Gli impianti marittimi della villa «Pausilypon»
p. 245-255
Texte intégral
1La villa Pausilypon (che significa «riposo dagli affanni»), che il ricco cavaliere romano Vedio Pollione lasciò in eredità ad Augusto, domina il mare in uno dei punti più suggestivi della costa ad occidente di Napoli, tra la Cala dei Trentaremi, le isole della Gaiola, la Cala di S. Francesco e la Cala dei Lampi.
2Il suo carattere di residenza imperiale è sottolineato dai notevoli resti di un teatro e di un odeon, oltre ai quartieri abitativi, termali, utilitari e di prestigio e al gran numero e alla notevole qualità degli oggetti mobili rinvenuti.
3Fu oggetto, agli inizi di questo secolo, di uno studio monografico accurato e meritorio da parte del Günther1. Da allora, a parte un intervento dello Jacono2 sugli impianti marittimi della villa, uno studio storico del Della Valle3 (le cui ipotesi e conclusioni sono però a mio avviso non esatte ο scarsamente fondate), e gli accenni del D’Arms4, le strutture della villa attendono un riesame complessivo. L’esame di tre fotografie aeree all’infrarosso ottimamente eseguite e gentilmente fornitemi dall’arch. M. Margiotta, che ringrazio, mi permette in questa sede di effettuare un riesame degli impianti marittimi della villa (v. pianta, fig. 1, in fine dell’articolo).
4Il primo dato interessante è una migliore conoscenza delle strutture portuali connesse con la villa. Già il Günther5 ne aveva identificato il sito, nella odierna Cala di S. Francesco, allo sbocco del vallone della Gaiola (fig. 1). Qui le strutture che egli allinea a partire dalla costa moderna (fig. 1) verso le pilae che egli identifica più innanzi, appaiono in realtà appartenere a un grande molo continuo (fig. 3). Esso costituiva il primo tratto di una grande opera artificiale costruita per creare e proteggere a Sud il porto connesso con la villa. Ne viene di conseguenza che, rispetto alla ricostruzione del Günther6 (fig. 1), che considerava queste strutture come ancora appartenenti alla terraferma in età romana, si puo ricavare che le modifiche della costa sono state in questo punto molto più limitate e che il mare doveva arrivare fin sotto l’edificio sommerso (fig. 1 n. XXVIII) sotto la punta di S. Francesco e fin quasi al molo moderno. Ben visibile appare poi la prosecuzione del molo sotto forma di pilae (fig. 3), delle quali si scorgono perfettamente le quattro estreme. Fra la terminazione del molo continuo e la prima pila ben visibile vi è un tratto nel quale si scorgono chiaramente resti di muratura antica sconvolti dal mare. Non sappiamo se qui era la continuazione del molo continuo o, come mi sembra assai probabile, data la disposizione dei frantumi, alcune altre pilae. Il Günther7 misurò sulla sommità di questo molo una profondità fra cm. 46 e m. 3,66, il che è in accordo con quanto da me ipoteticamente supposto sulle variazioni della costa (v. infra). Nella fotografia aerea non si scorgono più tracce nella Cala dei Lampi dell’edificio n. XXIV (v. fig. 1) rilevato dal Günther8. Imponenti resti, ai quali il Günther9 accenna appena, in opera cementizia e reticolata, occupano tutto il lato N. della cala dei Lampi (fig. 2; fig. 1, Ζ). Si tratta di alcuni ambienti e di altre strutture che meritano un rilievo preciso che effettuerò quanto prima. Mi limito per ora a rilevare che a N.E. si possono ben distinguere due grandi strutture in reticolato fra le quali è da ricostruire certamente una grande gradinata (fig. 2, A) che dalla sommità scendeva verso il mare. Mi sembra difficile pensare che questi edifici, immediatamente prospicienti il porto della villa Pausilypon e di singolare imponenza, con un accesso così notevole, siano indipendenti dalla villa imperiale. Questa quindi dovette estendersi a comprendere almeno tutta l’area della casa Marotta intorno alla cala dei Lampi e buona parte del vallone della Gaiola, con una superficie totale valutabile in almeno 9 ettari.

Fig. 2. — Ruderi nella Cala dei Lampi.
5Un altro dato che credo possa ricavarsi con certezza è l’inconsistenza della ricostruzione, proposta dal Günther con gran mole di argomentazioni10, della via pubblica da Puteoli a Neapolis che, uscendo dalla «grotta di Seiano»11 (che è una grande galleria romana scavata nel tufo della collina di Posillipo) scendeva, a detta del Günther, verso il mare seguendo il vallone della Gaiola e costeggiava poi la costa fino a Napoli (essa sarebbe scomparsa a causa della variazione del livello marino e dell’erosione della costa). Se non mi sembra dubbia, anche su basi epigrafiche, l’utilizzazione della grotta di Seiano per il transito pubblico12 e non come semplice accesso per la villa imperiale, come pure si è supposto13 è però probabile che il tracciato che seguiva il vallone della Gaiola non sia stato altro che un accesso alla villa imperiale, mentre la strada pubblica doveva proseguire, dopo lo sbocco della galleria, più a monte. In caso contrario si dovrebbe pensare a un illogico attraversamento di insiemi («lower baths», fig. 1; ruderi della Cala dei Lampi; porto della villa) in probabile connessione con la villa imperiale da parte della strada pubblica. D’altra parte le osservazioni archeologiche che il Günther porta a sostegno della sua ipotesi non sono per nulla decisive.

Fig. 3. – Il porto della villa Pausilypon (foto M. Margiotta).
6Il Günther, nei suoi studi anche geologici sulla zona, pensava a una sommersione, per bradisismo ed eustatismo, di almeno 5 m dall’epoca romana per la zona di Posillipo, estendendo così notevolmente la linea di costa antica. Lo Jacono14, che ebbe il merito di riproporre il problema, diminuiva tale dislivello a qualche metro, pensando che tutti gli ambienti sommersi visti dal Günther davanti a villa Rosebery15 e alla Gaiola fossero peschiere, ma non approfondì il problema. Già dalle misurazioni di profondità fatte dal Günther, che io ho in parte ricontrollato, si vede in effetti che nella zona di Posillipo il cambiamento del livello deve essere stato notevole. La «casa degli Spiriti» sicuramente in età romana al disopra del livello del mare, risultava sommersa, ai tempi del Günther16, di circa m. 2,5. La «casa di S. Francesco» n. XXVIII (fig. 1), sempre che non sia una peschiera, come suppone lo Jacono17 risultava sommersa di m. 3,6618. Il n. XXVI (fig. 1) a m. 1,83. Il «sea wall» risultava sommerso a circa m. 2,5, mentre l’edificio XXIX a circa m. 319. Abbiamo visto però come, almeno per quanto riguarda il porto, sia dimostrabile la probabile falsità della ricostruzione del Günther riguardo la superficie emersa in età romana. A mio avviso una buona spia potrebbe essere la struttura n. XXVII, il cui muro esterno N.W. (fig. 1; meglio visibile in figg. 3-4), sulla base della misurazione del Günther20, dava una profondità di m. 4,88 all’esterno e di m. 3,66 all’interno. Ε poiché è ragionevole pensare che il mare ne lambisse l’esterno, è probabilmente da ipotizzare, con la dovuta cautela, un abbassamento di poco meno di m. 4. È vero che le cave di tufo visibili nella vicina Cala dei Trentaremi secondo il rilevamento del Günther21 presentano una profondità che arriva fino a più di 6 m., ma tale cambiamento del livello marino mi sembra francamente eccessivo e si deve tener conto che tale misura elevata è stata presa nella più lunga e irregolare delle grotte (la grotta delle Palumbe), verso la sua estremità (bisogna anche considerare l’erosione della costa). È possibile che essa sia stata approfondita per qualche motivo utilitario.
7Per quanto riguarda la zona della Gaiola la situazione dunque si presenta più complessa e forse solo esplorazioni subacquee potranno chiarirla in modo definitivo. Ciononostante in base alle fotografie aeree e a osservazioni dirette avanzerò qualche possibile ipotesi. Le due isole della Gaiola ancora alla fine del secolo scorso formavano un insieme unico, giacché la fenditura che attualmente le separa presentava ancora un resto della copertura in tufo naturale. In origine sembra dunque che il canale attuale era almeno in parte una galleria scavata attraverso l’isola22. Le isole della Gaiola dovevano estendersi maggiormente verso il mare aperto, e sono state erose dal mare, come è ben visibile nella fotografia aerea (fig. 4). Una pianta piuttosto precisa della zona della Gaiola nel Settecento è fornita dal Paoli23. È possibile che il complesso di ambienti n. XXXII (fig. 1 e fig. 4), ai piedi della punta S-E delle isole della Gaiola siano le vasche di un complesso di peschiere. Infatti quello che il Günther24 identificava come il «sea wall» (fig. 1 e fig. 4), cioè il muro di delimitazione e di protezione della terraferma in età antica, presenta, già visibili nei rilievi del Günther (fig. 1 e fig. 4), delle aperture; inoltre, in origine la sua struttura era in parte a pilae e solo in un secondo momento fu ridotto ad un muro continuo, come ha rilevato lo stesso Günther. Esso dunque ha tutto l’aspetto di essere uno di quei moli che Columella prescrive25 circondino le peschiere per proteggerle dalle tempeste, con aperture per facilitare il ricambio dell’acqua. Le vasche per le murene e le Caesaris piscinae della villa Pausilypon sono ricordate dalle fonti26. Questo complesso di peschiere27 impostato, come di consueto, sulla piattaforma di pietra affiorante, risultava protetto dalle isole di Gaiola a W., dagli isolotti della Gaiola a N.E. e da moli sul lato breve S. e a E. Un notevole spazio fra l’estremità N. del molo e gli isolotti della Gaiola (fig. 4) doveva facilitare ulteriormente il ricambio dell’acqua. Dalla fotografia aerea sembrerebbe di poter ricavare forse che il complesso di probabili vasche n. XXXII sia stato maggiormente esteso rispetto al rilevamento del Günther con vasche verso il «sea wall» e verso il mare aperto. La profondità all’interno delle probabili vasche è attualmente di poco superiore ai 4 m.

Fig. 4. – La zona della Gaiola con gli impianti maritimi della villa Pausilypon (foto M. Margiotta)
8Per quanto riguarda gli isolotti della Gaiola n. XXVII (fig. 1 e 4) appare chiaro che essi furono squadrati artificialmente e foderati di muratura28, e probabilmente utilizzati per scopi decorativi. Un muro continuo li foderava verso le isole della Gaiola. L’isolotto più a N. è attraversato da un cunicolo (fig. 4), già rilevato nella pianta del Paoli29, con andamento N.E.-S.W., scavato nel tufo e rivestito di cocciopesto, con copertura arcuata che termina a N.E. in uno spuntone di roccia naturale in declivio, sul quale sono visibili lunghi solchi in forma di Y che non sembrano naturali (potrebbe trattarsi di alloggiamenti per fistulae). A pochi m. dal suo inizio, un ulteriore braccio piega verso S.E. e si dirige verso lo spazio fra i due isolotti. Il cunicolo è oggi parzialmente sommerso. Il muro che delimitava verso la costa l’isolotto N., rilevato nella pianta di Günther (figg. 1 e 4) è oggi scarsamente visibile sulla fotografia aerea. È ben evidente però il salto di quota rispetto al mare subito a N., che penso debba corrispondere grossomodo (v. supra) al cambiamento del livello del mare. L’estremità W. del muro di cui si è detto appare però sulla foto aerea ben visibile, e, sporgente rispetto al banco di roccia, appare obliqua rispetto alla sistemazione degli isolotti, il che fa pensare, assieme all’esistenza delle probabili peschiere XXXII, che il mare circolasse già in antico sia pur con basso livello, fra i nn. XXVI e XXVII. Qui infatti il livello attuale è di poco superiore ai 4 m.
9I due ambienti rettangolari n. XXVI, delimitati e protetti all’esterno da un muro a U, scavati nel tufo, coperti con volta a botte e intonacati30 dovevano essere probabilmente due sale ο due ninfei che dovevano godere della sistemazione decorativa degli isolotti della Gaiola (figg. 1 e 4). Rispetto a quanto detto dal Günther noto solo che lungo la parete S. di quello più a N. si nota nella parte sommersa una foderatura in laterizio.
10Più complessa ancora la situazione per lo stretto braccio di mare esistente fra le isole della Gaiola e la terraferma. Qui la «scuola di Virgilio», che è il rudere più notevole, una grande sala ben nota quadrata absidata e con nicchie31, appare ora solo conservata in elevato nell’angolo N.W. e in parte del cunicolo a volta intonacato che girava intorno all’abside (fig. 6), mentre è ancora ben visibile, al disotto del livello marino, la pianta (fig. 5). Riguardo la destinazione si potrebbe pensare con il Neuerburg32 a un ninfeo. La costa a W. della scuola di Virgilio appare foderata di muratura (fig. 1 e fig. 5), e un tratto di muratura è qui visibile al centra dello spazio di mare. Nel canale fra le isole della Gaiola e la costa si osservano gli ambienti n. XXIX (fig. 1 e fig. 5) che dovevano33, come la scuola di Virgilio essere all’asciutto in età romana anche per l’anzidetta ipotesi sulla profondità. Delle strutture n. XXXI34 (fig. 1-4-5) per quanto riguarda il lato N. si nota dalla fotografia aerea che esso appare impostato su una struttura più spessa, che va allargandosi verso N.E. (non è rilevata dal Günther), assumendo un andamento obliquo rispetto al tratto più a Ovest, in accordo con l’andamento dell’antistante isola. Tale struttura, quasi all’altezza della fenditura fra le due isole forma verso di queste un dente.

Fig. 5. — La scuola di Virgilio, lo scoglio di Virgilio e la grotta del Tuono (foto M. Margiotta).

Fig. 6. — La scuola di Virgilio.
11Tale fenditura, come abbiamo visto, doveva esistere già in età romana. Rimane il problema se l’isola della Gaiola fosse unita alla terraferma in età antica, come suppone il Günther, ο se l’acqua circolasse, sia pur con basso livello, anche in questo luogo in epoca romana. La prima ipotesi è forse in questo caso la più probabile. Il livello attuale nella zona fra la punta di S. Francesco e il n. XXIX è di circa m. 3. Nel secondo caso il nuovo muro individuato nel complesso n. XXXI potrebbe essere un molo per l’attracco delle liburnae.
12Nello specchio d’acqua della Gaiola nel 1918 fu recuperato un frammento di statua e un piede di marmo35, che attestano l’importanza della decorazione scolpita.
13Le fotografie aeree che qui presento, più che risolvere definitivamente il problema della sistemazione degli impianti marittimi della grande villa Pausilypon offrono, come abbiamo visto, nuovi dati, ma lasciano aperta la possibilità di ipotesi e ricostruzioni tanto molteplici quanto incerte. Quello che emerge con sicurezza è la grandiosità di concezione degli impianti stessi, non dissimile da quella che troviamo, per limitarci a ville imperiali prossime alla nostra, nel complesso di Sperlonga e nel «Palazzo a mare» di Capri. Spero che ulteriori indagini geologiche, mareografiche e subacquee possano chiarire molti punti ancora incerti ο oscuri.
14A me basta aver richiamato l’attenzione, dopo anni di silenzio degli studi, su un complesso di eccezionale importanza, che, da lussuosa villa della tarda repubblica fu per lungo tempo36 una delle residenze imperiali della costa campana. E non si può non richiamare l’attenzione su quanto possa essere importante per la cultura la conservazione, il recupero e una migliore conoscenza di questo importante complesso che oggi giace pressocché abbandonato, avvolto da fitta vegetazione e in continuo degrado in proprietà privata e che dovrebbe costituire anche un parco pubblico di notevole interesse naturalistico e panoramico.
Fig. 1. — Pianta generale dei ruderi della villa Pausilypon, ricavata dai rilievi del Günther (1913, tav. fuori testo; scala 50 yards to 1 inch. = 1:1800).

Sono aggiunti il porto della villa e, in reticolato e per semplice orientamento, alcune delle modifiche individuate. Si è tralasciato di modificare la zona del n. XXXII e del «sea wall» in attesa di esplorazioni subacquee. La rielaborazione della pianta è dovuta all’amico geom. R. Imparato, che ringrazio.
Notes de bas de page
1 R. T. Günther, Pausilypon. The imperial Villa near Naples (Oxford 1913), nel quale l’A. fa confluire il contenuto di alcuni articoli precedenti. Cfr. dello stesso Günther, Contributions to the study of earths-movements in the bay of Naples (Oxford 1903) del quale gran parte è dedicata all’esame dei resti antichi della zona costiera di Posillipo. II volume del 1913 fu recensito da V. Macchioro, in Neapolis 2 (1914) 21 ss.; cfr. anche J. Beloch, Campanien (2a ed., 1890) 85 ss. e K. Scherling, in PW. 18.4 (1949) 2419 ss.
2 L. Jacono, Note di archeologia marittima, in Neapolis 1 (1913) 365 ss.
3 G. Della Valle, La villa sillana e augustea Pausilypon, in Campania romana 1 (1938) 205 ss.; cfr. Scherling, art. cit. 2421.
4 J. D’Arms, Romans on the Bay of Naples (Cambridge, Mass. 1970) 111 s. e 230; v. anche M. Napoli, in Storia di Napoli 1 (1967) 467 s.; cfr. 263 e 269. Su Vedius Pollio v. da ultimo R. Syme, Who was Vedius Pollio?, in JRS. 51 (1961) 23 ss.
5 Günther, Pausilypon cit. 163 ss.
6 Günther, Pausilypon cit. 164 ss.
7 Günther, Contributions cit. 21.
8 Günther, Pausilypon cit. 165; Contributions cit. 24.
9 Günther, Contributions cit. 24.
10 Günther, Contributions cit. 36 ss.; cfr. Günther, Pausilypon cit. 27 e 194 s.; cfr. M. Napoli, in Storia di Napoli 1, 467 s.
11 Sulla grotta di Seiano v. Günther, Pausilypon cit. 21 ss.
12 Cfr. CIL X 1488 e CIL X 6930; Günther, Pausilypon cit. 26.
13 Cfr. Günther, Pausilypon cit. 26.
14 Jacono, art. cit. (a nt. 2); Macchioro, art. cit. (a nt. 1) 23.
15 Günther, Pausilypon cit. 187 ss. Questi interessanti resti meriterebbero delle ricerche subacquee. Segnalo che davanti al molo di villa Rosebery si scorgono sul fondale numerosi elementi architettonici pertinenti a un colonnato, finora mai segnalati; sul sito è stata ora ritrovata parte di una statua panneggiata, seduta (cfr. Il Mattino, del 2/3/1982, p. 11).
16 Günther, Pausilypon cit. 175.
17 Jacono, art. cit. 365.
18 Günther, Pausilypon cit. 151 ss.
19 Günther, Pausilypon cit. 161; 153; 162.
20 Günther, Pausilypon cit. 160.
21 Günther, Contributions cit. 33 ss. e tav. XLVIII; Pausilypon cit. 147 ss.
22 Su tutto ciò v. Günther, Pausilypon cit. 158 s.; Paoli, op. cit. (a nt. 23) nota alla tav. XII.
23 P. A. Paoli, Avanzi delle antichità esistenti a Pozzuoli, Cuma e Baja (Napoli 1768) tav. XII.
24 Günther, Pausilypon cit. 161 s.
25 Colum. R.r. VIII 17.10-11: mox praeiaciuntur in gyrum moles, ita ut conplectantur sinu suo et tamen excedant stagni modum. Sic enim et maris atrocitas obiectu crepidinis frangitur, et in tranquillo consistens piscis sedibus suis non exturbatur, neque ipsum vivarium repletur algarum congerie, quam tempestatibus eructat pelagi violentia. Oportebit autem nonnullis locis moles intercidi more Maeandri parvis sed angustis itineribus, quae quantalibet hiemis saevitia mare sine fluctus transmittant. Cfr. anche Tib., Eleg. II 3.45 s.: claudit et indomitum moles mare, lentus ut intra / neglegat hibernas piscis adesse minas.
26 Sen., De ira, III 40.2-3; Plin., N.H. IX 53(78).167; Cass. Dio LIV 23.2 ss.
27 Numerosi esempi di peschiere romane sono riportati in G. Schmiedt, Il livello antico del mar Tirreno (Firenze 1972) ivi bibl.; v. in particolare l’appendice di G. D. Conta, Note sulle peschiere marittime nel mondo romano, 215 ss.; particolarmente interessante è il confronto con la villa di Torre Astura, dove dalla peschiera si sviluppano i moli del porto che fungono anche da protezione del lato orientale della peschiera stessa; v. F. Piccarretta, Astura (Forma Italiae, I, vol. XIII) (Firenze 1977) 21 ss.
28 Günther, Pausilypon cit. 160 s.
29 Paoli, op. cit. (a nt. 23).
30 Günther, Pausilypon cit. 159 s.
31 Günther, Pausilypon cit. 155 ss.; Paoli, op. cit. tav. XI.
32 N. Neuerburg, L’architettura delle fontane e dei ninfei nell’Italia antica (Napoli 1965) 137 s.
33 Günther, Pausilypon cit. 154 ss.
34 Günther, Pausilypon cit. 158 s.
35 Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli, Cart. Ρ 4/20.
36 Almeno fino ad Adriano, come dimostra una fistula di piombo, ma verosimilmente anche in epoca successiva.
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