Introduzione
p. 7-8
Texte intégral
1Con l’area in proprietà Colucci, che forma l’oggetto della presente pubblicazione, vengono a concludersi, per quanto è possibile, lo studio e l’edizione della necropoli della Prima Età del Ferro situata ad occidente dell’abitato antico, sulla riva sinistra del fiume Picentino.
2La necropoli è delimitata da due strade: a settentrione la strada N, che dal guado del fiume si dirige verso l’abitato antico; a sud-ovest dalla strada che, attraversando le aree di necropoli nelle propr. Colucci e Bovi, costeggia quella in propr. Aedilia, ancora inedita, proseguendo infine verso il litorale costiero. Per quel che è dato di constatare, la fascia occupata dal sepolcreto protostorico è stata rispettata nelle epoche successive, poiché nel periodo Orientalizzante la necropoli si disloca in un’area in continuità con la precedente, più prossima all’abitato antico. L’esame della stratigrafia orizzontale indica che lo sviluppo del sepolcreto procede in linea di massima da est (propr. Stanzione e Bisogno), verso ovest e sud-ovest (propr. Aedilia, Bovi, Colucci). Mentre le tombe più antiche, datate alla fase I, possono considerarsi ben note, la II fase risultava invece finora documentata da un esiguo numero di sepolture: a questa lacuna delle nostre conoscenze hanno posto rimedio due scavi (Colucci e Bovi).
3Lo scavo nella propr. Colucci si svolse tra l’aprile del 1992 e il gennaio 1993 e, come sempre a Pontecagnano, ebbe il carattere di intervento preventivo in vista della costruzione di un fabbricato. Sotto la supervisione di Luca Cerchiai, la responsabilità dello scavo e della sua documentazione venne affidata a Serenella De Natale: si trattava di un intervento difficile perché all’importante sepolcreto della Prima Età del Ferro si era sovrapposta una necropoli romana databile tra il II e il IV sec. d.C.; in età moderna l’area era stata infine disturbata dalla costruzione di un acquedotto in muratura. Una ulteriore complessità era determinata dal fatto che le sepolture protostoriche di quest’area si distinguevano per la varietà delle tipologie tombali e la complessità delle loro strutture, in molti casi arricchite da coperture di carattere “monumentale”: il loro aspetto era infatti l’elemento di distinzione delle sepolture emergenti. Serenella De Natale era la persona più qualificata per affrontare quest’intervento, dal momento che proprio in quegli anni aveva concluso, con la pubblicazione, lo studio del più rappresentativo campione di tombe della fase II fino ad allora noto, rimesso in luce da Luca Cerchiai nella propr. ECI, nella necropoli Orientale. La perizia con la quale lo scavo venne eseguito e l’esauriente registrazione dei dati le consentirono una comprensione del sepolcreto che si rispecchia nella tesi di specializzazione in Archeologia Classica discussa nel 1998 presso l’Università di Roma “La Sapienza”, sotto la direzione di Giovanni Colonna. Queste esperienze le permisero, pochi anni più tardi, di elaborare la prima estesa tabella di sequenza dei corredi tombali della fase II in occasione dell’allestimento della mostra Prima di Pithecusa, i più antichi materiali greci del golfo di Salerno (1999). Alla competenza scientifica si univa in lei la volontà di comunicare in maniera chiara ed efficace il significato della ricerca: di questa sua esigenza rimane un’impronta nell’allestimento della sezione protostorica del Museo Nazionale dell’Agro Picentino, inaugurato un anno prima della sua morte.
4Quando il 21 luglio del 2008 la nostra cara allieva ed amica venne a mancare la revisione del testo in vista della pubblicazione era in uno stato avanzato, la tipologia era stata integrata con i pochi tipi nuovi presenti nei corredi, il catalogo era stato rivisto; ed è sembrato doveroso portare a compimento l’opera da lei avviata, sia come omaggio a lei, sia come contributo importante alla conoscenza di un momento cruciale nello sviluppo della comunità antica.
5L’utilizzo del sepolcreto inizia nel corso della fase IB, che comprende la seconda metà del IX sec. e il primo quarto del secolo seguente; gran parte delle sepolture appartengono tuttavia alla fase II: si tratta di circa cinquant’anni, che comprendono il secondo e il terzo quarto dell’VIII sec. Data la relativa ampiezza del campione, è possibile cogliere per la prima volta con chiarezza il momento iniziale della fase IIA, nel quale prevalgono gli elementi di continuità con il periodo precedente ed il tipo tradizionale della tomba a ricettacolo, e il suo pieno sviluppo, con la progressiva affermazione della tomba a cassa e la simultanea comparsa della ceramica greca e di tipo greco. L’esito finale, che ormai prelude al passaggio alla fase Orientalizzante, è documentato da un numero esiguo di sepolture, che tuttavia si caratterizzano per l’inserimento nel corredo tombale di uno strumentario artigianale e degli elementi evocatori del focolare domestico.
6In questa necropoli emerge in maniera evidente l’uso di rituali differenziati in relazione con l’età del defunti: agli adulti di entrambi i sessi è riservato in genere il rito della cremazione, mentre l’inumazione è appannaggio di infanti e bambini. Mentre nel momento iniziale la disposizione delle sepolture evidenzia la coppia, accompagnata da rare sepolture infantili, in un momento più avanzato l’accesso infantile alla sepoltura formale è più ampio, e una maggiore enfasi viene riservata al gruppo familiare, come nelle tombe coeve della propr. ECI; le tombe degli adulti maschi sono sempre contrassegnate dalla presenza dell’elmo, che sembra designare, piuttosto che un’attiva funzione guerriera, la partecipazione pleno iure alla comunità. In qualche caso l’elmo è impiegato anche in sepolture di bambino.
7Il particolarismo culturale, con comportamenti che distinguono i gruppi allocati nelle diverse aree della necropoli, sembra un tratto che accomuna le necropoli della Prima Età del Ferro e quelle del periodo Orientalizzante. Da Colucci, come in altre aree sepolcrali, le tombe dei singoli plessi, che riflettono gruppi di parentela allargati, si dispongono intorno a vaste aree vuote, destinate probabilmente a funzioni rituali. In altre aree sepolcrali, come quella di ECI già menzionata, le tombe sono invece disposte in filari paralleli, che non sembrano esplicitare i modelli di aggregazione di questa comunità. Anche nelle forme di ostentazione funeraria, la necropoli di Colucci non presenta una grande variabilità funeraria per quel che riguarda i corredi tombali, e affida invece – come già si è detto – l’enfatizzazione del ruolo elitario di alcuni membri al carattere monumentale delle tombe.
8Non si possono concludere queste brevi note, che speriamo possano incuriosire il lettore a proseguire nella lettura del libro, senza marcare l’apporto determinante del Laboratorio di Bioarcheologia del Museo Preistorico Etnografico Luigi Pigorini, diretto da Luca Bondioli, e della dr. ssa Alessandra Sperduti, che ha curato l’esame dei resti antropici, compito arduo tra l’altro per la assoluta prevalenza dei resti di cremati. Raramente è capitato che vi fosse, con metodi indipendenti, una completa rispondenza dei loro risultati con le distinzioni di genere e di età suggerite da criteri archeologici.
9Un grande ringraziamento si deve alla Soprintendenza Archeologica della Campania nella persona del Soprintendente, dr. ssa Adele Campanelli, e al personale del Museo Nazionale dell’Agro Picentino, a cominciare dal suo responsabile, dr. ssa Angela Jacoe. La nostra gratitudine va agli amici Luca Cerchiai e Carmine Pellegrino, che hanno incoraggiato e sostenuto con il loro prezioso consiglio il nostro lavoro.
10Ci sia consentito di dire che avremmo voluto che questo libro fosse opera esclusiva di Serenella De Natale, che con il suo esemplare lavoro di archeologo lo ha reso comunque possibile e ne è, sostanzialmente, l’unica autrice.
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