. 9)68, le due fornaci sarebbero state quindi allineate per i lati lunghi ma con orientamento inverso; la pianta della camera di combustione della seconda non risulta inoltre determinabile69.

    Fig. 9 - Metaponto, ricostruzione schematica dell’area sacra nella seconda metà del IV sec. a.C.

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    Da Mertens 1985; rielaborazione A.

    27In merito a destinazione produttiva, contesto e datazione si può dunque osservare che:

    • le fornaci a pianta rettangolare non sono espressamente dedicate alla cottura di terrecotte architettoniche70. Nel caso specifico, tuttavia, la particolare collocazione degli impianti rende l’ipotesi del tutto plausibile, anche se questo uso poteva non essere necessariamente esclusivo71.

    • La collocazione nell’area sacra, tra il temenos verso l’agora da una parte e la zona degli altari dall’altra, ne suggerisce un utilizzo episodico e puntuale, collegato forse a uno dei tanti interventi edilizi di costruzione o ristrutturazione dei vari edifici sacri. L’ipotesi più probabile è quindi che le fornaci siano rimaste in uso per la durata del cantiere e successivamente defunzionalizzate, ma occorrerebbero ulteriori dati di scavo per legittimare tale interpretazione72. Dirimente sarebbe ad esempio l’esame dei rapporti stratigrafici con la stoa orientale la cui costruzione o ristrutturazione potrebbe averle obliterate, confermando quindi il loro utilizzo in un arco temporale ristretto dovuto a un utilizzo finalizzato73.

    28Su quest’ultimo punto, posto che l’impianto abbia avuto una durata limitata e destinata alle operazioni di cantiere, giova sottolineare che:

    • la datazione al IV sec. a.C. proposta in letteratura corrisponde a una fase di vigore edilizio che la città attraversa tra la seconda metà del secolo e gli inizi del successivo. A queste date risalgono infatti il radicale restauro del Tempio D e la costruzione ex novo del piccolo oikos costituito dal Tempio E74. Tra i materiali riferibili alla fase in questione le terrecotte architettoniche sono tuttavia poche: un gruppo di antefisse a testa maschile e uno con testa femminile75.

    • Per quanto problematica sia la questione degli orientamenti degli edifici sacri metapontini in collegamento alla storia della città e per quanto questo non sia da considerare del tutto dirimente in relazione agli impianti artigianali in discussione, si deve notare che l’orientamento degli impianti non è quello del Tempio E al quale sarebbero grosso modo coevi, bensì quello astronomico del ben più antico Tempio AI e del Tempio D, ionico di inizi V sec. a.C.76.

    29Le due fornaci considerate, dunque, analizzate solo sulla base della documentazione grafica e delle poche notizie edite, sembrano essere state collocate nell’area sacra per operazioni di cantiere che l’analisi delle relazioni con il contesto potrebbe permettere forse di riferire a un’epoca diversa da quella fino a oggi proposta.

    30Altri impianti artigianali, limitrofi all’area sacra, sono documentati nel settore centrale della città. Anche in questo caso le notizie si ricavano dalla documentazione grafica e da pochissime informazioni edite, elencative77, mentre mancano del tutto dati di scavo.

    31Nell’insula I, posta all’esterno del temenos occidentale, sono stati rinvenuti alcuni ambienti, presumibilmente appartenenti a una stessa abitazione (fig. 10)78. Nel più occidentale sono collocate due fornaci e un pozzo; nel secondo, posto a E del precedente, una sola fornace. Gli impianti hanno camera di combustione circolare con prefurnio allungato. Il tipo di edificio al quale appartengono in questo caso è quello della casa-officina79. Se ne è proposta una datazione alla fine del IV-inizi del III sec. a.C.80, quindi all’ultima fase edilizia che si registra in ambito urbano e che, come si è visto, interessa tanto l’area sacra quanto l’agora81. Forse la stessa tipologia di impianti trovava posto anche tra isolati a S dell’area sacra, in prossimità dell’insula IV, ma in questo caso manca ogni documentazione utile a una minima descrizione82.

    Fig. 10 - Metaponto, gli isolati a W dell’area sacra. Nel riquadro gli ambienti dell’insula I con le fornaci.

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    Da Mertens 1985; rielaborazione A.

    32Lo stesso per le supposte officine metallurgiche che si collocherebbero sempre a S dell’area sacra83, presumibilmente in corrispondenza dell’ambitus 1 nell’insula IV dove sono stati rinvenuti due bronzetti, uno raffigurante Eracle e l’altro Efesto. In questo caso si è supposto che essi attestino l’esistenza di un culto collegato alle attività artigianali che dovevano svolgersi nel complesso dove sono state rinvenute84.

    33In ultimo, sono numerosi gli indicatori indiretti di produzione distribuiti in diversi settori dell’area urbana, tra i quali lo scarico, oltremodo noto, relativo a produzioni attribuibili al Pittore di Amykos85.

    34Un’installazione a carattere produttivo si riconosce anche nell’agora, ma, di nuovo, manca ogni dato per un più preciso inquadramento. Si tratta di una calcara collocata sul lato occidentale di una struttura quadrangolare interpretata come piattaforma recintata da muri e dotata di una scalinata, edificata in epoca arcaica e ristrutturata più volte fino alla seconda metà del IV sec. a.C.86. Se ne ricava unicamente che la calcara può essere successiva a questa data.

    35In sintesi dunque gli unici impianti che hanno una relazione diretta con l’area sacra a Metaponto sono due fornaci poste in prossimità del temenos orientale che separa questa zona dall’agora e che devono aver funzionato nel corso di una delle importanti fasi di restauro che ha interessato gli edifici di culto. Per il resto le attività produttive in città sono largamente testimoniate, oltre che da numerosi indicatori indiretti, da installazioni riconducibili a due diverse serie:

    1. veri e propri impianti artigianali organizzati e con destinazione esclusiva e specifica quali quelli del kerameikos;

    2. case-officine, a funzione mista abitativo-artigianale, distribuite in vari punti della superficie urbana, ma comunque in prossimità dell’area centrale, presumibilmente più legate a una gestione di tipo familiare e a una distribuzione maggiormente concentrata a livello locale.

    Poseidonia (fig. 11)

    Fig. 11 - Poseidonia, carta archeologica.

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    Da Greco 2000.

    36L’insediamento, secondo le ipotesi più accreditate, nasce in due tempi: una prima occupazione della collina di Agropoli e un successivo trasferimento nel sito dove poi si svilupperà la città, a partire dagli inizi del VII sec. a.C.87. La definizione dell’area urbana è affidata nella fase più antica per il lato settentrionale alle necropoli, quelle di Arcioni e Laghetto, mentre a S è il corso fluviale del Capodifume a segnarne i confini88. La fascia centrale della città, occupata dall’agora e dai due Santuari Settentrionale e Meridionale, fu da subito riservata a funzioni pubbliche e monumentalizzata a partire dalla seconda metà del VI sec. a.C. con la costruzione dei templi nel Santuario Meridionale e la suddivisione della superficie urbana iniziata alla fine dello stesso secolo89.

    Fig. 12 - Poseidonia, particolare della pianta del Santuario Meridionale con la fornace.

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    Da Greco 1980; rielaborazione A.

    37Tutte le testimonianze di attività produttive, dirette e indirette, si collocano tuttavia nel corso dei secoli IV e III a.C. e, è bene anticiparlo, sono quantitativamente esigue. A fronte infatti di un numero consistente di tracce indirette, costituite principalmente da scarichi90, è documentata al momento con certezza la presenza di una sola fornace, collocata nell’area del Santuario Meridionale, più di preciso in corrispondenza del macellum di periodo romano (fig. 12)91. In età tardo-arcaica sorgeva in questa zona un tempio distilo in antis con cella stretta e allungata92. Intorno alla metà del IV sec. a.C. sul lato N viene costruita una stoa a destinazione forse commerciale; alla fine dello stesso secolo la cella del tempio è smantellata come dimostra la presenza, riferibile a questa fase, di una fornace posta in corrispondenza dell’angolo SW del pronaos della prima fase93. Di tale impianto si è rinvenuta la copertura, una massa di argilla semicruda, mentre la camera di combustione, a pianta circolare, era riempita di materiale architettonico fittile di scarico (fig. 13)94.

    Fig. 13 - Poseidonia, la fornace nel Santuario Meridionale in fase di scavo: a) la copertura in argilla; b) la camera di combustione.

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    Da Greco 1980; rielaborazione A.

    38La fornace era dotata di pilastrino centrale; il corridoio di alimentazione non è stato scavato poiché tagliato dalle fondazioni della Curia. La datazione proposta, su base stratigrafica, è a fine del IV-inizi del III sec. a.C. In fase con la fornace, oltre al tempio di dimensioni ridotte e alla stoa, una serie di pozzi. L’impianto ebbe vita breve poiché nel corso della successiva fase romana venne obliterato dal primo rudimentale tracciato dell’asse stradale. Nessun elemento permette al momento di ricostruirne la destinazione produttiva né la possibile connessione funzionale con il vicino tempio.

    39Al di fuori dell’area sacra, indicatori indiretti di attività artigianali si distribuiscono in diversi settori dell’ambito urbano. Nell’agora, in corrispondenza della porticus romana, l’ambiente III di un edificio di età lucana, denominato con la lettera d, conserva al suo interno una struttura costituita da due muretti in blocchi di travertino che a S finiscono su una grossa lente di terreno bruciato; nei pressi si sono recuperati anche un distanziatore, della ceramica malcotta e un pane di argilla95.

    40Presso la Porta Marina, a N della plateia E-W, sono stati individuati resti di strutture in cattivo stato di conservazione perché sconvolte da lavori agricoli moderni96. Sono collocate in prossimità delle mura, in direzione dell’approdo naturale posto all’esterno della Porta, quindi in posizione utile per lo smercio dei prodotti, lungo una delle principali arterie dell’insediamento e nelle vicinanze di un corso d’acqua e risalgono a età lucana (IV-III sec. a.C.). Secondo E. Greco qui potrebbe localizzarsi il kerameikos urbano, come garantirebbe anche il rinvenimento di uno scarico nelle immediate vicinanze97.

    41Altri indicatori di produzione si sono infine rinvenuti nelle necropoli periurbane della Licinella e di Ponte di Ferro; le datazioni indicate riportano sempre al IV-III sec. a.C.98.

    42Il quadro dei dati restituito da Poseidonia, come anticipato, risulta nel complesso scarno per quanto concerne la presenza di vere e proprie installazioni artigianali, mentre numerosi e ampiamente distribuiti lungo la superficie urbana e periurbana appaiono gli indicatori di produzione. Questo senz’altro garantisce e conferma la presenza in città di attività produttive, presumibilmente collegate anche alla sfera del sacro come testimonia l’unica fornace rinvenuta nel Santuario Meridionale, ma non permette di proporre riflessioni sulla loro articolazione e sulle relazioni con il tessuto urbano in generale e con le aree sacre più nello specifico.

    Aree sacre e quartieri artigianali nelle colonie achee: quali relazioni?

    43Le informazioni raccolte sulle colonie achee cd. “di prima” e “seconda” generazione risultano frammentarie per tutti i centri considerati in ragione della ridotta estensione delle ricerche sul terreno ma soprattutto dello stato parziale delle relative pubblicazioni. Questo rende quindi ogni interpretazione proposta preliminare e da valutare come pura ipotesi di lavoro.

    44La presenza di impianti artigianali è accertata in tutti i centri esaminati. La distribuzione anche cronologica delle testimonianze indica che le attività produttive ebbero un ruolo di primo piano nella vita delle colonie fin dalle loro prime fasi di vita. Solo a Poseidonia non compaiono testimonianze di periodo arcaico, ma è difficile non imputarne le ragioni allo stato della ricerca. Metaponto è invece l’unica a testimoniare la presenza di un vero e proprio kerameikos attivo fin dai primi secoli di vita della colonia. La dislocazione delle evidenze negli altri centri vale forse a testimoniare una organizzazione degli impianti in prossimità di aree centrali o di percorsi viari importanti. Anche a Crotone, dove si è supposta la presenza di un kerameikos, è evidente la concentrazione delle testimonianze nell’area centrale ma non è possibile, al momento, supporre la presenza di un vero e proprio quartiere specializzato.

    45Per quanto riguarda le relazioni con le aree sacre, queste sono topograficamente evidenti a Metaponto dove la presenza degli impianti sembra essere stata un fatto puntuale, imputabile a esigenze di cantiere e non funzionale alla vita del santuario in generale. Le evidenze di Stombi a Sibari sono forse anch’esse da ricondurre alla presenza di un santuario nelle vicinanze, ipotesi al momento avvalorata solo da tracce indirette. In ogni caso, se pure future ricerche dovessero darne conferma, gli impianti artigianali di Stombi non avrebbero avuto una relazione topografica diretta con il luogo di culto: di conseguenza non se ne può legare la funzionalità unicamente alle esigenze di un luogo sacro. A Poseidonia l’unica fornace rinvenuta è posta nel Santuario Meridionale e occupa addirittura lo spazio in precedenza riservato alla cella di un tempio, che si è supposto sia rimasto in uso. Questa trasformazione rientra nell’ambito dei tanti cambiamenti radicali ai quali la città fu soggetta a seguito delle vicende storico-politiche che ne caratterizzarono la storia ma, anche in questo caso, non sembra possibile istituire un legame diretto tra sfera del sacro e ambito produttivo.

    46Di tenore del tutto diverso i dati restituiti da Caulonia dove la metallurgia, con tutte le sue implicazioni, sembra essere stata ritualmente rappresentata nel suo rapporto con la sfera del sacro nel santuario di Punta Stilo. Ciò contribuisce da un lato a sottolineare l’importanza che alcune specifiche attività produttive ebbero per l’economia locale. Dall’altro, anche se fosse definitivamente dimostrato che le evidenze del santuario sono relative a officine per la produzione di metalli e non a offerte, come si è proposto in questa pagine e altrove99, la scelta di collocarle nell’area sacra rinforzerebbe ulteriormente il valore simbolico di queste operazioni, a maggior ragione se si considera che gli altri impianti artigianali noti sono invece localizzati addirittura al di fuori del centro urbano.

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    Sibari II: Sibari II. Scavi al Parco del Cavallo (1960-62, 1969-70) e agli Stombi (1969-70), Roma, 1970.

    Sibari III: Sibari III. Rapporto preliminare della campagna di scavo: Stombi, Casa Bianca, Parco del Cavallo, San Mauro (1971), Roma, 1972.

    Sibari IV: Sibari IV. Relazione preliminare della campagna di scavo Stombi, Parco del Cavallo, Prolungamento strada, Casa Bianca (1972), Roma, 1974.

    Silvestrelli 2004: F. Silvestrelli, L’archeologia della produzione in Magna Grecia. Il caso di Metaponto, in E. Giannichedda (dir.), Metodi e pratica della cultura materiale. Produzione e consumo dei manufatti, Bordighera, 2004, p. 107-116.

    Silvestrelli 2005: F. Silvestrelli, Le fasi iniziali della ceramica a figure rosse nel kerameikos di Metaponto, in M. Denoyelle, E. Lippolis, M. Mazzei, C. Pouzadoux (dir.), La céramique apulienne: bilans et perspectives. Actes de la Table ronde, Naples 30 décembre-1 novembre 2000, Naples, 2005, p. 113-123.

    10.4000/books.pcjb.2751 :

    Spadea 2014: R. Spadea, Note topografiche di introduzione, in Kroton, p. 3-11.

    Stanley 2010: J.D. Stanley, Archaeological vestiges submerged off Locri and Kaulonia, Italy, by tectonically controlled coastline displacement during and after Greek time, in Lepore, Turi 2010, p. 17-30.

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    Notes de bas de page

    1 Lombardo 2011 per una disamina dell’argomento.

    2 In generale sui luoghi di produzione in Italia meridionale vedi Esposito 2013, p. 203 e nota 4 (Sibari, Stombi), p. 205 (Metaponto), p. 206 (Poseidonia), 209 (Caulonia), p. 210 (Crotone).

    3 Bibliografia in Luberto 2021, p. 117 e nota 52.

    4 Sibari II, p. 216-228 per il contesto in generale, p. 228-230 per la fornace. La camera ha un diametro pari a m 1; il corridoio di alimentazione è conservato per una lunghezza di ca. cm 60 (lunghezza totale della fornace m 1,60).

    5 Ibid., p. 231.

    6 Sibari III, p. 31-33 sull’edificio e la fornace. Lungh. m. 2,55.

    7 Ibid., p. 3 (pozzo a nord dell’edificio i), p. 36-39 (pozzi arcaici inglobati in una cisterna ellenistica), p. 40-42 (pozzi 1-2).

    8 Ibid., p. 29.

    9 Sibari II, p. 364-366 (vari frammenti pertinenti a uno stesso esemplare di capitello); Sibari IV, p. 24-25 e 57, n. 44 (= Luppino 1996, p. 186, n. 3.1). Si datano tutti entro la metà del VI sec. a.C.

    10 Pettorale e “foglie”: Sibari III, p. 48-52; solo pettorale: Guzzo 1993, p. 106 e 265, n. L.III A1. Applique di ansa in bronzo in forma di serpente: Sibari III, p. 122-123; per confronti e interpretazione vedi Luberto 2021, p. 119-120 e fig. 6.1-2.

    11 Vasi miniaturistici: Sibari II, p. 322-327, nn. 458-467, 471-474; Sibari III, p. 29 e 154; alcune considerazioni generali in Sibari IV, p. 357. Pesi da telaio: ibid., p. 356, 361, 363, nn. 562-565, 579-580. Vedi inoltre Luberto 2021, p. 121 e nota 72.

    12 Busti di Potnia Theron: Sibari III, p. 79, n. 86; p. 115-116, n. 211; p. 112, n. 202; p. 126, n. 241 ricomposta con Sibari IV, p. 134, n. 359; Sibari III, p. 121, nn. 225-226.

    13 Esempi di protomi: Sibari III, p. 79, nn. 85-87; p. 104, n. 173; p. 116, n. 212. Quadrupedi: ibidem, p. 79, n. 87 (testa di toro); p. 126, n. 242 (cavallo). Volatile: ibid., p. 126, n. 243 e p. 48 per il contesto di rinvenimento del manufatto. Orlo di pithos con decorazione a rilievo: Croissant 1994, p. 547; 2002, p. 406.

    14 Vedi per tutto Luberto 2021, p. 123-124 e relative note. Gli oggetti in questione sono costituiti da un frammento di lampada tipo Sele, una statuetta del tipo cd. “Bes-Sileno”, un frammento di louterion del tipo “San Biagio”, uno stampo per fittili con gorgoneion, ceramica figurata d’importazione e di produzione coloniale in quantità degne di nota e ancora protomi.

    15 Ibid.

    16 Heiden 1996, p. 184 e 186; Sibari III, p. 451-478 [D. Mertenz]; Greco 2013, p. 76; 2019, p. 291. Sull’Emiciclo, Marino 2010, p. 25-46.

    17 Per le prime notizie su questi rinvenimenti vedi D’Alessio, Marino, Rescigno 2017. In corrispondenza della plateia B sono stati inoltre identificati due filari di blocchi squadrati allineati per i lati lunghi, presumibilmente pertinenti al tempio arcaico attestato dai riutilizzi nell’Emiciclo (ibid.).

    18 Il santuario delle Divinità Orientali; Greco 2019, p. 292.

    19 Greco 2014, p. 167-172 (antefissa con gorgone), p. 169, nota 19 per gli altri frammenti; 2019, p. 292.

    20 Greco 2013, p. 76. In antico su questo lato della città scorreva il fiume Sybaris che segnava il limite della superficie urbana su questo versante, delimitata sull’altro dal Krathis. Per una diversa proposta di lettura della toponomastica dei due fiumi Taliano Grasso 2004, p. 189-194.

    21 Anche se per l’approvvigionamento idrico i Sibariti potevano accedere con facilità alla falda: supra, nota 7.

    22 È stato proposto che uno degli edifici di Stombi, denominato con la lettera f, possa aver avuto una funzione sacra che tuttavia gli elementi a oggi disponibili non consentono di confermare: Carando 1999, 170 e Luberto 2021, p. 124.

    23 Sibari IV, p. 36-37 [P.G. Guzzo].

    24 Luberto 2020, p. 35-36.

    25 Fatta eccezione per il santuario di Vigna Nuova che sorge però immediatamente all’esterno dell’area urbana come sarà definita in questo tratto dalle mura di cinta nel IV sec. a.C.: Luberto 2020, p. 39 e note 93-94 per i riferimenti bibliografici.

    26 Balzanelli, Luberto 2019, p. 306-307.

    27 Spadea 2014, p. 7.

    28 Ibid., p. 8.

    29 Balzanelli, Luberto 2019, p. 303, nota 14.

    30 Verbicaro 2010, p. 229 (Campo Sportivo, Officina II), p. 227-228 (coop. Proletaria Pertusola, Officina I). In periodo tardo-classico nel quartiere centrale attività produttive sono documentate anche nel sito della coop. Lamanna: ibid., p. 227 e nota 8.

    31 Ibid., p. 231-232 (ospedale, padiglione Microcitemia, Casa I), p. 230-231 (Campitello, Officina IV).

    32 Ibid., p. 232 (impianto presso l’Esaro, Officina VI), p. 231 (Campitello, Officina V).

    33 Luberto 2020, p. 40-42.

    34 Iannelli 2005, p. 223-243; 2012, p. 872-878; Parra 2019, p. 411-432.

    35 Parra 2019.

    36 Barello 1995, p. 19-29 e 59-62; Aversa 2010, p. 200-201; Corrado 2010, p. 167; Aversa 2012, p. 59-60 e 141-143.

    37 Iannelli, Lena, Mariottini 1993, da integrare con Medaglia 2002 e Stanley 2010, p. 17-30. Un ulteriore edificio sacro era stato ipotizzato lungo la fascia a mare, su una delle dune poste a NE dell’abitato antico, da H. Tréziny: Iannelli 2005, p. 241.

    38 Un inquadramento in Esposito 2013, p. 209-210.

    39 Iannelli 2004, p. 323-328; 2005, p. 227; Iannelli et al. 2016, p. 381 [F. Cuteri] per un approfondimento sul pozzo ivi rinvenuto; Gagliardi 2004, p. 495 e 528-529 per i materiali.

    40 Per una revisione dei dati su fasi e cronologia Luberto 2021, p. 108-109, in particolare note 11-12.

    41 Vedi bibliografia alle note precedenti.

    42 Ringrazio O. Pilz per la rara disponibilità con cui mi ha messo prontamente al corrente dei risultati delle indagini da lui dirette e per avermi autorizzato a farne cenno in occasione del convegno.

    43 P. Orsi non aveva individuato il tracciato della cinta in questo tratto e ne aveva di conseguenza solo ipotizzato il percorso sulla base dell’andamento degli spezzoni rinvenuti più a monte: da ultimo Treziny 1989, p. 156-157. La presenza di un impianto artigianale a ridosso del confine settentrionale della città potrebbe trovare ulteriore conferma in quanto restituito dalle indagini nell’area di S. Marco nord-est, posta immediatamente all’interno di tale confine. Qui si sono infatti rinvenute, oltre a una matrice (Lepore, Luberto, Turi 2013, p. 94-95, n. 93 [matrice], vari distanziatori [inediti] e, nel corso delle ultime indagini del 2016 dirette sul terreno da chi scrive, lungo il confine NW dell’area di scavo, cospicue lenti di terreno arrossato e vari frammenti vetrificati [inediti]).

    44 Nei pressi dell’impianto di contrada Lupa scorre il torrente Bernardo, a ridosso del confine settentrionale della città invece la fiumara Assi: da ultimo Iannelli et al. 2016, p. 396.

    45 Per l’impianto urbano di periodo ellenistico si ipotizza la presenza di una plateia, denominata p1, a direzione N-S posta immediatamente a W del tempio dorico di Punta Stilo che sarebbe rimasta in uso fino alla fine del III sec. a.C.: da ultimo Iannelli 2005, p. 235.

    46 Iannelli, Rizzi 1985, p. 295: matrici e statuette rinvenute nell’area delle cd. case Tomasello, a S della collina del Faro. Matrice per statuetta di personaggio grottesco: Lepore 2010, p. 91 e 95. Sull’ipotesi di una produzione di terrecotte architettoniche Cappelli, Giaccone 2012, p. 20.

    47 Bibliografia in Luberto 2021, nota 23. Si veda anche Scarci 2020, p. 93-94.

    48 Parra 2013, p. 91; Olivito 2017, p. 55-100.

    49 Parra 2014, p. 110; Scarci 2017, p. 133-134; 2020, p. 93-94.

    50 Parra 2017a; Luberto 2015, p. 126; Parra 2019, p. 413.

    51 Parra 2014, p. 110-112; 2017a, p. 7-11; 2019, p. 415. Sulle offerte di armi nel santuario rinvenute anche in quest’area vedi Parra, Scarci 2018, p. 95-115.

    52 Parra 2014, p. 112; 2019, p. 415.

    53 Parra 2014, p. 113; Olivito 2017, p. 74.

    54 Parra 2011, p. 18-19 e 2019, p. 415-416 con bibliografia precedente; Scarci 2017, p. 134; Olivito, Serra 2012, p. 46-47 per la descrizione del contesto e i dati di scavo. Per le tracce di attività metallurgiche nel settore vedi ora Cuteri 2014, p. 18.

    55 Scarci 2014, p. 81-90, dove si propone che alcune di esse siano state appositamente realizzate come ex voto. Vedi ora anche Scarci 2020, p. 71-73.

    56 Luberto 2021, p. 112-113.

    57 L’uso è documentato ad esempio a Francavilla Marittima e Pyrgi: vedi Luberto 2021, p. 114-115 e note 46-47 per la bibliografia.

    58 Per tutte queste informazioni e le successive vedi ora De Stefano 2020 con bibliografia precedente.

    59 Postrioti 1996, p. 147-148 in particolare sul santuario; De Juliis 2001, p. 129-138, in particolare p. 137.

    60 De Stefano 2020, p. 13-16 e 19.

    61 Mertens 1998, p. 274-275; De Juliis 2001, p. 148-151; De Stefano 2020, p. 19 e nota 87.

    62 Da ultimo De Juliis 2001, p. 163-167, con bibliografia precedente.

    63 Tempio E: ibid,, p. 152

    64 Prima edizione: D’Andria 1975; più di recente Silvestrelli 2004; Rizzo 2020, p. 79-91. Vedi anche Cracolici 2004 sui sostegni di fornace e le tecniche di produzione.

    65 Silvestrelli 2005, passim (tra questi Pittori di Dolone, Creusa, dell’Anabates).

    66 Cuomo di Caprio 1992, p. 7; ora Rizzo 2020, p. 93-94.

    67 Mertens 1985, fig. 1a.

    68 La fig. 9 corrisponde alla ricostruzione presentata in Mertens 1985, fig. 6a.

    69 Nelle piante schematiche la seconda fornace è ricostruita con camera di combustione quadrangolare, di dimensioni minori rispetto a quella dell’altro impianto, forse per analogia con questo. Casi come quello delle due fornaci affiancate nell’area sacra di Naxos (Lentini 2012, p. 286, fig. 4-5) dimostrano tuttavia che impianti con forma diversa – e presumibilmente destinazioni d’uso diverse – sono abbastanza comuni. Per esempi di fornaci con orientamenti divergenti (quelle di Naxos hanno lo stesso orientamento) si guardi ad esempio il caso delle due (Y1-2), affrontate, l’una a pianta quadrangolare e l’altra circolare, rinvenute nell’isolato I3, lotto H di Locri: Locri II, p. 37-38 e più di recente Meirano 2012, p. 263 e fig. 4.

    70 Cuomo di Caprio 2007, p. 513.

    71 Ibid. Si veda anche Lentini 2012, p. 286: le due fornaci di Naxos erano destinate l’una (la A, con camera a pianta circolare) alla cottura di vasellame da tavola; la B (quella con camera a pianta quadrangolare) alla cottura di tegole e rivestimenti architettonici. Si potrebbe forse supporre sulla base di questo confronto che anche le due fornaci di Metaponto avessero destinazione d’uso diversa.

    72 Questa è l’ipotesi che M.C. Lentini propone per le due fornaci di Naxos (ibid. con altri esempi e confronti). Stessa funzione M. Rubinich ha ipotizzato per l’officina individuata a ridosso delle mura di Locri nell’area di Marasà e funzionale alla realizzazione della carpenteria del tempio ionico: Rubinich 2010.

    73 La costruzione o la ristrutturazione della stoa orientale rientra forse nel programma edilizio della seconda metà del IV sec. a.C. nel corso del quale fu regolarizzato il confine con l’agora attraverso una serie di cippi: De Juliis 2001, p. 158 e n. 99 per la bibliografia. La stoa tuttavia nel tratto a ridosso delle fornaci sembra non essersi conservata e inoltre pochissime sono le notizie a riguardo in bibliografia (ibid.).

    74 Supra, note 61 e 63.

    75 Da ultimo De Juliis 2001, p. 156-157.

    76 Ibid., p. 142-151; De Stefano 2020, p. 32-33.

    77 Infra, note successive.

    78 Da ultimo Rizzo 2020, p. 94-95 con bibliografia precedente.

    79 Documentate ad esempio a Crotone, supra.

    80 Silvestrelli 2004, p. 110 e fig. 1, B; da ultimo Rizzo 2020, p. 95.

    81 Supra, note 61-63.

    82 Silvestrelli 2004, p. 110 e fig. 1, C.

    83 Notizie a riguardo ibid. La posizione più precisa si ricava grazie alle indicazioni di De Siena 1993, p. 123-126 (schede di due bronzetti per i quali vedi nota successiva).

    84 Ibid., schede a e b. I due bronzetti sono stati rinvenuti insieme, nello stesso edificio, sotto un crollo di tegole che per A. De Siena ha comportato l’obliterazione di un complesso artigianale destinato alla lavorazione dei metalli e al quale forse è da riferirsi un piccolo luogo di culto indicato dalla presenza di tali oggetti.

    85 Silvestrelli 2005, p. 215-216.

    86 Tagliente 2006, p. 729-730 e fig. 4; Osanna 2008, p. 930-931 e tav. XXV.

    87 Longo 2019, p. 466-467 e nota 9 per i riferimenti alla bibliografia precedente.

    88 Cipriani 2002, p. 370.

    89 Ibid., p. 375 e 377

    90 Rizzo 2020, p. 187-192.

    91 Greco, Theodorescu 1980, p. 20-21.

    92 Ibid., p. 25-27.

    93 Ibid., p. 28.

    94 Per questa e le informazioni successive ibid., p. 20-22 e 30-32.

    95 Rizzo 2020, p. 190-192.

    96 Ibid., p. 188-189.

    97 Ibid.

    98 Si tratta nel primo caso di un nucleo di oggetti con tracce di cattiva cottura considerati residuali dagli scavatori; nel secondo della nota necropoli nella quale sono impiegati per la realizzazione delle sepolture e per i corredi molti materiali di scarto: per tutti i dati e le relative interpretazioni, Rizzo 2020, p. 195-196.

    99 Luberto 2021, p. 112-115.

    Auteur

    Maria Rosaria Luberto

    Scuola Archeologica Italiana di Atene - IMT, Scuola Alti Studi Lucca.

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    Actes du Colloque International du Centre de Recherches Archéologiques de l’Université de Lille III et de l’Association P.R.A.C. Lille, 29-30 novembre 1993

    Juliette de La Genière (dir.)

    1997

    Colloque « Velia et les Phocéens en Occident ». La céramique exposée

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    Ginette Di Vita Évrard (dir.)

    1971

    Nouveaux documents sur l'art du Peintre de Lipari

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    Madeleine Cavalier

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    Les vases de bronze de l'archaïsme récent en Grande Grèce

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    Claude Rolley

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    1 Lombardo 2011 per una disamina dell’argomento.

    2 In generale sui luoghi di produzione in Italia meridionale vedi Esposito 2013, p. 203 e nota 4 (Sibari, Stombi), p. 205 (Metaponto), p. 206 (Poseidonia), 209 (Caulonia), p. 210 (Crotone).

    3 Bibliografia in Luberto 2021, p. 117 e nota 52.

    4 Sibari II, p. 216-228 per il contesto in generale, p. 228-230 per la fornace. La camera ha un diametro pari a m 1; il corridoio di alimentazione è conservato per una lunghezza di ca. cm 60 (lunghezza totale della fornace m 1,60).

    5 Ibid., p. 231.

    6 Sibari III, p. 31-33 sull’edificio e la fornace. Lungh. m. 2,55.

    7 Ibid., p. 3 (pozzo a nord dell’edificio i), p. 36-39 (pozzi arcaici inglobati in una cisterna ellenistica), p. 40-42 (pozzi 1-2).

    8 Ibid., p. 29.

    9 Sibari II, p. 364-366 (vari frammenti pertinenti a uno stesso esemplare di capitello); Sibari IV, p. 24-25 e 57, n. 44 (= Luppino 1996, p. 186, n. 3.1). Si datano tutti entro la metà del VI sec. a.C.

    10 Pettorale e “foglie”: Sibari III, p. 48-52; solo pettorale: Guzzo 1993, p. 106 e 265, n. L.III A1. Applique di ansa in bronzo in forma di serpente: Sibari III, p. 122-123; per confronti e interpretazione vedi Luberto 2021, p. 119-120 e fig. 6.1-2.

    11 Vasi miniaturistici: Sibari II, p. 322-327, nn. 458-467, 471-474; Sibari III, p. 29 e 154; alcune considerazioni generali in Sibari IV, p. 357. Pesi da telaio: ibid., p. 356, 361, 363, nn. 562-565, 579-580. Vedi inoltre Luberto 2021, p. 121 e nota 72.

    12 Busti di Potnia Theron: Sibari III, p. 79, n. 86; p. 115-116, n. 211; p. 112, n. 202; p. 126, n. 241 ricomposta con Sibari IV, p. 134, n. 359; Sibari III, p. 121, nn. 225-226.

    13 Esempi di protomi: Sibari III, p. 79, nn. 85-87; p. 104, n. 173; p. 116, n. 212. Quadrupedi: ibidem, p. 79, n. 87 (testa di toro); p. 126, n. 242 (cavallo). Volatile: ibid., p. 126, n. 243 e p. 48 per il contesto di rinvenimento del manufatto. Orlo di pithos con decorazione a rilievo: Croissant 1994, p. 547; 2002, p. 406.

    14 Vedi per tutto Luberto 2021, p. 123-124 e relative note. Gli oggetti in questione sono costituiti da un frammento di lampada tipo Sele, una statuetta del tipo cd. “Bes-Sileno”, un frammento di louterion del tipo “San Biagio”, uno stampo per fittili con gorgoneion, ceramica figurata d’importazione e di produzione coloniale in quantità degne di nota e ancora protomi.

    15 Ibid.

    16 Heiden 1996, p. 184 e 186; Sibari III, p. 451-478 [D. Mertenz]; Greco 2013, p. 76; 2019, p. 291. Sull’Emiciclo, Marino 2010, p. 25-46.

    17 Per le prime notizie su questi rinvenimenti vedi D’Alessio, Marino, Rescigno 2017. In corrispondenza della plateia B sono stati inoltre identificati due filari di blocchi squadrati allineati per i lati lunghi, presumibilmente pertinenti al tempio arcaico attestato dai riutilizzi nell’Emiciclo (ibid.).

    18 Il santuario delle Divinità Orientali; Greco 2019, p. 292.

    19 Greco 2014, p. 167-172 (antefissa con gorgone), p. 169, nota 19 per gli altri frammenti; 2019, p. 292.

    20 Greco 2013, p. 76. In antico su questo lato della città scorreva il fiume Sybaris che segnava il limite della superficie urbana su questo versante, delimitata sull’altro dal Krathis. Per una diversa proposta di lettura della toponomastica dei due fiumi Taliano Grasso 2004, p. 189-194.

    21 Anche se per l’approvvigionamento idrico i Sibariti potevano accedere con facilità alla falda: supra, nota 7.

    22 È stato proposto che uno degli edifici di Stombi, denominato con la lettera f, possa aver avuto una funzione sacra che tuttavia gli elementi a oggi disponibili non consentono di confermare: Carando 1999, 170 e Luberto 2021, p. 124.

    23 Sibari IV, p. 36-37 [P.G. Guzzo].

    24 Luberto 2020, p. 35-36.

    25 Fatta eccezione per il santuario di Vigna Nuova che sorge però immediatamente all’esterno dell’area urbana come sarà definita in questo tratto dalle mura di cinta nel IV sec. a.C.: Luberto 2020, p. 39 e note 93-94 per i riferimenti bibliografici.

    26 Balzanelli, Luberto 2019, p. 306-307.

    27 Spadea 2014, p. 7.

    28 Ibid., p. 8.

    29 Balzanelli, Luberto 2019, p. 303, nota 14.

    30 Verbicaro 2010, p. 229 (Campo Sportivo, Officina II), p. 227-228 (coop. Proletaria Pertusola, Officina I). In periodo tardo-classico nel quartiere centrale attività produttive sono documentate anche nel sito della coop. Lamanna: ibid., p. 227 e nota 8.

    31 Ibid., p. 231-232 (ospedale, padiglione Microcitemia, Casa I), p. 230-231 (Campitello, Officina IV).

    32 Ibid., p. 232 (impianto presso l’Esaro, Officina VI), p. 231 (Campitello, Officina V).

    33 Luberto 2020, p. 40-42.

    34 Iannelli 2005, p. 223-243; 2012, p. 872-878; Parra 2019, p. 411-432.

    35 Parra 2019.

    36 Barello 1995, p. 19-29 e 59-62; Aversa 2010, p. 200-201; Corrado 2010, p. 167; Aversa 2012, p. 59-60 e 141-143.

    37 Iannelli, Lena, Mariottini 1993, da integrare con Medaglia 2002 e Stanley 2010, p. 17-30. Un ulteriore edificio sacro era stato ipotizzato lungo la fascia a mare, su una delle dune poste a NE dell’abitato antico, da H. Tréziny: Iannelli 2005, p. 241.

    38 Un inquadramento in Esposito 2013, p. 209-210.

    39 Iannelli 2004, p. 323-328; 2005, p. 227; Iannelli et al. 2016, p. 381 [F. Cuteri] per un approfondimento sul pozzo ivi rinvenuto; Gagliardi 2004, p. 495 e 528-529 per i materiali.

    40 Per una revisione dei dati su fasi e cronologia Luberto 2021, p. 108-109, in particolare note 11-12.

    41 Vedi bibliografia alle note precedenti.

    42 Ringrazio O. Pilz per la rara disponibilità con cui mi ha messo prontamente al corrente dei risultati delle indagini da lui dirette e per avermi autorizzato a farne cenno in occasione del convegno.

    43 P. Orsi non aveva individuato il tracciato della cinta in questo tratto e ne aveva di conseguenza solo ipotizzato il percorso sulla base dell’andamento degli spezzoni rinvenuti più a monte: da ultimo Treziny 1989, p. 156-157. La presenza di un impianto artigianale a ridosso del confine settentrionale della città potrebbe trovare ulteriore conferma in quanto restituito dalle indagini nell’area di S. Marco nord-est, posta immediatamente all’interno di tale confine. Qui si sono infatti rinvenute, oltre a una matrice (Lepore, Luberto, Turi 2013, p. 94-95, n. 93 [matrice], vari distanziatori [inediti] e, nel corso delle ultime indagini del 2016 dirette sul terreno da chi scrive, lungo il confine NW dell’area di scavo, cospicue lenti di terreno arrossato e vari frammenti vetrificati [inediti]).

    44 Nei pressi dell’impianto di contrada Lupa scorre il torrente Bernardo, a ridosso del confine settentrionale della città invece la fiumara Assi: da ultimo Iannelli et al. 2016, p. 396.

    45 Per l’impianto urbano di periodo ellenistico si ipotizza la presenza di una plateia, denominata p1, a direzione N-S posta immediatamente a W del tempio dorico di Punta Stilo che sarebbe rimasta in uso fino alla fine del III sec. a.C.: da ultimo Iannelli 2005, p. 235.

    46 Iannelli, Rizzi 1985, p. 295: matrici e statuette rinvenute nell’area delle cd. case Tomasello, a S della collina del Faro. Matrice per statuetta di personaggio grottesco: Lepore 2010, p. 91 e 95. Sull’ipotesi di una produzione di terrecotte architettoniche Cappelli, Giaccone 2012, p. 20.

    47 Bibliografia in Luberto 2021, nota 23. Si veda anche Scarci 2020, p. 93-94.

    48 Parra 2013, p. 91; Olivito 2017, p. 55-100.

    49 Parra 2014, p. 110; Scarci 2017, p. 133-134; 2020, p. 93-94.

    50 Parra 2017a; Luberto 2015, p. 126; Parra 2019, p. 413.

    51 Parra 2014, p. 110-112; 2017a, p. 7-11; 2019, p. 415. Sulle offerte di armi nel santuario rinvenute anche in quest’area vedi Parra, Scarci 2018, p. 95-115.

    52 Parra 2014, p. 112; 2019, p. 415.

    53 Parra 2014, p. 113; Olivito 2017, p. 74.

    54 Parra 2011, p. 18-19 e 2019, p. 415-416 con bibliografia precedente; Scarci 2017, p. 134; Olivito, Serra 2012, p. 46-47 per la descrizione del contesto e i dati di scavo. Per le tracce di attività metallurgiche nel settore vedi ora Cuteri 2014, p. 18.

    55 Scarci 2014, p. 81-90, dove si propone che alcune di esse siano state appositamente realizzate come ex voto. Vedi ora anche Scarci 2020, p. 71-73.

    56 Luberto 2021, p. 112-113.

    57 L’uso è documentato ad esempio a Francavilla Marittima e Pyrgi: vedi Luberto 2021, p. 114-115 e note 46-47 per la bibliografia.

    58 Per tutte queste informazioni e le successive vedi ora De Stefano 2020 con bibliografia precedente.

    59 Postrioti 1996, p. 147-148 in particolare sul santuario; De Juliis 2001, p. 129-138, in particolare p. 137.

    60 De Stefano 2020, p. 13-16 e 19.

    61 Mertens 1998, p. 274-275; De Juliis 2001, p. 148-151; De Stefano 2020, p. 19 e nota 87.

    62 Da ultimo De Juliis 2001, p. 163-167, con bibliografia precedente.

    63 Tempio E: ibid,, p. 152

    64 Prima edizione: D’Andria 1975; più di recente Silvestrelli 2004; Rizzo 2020, p. 79-91. Vedi anche Cracolici 2004 sui sostegni di fornace e le tecniche di produzione.

    65 Silvestrelli 2005, passim (tra questi Pittori di Dolone, Creusa, dell’Anabates).

    66 Cuomo di Caprio 1992, p. 7; ora Rizzo 2020, p. 93-94.

    67 Mertens 1985, fig. 1a.

    68 La fig. 9 corrisponde alla ricostruzione presentata in Mertens 1985, fig. 6a.

    69 Nelle piante schematiche la seconda fornace è ricostruita con camera di combustione quadrangolare, di dimensioni minori rispetto a quella dell’altro impianto, forse per analogia con questo. Casi come quello delle due fornaci affiancate nell’area sacra di Naxos (Lentini 2012, p. 286, fig. 4-5) dimostrano tuttavia che impianti con forma diversa – e presumibilmente destinazioni d’uso diverse – sono abbastanza comuni. Per esempi di fornaci con orientamenti divergenti (quelle di Naxos hanno lo stesso orientamento) si guardi ad esempio il caso delle due (Y1-2), affrontate, l’una a pianta quadrangolare e l’altra circolare, rinvenute nell’isolato I3, lotto H di Locri: Locri II, p. 37-38 e più di recente Meirano 2012, p. 263 e fig. 4.

    70 Cuomo di Caprio 2007, p. 513.

    71 Ibid. Si veda anche Lentini 2012, p. 286: le due fornaci di Naxos erano destinate l’una (la A, con camera a pianta circolare) alla cottura di vasellame da tavola; la B (quella con camera a pianta quadrangolare) alla cottura di tegole e rivestimenti architettonici. Si potrebbe forse supporre sulla base di questo confronto che anche le due fornaci di Metaponto avessero destinazione d’uso diversa.

    72 Questa è l’ipotesi che M.C. Lentini propone per le due fornaci di Naxos (ibid. con altri esempi e confronti). Stessa funzione M. Rubinich ha ipotizzato per l’officina individuata a ridosso delle mura di Locri nell’area di Marasà e funzionale alla realizzazione della carpenteria del tempio ionico: Rubinich 2010.

    73 La costruzione o la ristrutturazione della stoa orientale rientra forse nel programma edilizio della seconda metà del IV sec. a.C. nel corso del quale fu regolarizzato il confine con l’agora attraverso una serie di cippi: De Juliis 2001, p. 158 e n. 99 per la bibliografia. La stoa tuttavia nel tratto a ridosso delle fornaci sembra non essersi conservata e inoltre pochissime sono le notizie a riguardo in bibliografia (ibid.).

    74 Supra, note 61 e 63.

    75 Da ultimo De Juliis 2001, p. 156-157.

    76 Ibid., p. 142-151; De Stefano 2020, p. 32-33.

    77 Infra, note successive.

    78 Da ultimo Rizzo 2020, p. 94-95 con bibliografia precedente.

    79 Documentate ad esempio a Crotone, supra.

    80 Silvestrelli 2004, p. 110 e fig. 1, B; da ultimo Rizzo 2020, p. 95.

    81 Supra, note 61-63.

    82 Silvestrelli 2004, p. 110 e fig. 1, C.

    83 Notizie a riguardo ibid. La posizione più precisa si ricava grazie alle indicazioni di De Siena 1993, p. 123-126 (schede di due bronzetti per i quali vedi nota successiva).

    84 Ibid., schede a e b. I due bronzetti sono stati rinvenuti insieme, nello stesso edificio, sotto un crollo di tegole che per A. De Siena ha comportato l’obliterazione di un complesso artigianale destinato alla lavorazione dei metalli e al quale forse è da riferirsi un piccolo luogo di culto indicato dalla presenza di tali oggetti.

    85 Silvestrelli 2005, p. 215-216.

    86 Tagliente 2006, p. 729-730 e fig. 4; Osanna 2008, p. 930-931 e tav. XXV.

    87 Longo 2019, p. 466-467 e nota 9 per i riferimenti alla bibliografia precedente.

    88 Cipriani 2002, p. 370.

    89 Ibid., p. 375 e 377

    90 Rizzo 2020, p. 187-192.

    91 Greco, Theodorescu 1980, p. 20-21.

    92 Ibid., p. 25-27.

    93 Ibid., p. 28.

    94 Per questa e le informazioni successive ibid., p. 20-22 e 30-32.

    95 Rizzo 2020, p. 190-192.

    96 Ibid., p. 188-189.

    97 Ibid.

    98 Si tratta nel primo caso di un nucleo di oggetti con tracce di cattiva cottura considerati residuali dagli scavatori; nel secondo della nota necropoli nella quale sono impiegati per la realizzazione delle sepolture e per i corredi molti materiali di scarto: per tutti i dati e le relative interpretazioni, Rizzo 2020, p. 195-196.

    99 Luberto 2021, p. 112-115.

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    Cazanove, O. de, Esposito, A., Monteix, N., & Pollini, A. (éds.). (2023). Travailler à l’ombre du temple (1‑). Publications du Centre Jean Bérard. https://doi.org/10.4000/books.pcjb.8683
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    Cazanove, Olivier de, et al., éditeurs. Travailler à l’ombre du temple. Publications du Centre Jean Bérard, 2023, https://doi.org/10.4000/books.pcjb.8683.
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