Idoletti pagani e dragoni arrotolati a Stradonice nel 1877
Uno sguardo sull’archeologia del falso
p. 369-393
Résumés
L’article présente le thème des « artefacts archéologiques », faux produits vendus à large échelle pendant les fouilles clandestines de l’oppidum de Stradonice pendant les années 1870. Des objets de ce type se trouvent dans toutes les collections de Stradonice – ceux présentés dans cet article proviennent des collections du château de Křivoklát et de la collection Lehmann (perdue mais documentée par photographies durant le xixe siècle). Les faux peuvent être subdivisés en trois catégories : a) reproductions d’objets originaux ; b) statuettes, sans aucun rapport avec les trouvailles et servant principalement d’amusement créatif des faussaires ; c) plaquettes en bitume imitant des monnaies ou médailles, mais portant des représentations de différents objets. Bien que de caractère assez primitif, les faux – en fait la première documentation des découvertes de Stradonice – nous fournissent un témoignage précieux à partir duquel nous sommes capables de distinguer des types spécifiques de fibules ou des variétés de monnaies, dont certaines qui ne sont pas documentées parmi les trouvailles de l’oppidum. Même si aucun artefact de Stradonice n’avait survécu jusqu’à nos jours, les faux nous fourniraient des données suffisantes pour pouvoir dater le site avec une précision de quelques décennies.
This paper presents the topic of fake ‘archeological artefacts’ produced and sold on large scale during the clandestine excavations of the oppidum of Stradonice in late 1870s. Such objects were part of all the collections of Stradonice finds; those published in the present paper are partly kept in the Křivoklát castle and partly were documented in the Lehmann collection, now lost, but documented by photographs. The fake objects can be subdivided into three categories: a) reproductions of original objects; b) statuettes unrelated to the finds and used primarily for creative playground of counterfeiters; c) pitch slabs imitating coins and medals but bearing depictions of various objects. Regardless of their primitive character, the fakes – as a matter of fact the earliest graphic documentation of the Stradonice discoveries – provide a curious insight into the oppidum finds, making it often possible to distinguish specific types of objects, such as brooches and coins, some of which are not actually documented at the oppidum. Even if no Stradonice artefact had had survived from Stradonice, the fakes would still enable us to date the site with precision of a few decades.
Entrées d’index
Mots-clés : oppidum, Stradonice, faux, numismatique latènienne, fibule, histoire de l’archéologie
Keywords : oppidum, Stradonice, fake, La Tène numismatics, fibula, history of archaeology
Index géographique : Stradonice
Texte intégral
L’oppidum di Stradonice : la storia delle scoperte, la storia dei falsi
1L’oppidum di Hradiště u Stradonic (Stradonice), in Boemia, rappresenta uno dei siti faro dell’archeologia del periodo La Tène finale in Europa centrale, e, ciò nonostante, il fatto che vi siano stati effettivamente svolti solo pochi interventi di scavo regolare (1894, 1902, 1929, 1981), sondaggi per lo più di limitata estensione e, nel caso degli scavi più antichi, di dubbio valore scientifico. La maggior parte delle informazioni di cui oggi disponiamo sull’oppidum proviene in realtà da scavi clandestini effettuati su larga scala durante gli anni Settanta dell’Ottocento. La storia dell’oppidum di Stradonice, della sua scoperta, delle ricerche e degli studi successivi, così come del contesto sociale e culturale nel quale essi sono avvenuti, è stata recentemente sintetizzata in maniera magistrale da Karel Sklenář (Sklenář, 2015), al quale rinviamo per i dettagli sulla questione, le fonti e la bibliografia, e al quale molto devono le pagine iniziali del presente articolo.
2Nel contesto della crisi economica che afflisse l’impero austriaco nel 1873 e durante gli anni immediatamente successivi, numerose industrie finirono in bancarotta ; tra queste, le ferriere di Nová Huť-Nižbor, vicino a Beroun, nella Boemia centrale, che chiusero definitivamente le porte nel 1876. Numerose persone si ritrovarono così senza lavoro in una regione povera, collinare e poco fertile, priva di valide alternative economiche. In questa situazione disperata, gli abitanti di Nižbor iniziarono a raccogliere ossa animali – all’epoca molto richieste perché indispensabili nel processo di raffinazione dello zucchero, una delle principali attività economiche della Boemia del tempo. Il principale sito di approvvigionamento per questo tipo di materiale era la collina di Hradiště, tra Nižbor e Stradonice, dove le ossa affioravano solitamente in gran quantità a seguito dei lavori agricoli ; secondo fonti diverse, tra i 330 e i 4000 quintali d’ossa ( !) furono estratti in questo periodo dal pianoro della collina.
3Tutto cambiò il 2 agosto 1877, con la fortuita scoperta di un tesoro di 600-800 monete d’oro. La disperata ricerca di sussistenza divenne allora una vera e propria caccia al tesoro, con decine – se non centinaia – di persone impegnate a scavare sulla collina. L’attività di scavo clandestino a Stradonice divenne rapidamente una risorsa economica significativa per alcuni abitanti locali. Una rinnovata attenzione fu allora rivolta ai manufatti portati in luce, dato che il sito di Hradiště era già ben conosciuto – soprattutto per il ritrovamento di monete (“scutellae iridis”/“scodelline d’arcobaleno”/“Regenbogenschüsselchen”) – tra i diversi archeologi, collezionisti ed appassionati di antichità della regione. Una serie di reperti provenienti da Stradonice faceva già all’epoca parte delle collezioni del Museo del Regno di Boemia (oggi Museo Nazionale) e il sito venne incluso nel 1865 in una lista di “recinti celtici” pubblicata da Jan Erazim Wocel, professore di Archeologia all’Università di Praga1. Già prima della scoperta del tesoro nel 1877, numerosi collezionisti acquisivano di tanto in tanto reperti venuti alla luce durante i lavori agricoli sulla collina. Tra questi, i principali – o piuttosto coloro che riuscirono ad assemblare le collezioni più spettacolari – vivevano nelle vicinanze del sito : l’avvocato Štěpán Emanuel Berger, da Svatý Jan pod Skalou, una decina di chilometri a valle di Stradonice ; Wilhelm Grosse, residente a Nová Huť ; i principi di Fürstenberg, la cui residenza si trovava nel castello di Křivoklát, nove chilometri a monte della collina.
4La notizia del ritrovamento del tesoro e della fervente attività di scavo a Hradiště si diffuse velocemente nella regione e fu per qualche settimana seguita dalla stampa (con numerosi articoli sempre più dettagliati apparsi tra il 6 ed il 26 agosto 1877 nel quotidiano Národní listy), attraendo di conseguenza una grande quantità di curiosi, ma soprattutto nuovi clienti. Antonia Lehmann, moglie del gallerista e commerciante d’arte praghese Nicolaus Lehmann, per esempio, visitò ripetutamente il sito e raccolse una collezione di alcune centinaia di reperti – oggi perduti – documentati con altre antichità provenienti tanto dalla Boemia che dal resto d’Europa in una serie di tavole fotografiche (Lehmann, Monumenta, fig. 1)2. L’intera collezione Lehmann corrisponde tuttavia solo a una piccola parte delle collezioni dei principi di Fürstenberg (circa 2000 reperti), di Grosse (poco meno di 2000 oggetti oggi conservati presso il Naturhistorisches Museum di Vienna), ma soprattutto dell’immensa collezione Berger (oltre 20000 reperti oggi conservati al Museo Nazionale di Praga). Diversamente dalla signora Lehmann, l’avvocato Berger assunse degli agenti locali per seguire direttamente gli scavi e procurarsi così i reperti di maggior interesse. Tuttavia, oltre che in queste collezioni principali, altre centinaia di reperti furono dispersi tra numerosi piccoli collezionisti e nel mercato internazionale delle antichità, dove “Stradonice” divenne un brand ricercato durante i decenni successivi.
Fig. 1 — Collezione Lehmann. Esempio di una tavola fotografica.

Archivio del Museo Nazionale a Praga.
5Nell’ambito di questa gold rush, a fronte di una domanda sempre crescente e al conseguente aumento dei prezzi, i reperti di Stradonice divennero preda di schemi commerciali ancor meno rispettabili di quelli cui erano già soggetti in genere i materiali archeologici all’epoca. I trafficanti in antichità iniziarono a vendere con l’etichetta “Stradonice” reperti in realtà provenienti da altri siti e da altre epoche. Negli anni Settanta dell’Ottocento nessun altro sito del La Tène finale in grado di fornire una tale quantità e qualità di manufatti era ancora conosciuto tanto in Boemia che in Moravia : grazie a ciò, sono oggi facilmente riconoscibili oggetti d’altra provenienza e d’altra datazione fatti passare all’epoca per autentici. Per alcuni, tuttavia – per esempio nel caso delle fibule di tipo Duchcov o in numerosi resti di lavorazione in sapropelite – l’identificazione resta dubbia.
6Ancor più facilmente identificabile è un’altra categoria di oggetti, ossia dei falsi prodotti dagli stessi abitanti di Nižbor e Stradonice e commercializzati come reperti rinvenuti sull’oppidum. Quest’attività era generalmente già nota all’epoca degli scavi ; Ferdinand von Hochstetter scrisse, nel giugno 1878 :
“dall’Ottobre scorso [cioè due o tre mesi dopo l’inizio degli scavi clandestini, n.a.] i falsi vengono prodotti su larga scala. All’inizio i falsari si limitarono principalmente alla produzione degli interessanti dadi parallelepipedi d’osso e degli stili e lisciatoi sempre in osso – scoperti non di rado – uguali a quelli che furono impiegati dai Romani per scrivere sulle loro tavole cerate. Oggi si vedono ormai anche falsi martelli in pietra, fusaiole in pietra e ceramica ed addirittura spilloni in bronzo3”.
7Secondo un’informazione tramandata da Albín Stocký (Stocký, s.d., nota 4), l’avvocato Berger si procurava consapevolmente i falsi per non precludersi l’accesso ai reperti autentici, oltre che per sostenere i bisognosi del paese. Sono quindi da considerarsi più un monumento alla sua beneficienza che alla sua ingenuità i circa 800 falsi reperti che integrano, sempre secondo Stocký, la collezione Berger, una quantità impressionante che dimostra l’enorme volume della produzione di questi oggetti. Sembra d’altronde che il principale agente di Berger, un certo František Oberstein, fosse attivissimo tanto nel procurare reperti antichi che nel confezionarne di nuovi (Schneider, 1881, cit. apud Sklenář, 2015, p. 29). Lo stesso Lehmann era evidentemente già in grado di distinguere i reperti originali dai falsi, riuniti in un’unica tavola fotografica (Lehmann, Monumenta, NM, tav. 11 : fig. 2).
Fig. 2 — Collezione Lehmann. I falsi.

Archivio del Museo Nazionale a Praga.
I falsi
8I falsi di Stradonice costituiscono una tematica considerata perlopiù marginale e priva di qualsiasi valore scientifico nell’ambito della ricerca archeologica4. Non concordando con questa valutazione, cercheremo di dimostrare in questo contributo che anche i falsi possono apportare delle informazioni, sia pur di portata limitata. Ci limiteremo qui ad un breve sorvolo della categoria nel suo insieme per soffermarci invece in modo più approfondito su un gruppo particolare d’oggetti. Non tortureremo il lettore con la descrizione di tutti gli 800 pezzi della collezione Berger : ci serviranno da campione gli oggetti della collezione del castello di Křivoklát.
9In maniera generale, i falsi di Stradonice possono essere suddivisi in tre classi principali.
Le riproduzioni
10La prima classe raggruppa degli oggetti che riproducono degli artefatti archeologici nella materia d’origine. Per i primi possiamo citare in primo luogo i vasi (ovviamente interi) di forma latèniana, come un’olla a striature verticali o un bicchiere dipinto a bande orizzontali alternate rosse e bianche (fig. 3). La relativa buona qualità di quest’ultimo gli valse – praticamente solo oggetto di tutta la collezione di Křivoklát – una menzione e una riproduzione nella prima monografia dedicata a Stradonice (Píč 1903, obr. 12). Nella stessa classe di falsi che riproducono gli originali sia nella forma che nella materia, possiamo includere ugualmente gli oggetti in osso già menzionati in precedenza – dadi e stili – ed una “fibula” configurata e martellata a partire da un filo d’ottone, sempre appartenente alla collezione di Křivoklát (KT 1669).
Fig. 3 — Vasi interi falsi, collezione del castello di Křivoklát.

Foto : l’autore (© Národní památkový ústav).
11Il secondo gruppo di riproduzioni riprende invece la forma dei modelli originali, ma con l’utilizzo di materiale differente (solitamente, ma non esclusivamente, terra ed osso, più economici). Un caso esemplare è un “anello digitale” lavorato a partire da un osso antico e da un pezzo d’ambra (Kysela 2016a, p. 42, fig. 2b). Anche se entrambi i componenti sono probabilmente derivati da ritrovamenti autentici sul sito e il modo in cui essi sono congiunti replica con relativa fedeltà i modelli originali, l’autenticità dell’oggetto può essere esclusa in considerazione del suo montaggio e, soprattutto, delle sue dimensioni : con un diametro interno di 34 mm, l’anello potrebbe essere portato solamente al dito di un gigante… Non è da escludere peraltro che proprio questo volesse suggerire il falsario5.
12Altro esempio di questo tipo di creazioni sono i “bracciali ad ovoli”, relativamente comuni e documentati da almeno quattro pezzi nella collezione Lehmann (fig. 2, d ; 2, g-i) e da un esemplare nella collezione di Křivoklát (KT 1703 ; Sklenář, 2015, fig. 22). Che i falsari cercassero di riprodurre i bracciali latèniani risulta chiaro da uno degli oggetti della collezione Lehmann che – desinente in un tenone a foro passante – imita chiaramente il segmento amovibile del bracciale, grazie al quale esso si chiudeva, corrispondente ad un terzo della sua circonferenza. I bracciali ad ovoli, caratteristici di tutta la regione medio-danubiana, datano al La Tène B1-C1 (Krämer, 1961 ; Bujna, 2005, p. 54-62) ; i “bracciali” di Stradonice riproducono quindi (più o meno fedelmente) degli artefatti che, durante l’occupazione dell’oppidum, erano già fuori circolazione da oltre un secolo. Secondo Karel Sklenář (Sklenář, 2015, p. 29), ciò indicherebbe che i falsari di Nižbor o Stradonice non operavano da soli, imitando esclusivamente i reperti rivenuti sul sito, ma piuttosto agli ordini di antiquari/commercianti che fornivano loro modelli d’altri siti ed epoche. A nostro avviso questa non è tuttavia l’unica spiegazione possibile. La presenza d’oggetti più antichi non è insolita in siti dell’epoca latèniana recente : elementi di bracciali ad ovoli cavi sono stati in effetti recentemente identificati in siti di abitato del La Tène C2, nei quali sembrano servire essenzialmente come materiale da rifondere (Goláňová e Kysela, 2019).
13L’ultimo esemplare degno di nota è una statuetta di quadrupede in terracotta (fig. 4, a sinistra), nella quale la postura e la presenza della cresta dorsale permettono di identificare un cinghiale. Tanto dal punto di vista iconografico che stilistico, la statuetta fittile può essere considerata una riproduzione diretta di un bronzetto latèniano ; particolarmente chiara è l’analogia con un cinghialetto di bronzo proveniente appunto da Stradonice, oggi conservato al Museo Nazionale di Praga (fig. 4, a destra). Quest’ultimo fu però scoperto solamente nel 1935 e al di fuori dell’oppidum, probabilmente in un contesto secondario, e documentato nel 2015 (Kysela, 2017, p. 171-175), già privo della patina originale e dunque di numerosi dettagli visibili invece sulla figurina in terracotta di Křivoklát. Le similitudini tra l’esemplare in terracotta e quello in bronzo conservato al Museo Nazionale ci spingono a considerare che il primo sia una riproduzione del secondo, sparito poi in circostanze sconosciute per essere ritrovato solo sessant’anni più tardi, oppure che il modello originale fosse un cinghialetto – non conservato – gemello di quello rinvenuto nel 1935. Quest’ultima ipotesi è interessante considerato il fatto che, nonostante la ricchezza delle collezioni provenienti da Stradonice, i bronzetti figurati di buona qualità sono un elemento raro sull’oppidum6.
Fig. 4 — A sinistra : figurina falsa di cinghiale in ceramica dalla collezione del castello di Křivoklát.

A destra : figurina di cinghiale in bronzo dall’oppidum di Stradonice. Museo Nazionale.
Foto : l’autore (© Národní památkový ústav). Disegno : M. Fábiková.
Gli “idoletti”
14Gli elementi di statuaria sopra citati introducono alla seconda classe di falsi di Stradonice, ovvero le statuette antropomorfe o zoomorfe. Questo insieme di reperti rappresenta una porzione considerevole del corpus dei falsi. Si tratta perlopiù di figurine o “gruppi scultorei” modellati in terra, scolpiti da pietra morbida o in alcuni casi ricavati addirittura dagli orli massicci di doli in ceramica grezza a graffite (fig. 5). Alcuni esemplari rimandano in maniera convincente a dei modelli scultorei latèniani, come la testina di pietra ( ?) della collezione Lehmann (fig. 2, a). Nella maggior parte dei casi, tuttavia, si tratta di creazioni spontanee, elaborate con enormi dosi di fantasia e creatività. Stocký osserva pertinentemente – nonostante una terminologia oggi poco accettabile – che esse “più che altro rassomigliano a l’arte negra” (Stocký, s.d., p. 7). Il paragone tra le arti etniche e le sculture di Stradonice – con i loro ammassi di personaggi ed animali di diversa altezza e forma che si fondono e si trasformano l’uno nell’altro – non è per nulla fuorviante. Stupiscono la fantasia e la libertà d’espressione con le quali riuscirono a lavorare i paesani di Nižbor in quello che fu probabilmente il loro primo ed ultimo incontro con le arti visive. Una libertà probabilmente favorita dall’anonimato attraverso il quale essi si incarnavano, creando questi oggetti, negli sconosciuti pagani dei tempi antichi e lontani. Ciò nonostante, questi oggetti, straordinari per la loro ingenua creatività, ben poco ci apprendono sui reali reperti portati in luce sull’oppidum : lasciamo quindi volentieri il loro studio agli storici dell’arte rustica dell’Ottocento (sperando che ce ne siano).
Fig. 5 — Selezione di statuette tra i falsi delle collezione di Křivoklát in ceramica a graffite latèniana scolpita (linea superiore ed inferiore) e terracotta (linea centrale).

Foto : l’autore (© Národní památkový ústav).
Le placchette di pece
15L’ultima classe di oggetti sulla quale focalizzeremo la nostra attenzione nella seconda parte di questo contributo è costituita da una piccola serie di placchette di pece con raffigurazioni lineari in rilievo sulla superficie. Tre placchette sono conservate nelle collezioni di Křivoklát (nonostante Stocký ne descriva quattro : Stocký, s.d.) ; due sono documentate dalle fotografie della collezione Lehmann ; un’altra placchetta identica è stata infine identificata nella collezione del Museo della Boemia Occidentale a Rokycany7. La provenienza di quest’ultima, indicata come “da isole australiane”, ben sottolinea il carattere assurdo di quest’ultimo gruppo. Anche se leggermente diversa nello stile, alcun dubbio sussiste sul fatto che la placchetta di Rokycany sia stata prodotta nella stessa bottega delle placchette contenute nelle collezioni Fürstenberg, a Křivoklát, e Lehmann.
Catalogo
161. Křivoklát (no Inv. 3005= KT 1801, fig. 6).
Fig. 6 — Collezione di Křivoklát. Placchetta n° 1. Foto: l’autore.

© Národní památkový ústav.
Placchetta sub-rettangolare, rotta in quattro frammenti con bordi danneggiati. Al centro del bordo superiore si trova un foro passante.
Lato A : bordura a tratti diagonali e zig-zag ; dentro il campo, raffigurazione di una serie di oggetti con scale diverse, delimitati da linee di perline. Da sinistra a destra, si riconoscono, sulla linea superiore : un coltello con codolo ad estremità ad angolo ; una cuspide di freccia ad alette larghe e cannone lungo ; un anello con numerosi puntini a rilievo intorno alla circonferenza ; un coltello con codolo ad estremità ad anello ; una fibula a profilo angolare con una pallina sull’apice e parte frontale dell’arco inspessita ; una piccola figura di serpente arrotolato ; un anello liscio ; una fibula ad arco arcuato con una pallina sulla parte frontale dell’arco. Sulla linea mediana : uno sperone a gambe lunghe decorate a costole traversali e con bottoni globulari all’estremità ; una fibula ad arco molto arcuato e molla lunga (nove giri), dalla cui estremità parte una linea arcuata ; un serpente arrotolato a spirale ; i bracci di una bilancia con anello sopra il fulcro. Nella linea inferiore: un’olla globulare a striature verticali sul corpo e una doppia linea ondulata sulla spalla; un ago ad occhio; un vaso alto a profilo sinuoso. Al di sotto di questi, in orizzontale, una spada; un’ascia a cannone; un pettine a corpo decorato a perline; una figura umana posta sopra una verga ancorata in una base piatta, con braccia incrociate, una lancia nella mano destra e una spada nella sinistra, torquis al collo e oggetto non identificato sul petto, circondata da brevi strisce a mo’ di raggi.
Lato B: liscio.
Dimensioni: 177 × 150 mm.
172. Křivoklát (no Inv. 3007, KT 1803, fig. 7).
Fig. 7 — Collezione di Křivoklát. Placchetta n° 2. Foto: l’autore.

© Národní památkový ústav.
Placchetta circolare di pece con un occhiello in lega di rame inserito sull’alto.
Lato A: bordura a tratti diagonali e zig-zag, con perline negli spazi vuoti; dentro il campo, una figura di serpente arcuata delimita un’area circolare dentro la quale si trovano, da sinistra a destra: una figura umana stante; una linea circolare dentata dentro la quale una fibula ad arco angolare con parte frontale inspessita; sotto, una figura di cervo in corsa, a destra; sotto, pseudo-lettere V Π – Y e CVF. Sotto la figura del serpente si trova una linea di pseudo-lettere.
Lato B : liscio.
Diametro : 125 mm.
183. Křivoklát (no Inv. 3006, KT 1802, fig. 8).
Fig. 8 — Collezione di Křivoklát. Placchetta n° 3.

Foto : l’autore.© Národní památkový ústav.
Placchetta circolare di pece con chiodini di bronzo inseriti nella superficie.
Lato A : bordura di perline ; nel centro, una stella a quattordici raggi con centro marcato da un chiodino. Intorno : un serpente a coda piegata ; una fibula ad arco piatto conformato a treccia ; una doppia linea di perline ; una fibula con arco inspessito nella parte frontale e una pallina sull’arco ; una croce le cui braccia terminano in quattro stelle ad otto raggi ; un oggetto non identificato composto da una serie di archi perlinati.
Lato B : arco con freccia e un grande coltello il cui codolo termina in un anello o disco.
Diametro : 121 mm.
194) Collezione Lehmann (non conservato : fig. 2, e).
Placchetta circolare (in pece ?) con occhiello.
Lato A : bordura di linee diritte dentate ; nel centro, due figure umane stanti, interagenti in maniera non precisabile ; sui lati, due fibule, ad arco piegato nella parte frontale con l’apice conformato a rilievo a sinistra et ad arco arcuato liscio a destra ; sotto, un coltello con la terminazione del codolo angolata ; nel campo, una serie di perline.
Lato B : non visibile.
Dimensioni sconosciute.
205) Collezione Lehmann (non conservato : fig. 2, f).
Placchetta circolare (in pece ?).
Lato A : bordura di piccole “ccc” allineate ; a sinistra, su tutta l’altezza della placchetta, un coltello con la terminazione del codolo angolata, campito da linee diagonali incrociate ; a destra, una fibula ( ?) ad arco composto da piccoli archetti ; dentro la fibula un ramoscello con sei foglie.
Lato B : non visibile.
Dimensioni sconosciute.
216) Collezione Lehmann (non conservato : fig. 2, b).
Piccola placchetta circolare (in pece?).
Lato A : parte centrale concava, riempita con la raffigurazione di una faccia umana. Lato B : non visibile.
Dimensioni sconosciute.
227) Collezione Lehmann (non conservato : fig. 2, c).
Piccola placchetta circolare (in pece?).
Lato A : leggermente convessa ; raffigurazione di un serpente arrotolato a spirale. Lato B : non visibile.
Dimensioni sconosciute.
238) Museo della Boemia Occidentale, sede di Rokycany (no Inv. AR 365 : provenienza : “isole Australiane”, fig. 9).
Fig. 9 — Placchetta n° 8. Museo della Boemia Occidentale a Plzeň.

Foto : Michal Kotýnek. (© Západočeké Muzeum v Plzni - Muzeum Dr. Bohuslava Horáka v Rokycanech).
Placchetta circolare di pece.
Lato A : intorno alla circonferenza, un serpente arrotolato in cerchio con un chiodino di bronzo inserito nell’occhio ; sotto, una forma ad U terminata con testine, intorno a cinque sfere in croce unite da linee ; nel centro della placchetta, una fibula ad arco perlinato con testina umana al posto della molla ; a sinistra, una figura umana ed un albero, sotto una forma non identificata ; a destra, una spada, un disco con una forma non identificata in rilievo, sopra una verga con forme irregolari su entrambe le estremità ; intorno al lato destro, quattro testine barbute.
Diametro : 227–255 mm.
Le raffigurazioni
24Le fibule rappresentate nelle placchette si possono con un buon grado di sicurezza attribuire a dei tipi conosciuti. L’esemplare sulla placchetta n° 1, con la parte frontale inspessita, può essere classificato come fibula tipo Almgren 65 ; la forma cilindrica della porzione frontale suggerirebbe ugualmente il tipo Mötschwil, ma nell’immagine non sembra esserci alcun accenno allo schema medio-latèniano. Un’attribuzione al tipo Almgren 65 sembra invece certa per la fibula rappresentata alla sua destra, sulla stessa placchetta, la cui testa si allarga in modo netto. La stessa classificazione sembra probabile per l’unica fibula rappresentata sulla placchetta n° 2 e per la fibula sulla parte sinistra della placchetta n° 4. La fibula a molla lunga della placchetta n° 1 potrebbe essere di tipo medio-latèniano (suggerito soprattutto dalla linea superflua alla sua sinistra), probabilmente tipo Ornavasso. Allo schema La Tène medio potrebbe rinviare anche la linea torta lungo la schiena della fibula sulla parte destra della placchetta n° 3, anche se non si può escludere che essa rappresenti piuttosto la decorazione graffita sull’arco di una fibula di tipo Nauheim, cosa che sembra essere suggerita dal suo profilo basso. Più problematica è l’interpretazione dell’altra fibula raffigurata sulla stessa placchetta, per la quale il secondo nodo sull’arco suggerirebbe una classificazione al tipo Almgren 236, datato tuttavia ad una fase avanzata del I e agli inizi del II secolo d.C. (cronologia che non può essere esclusa per i reperti di Stradonice, in considerazione della vicina piccola enclave germanica attiva in questo periodo). La fibula ad arco pronunciato raffigurata sul lato destro della placchetta n° 4 offre viceversa pochi spunti di riflessione : un tipo Betz J sembra possibile, ma non certo. In sintesi, le fibule raffigurate sulle placchette rappresentano dei tipi comuni sugli oppida boemi (Píč, 1903, tab. III-IV ; Břeň, 1964 ; Drda e Rybová, 1992 ; Danielisová e Militký, 2014), con una chiara preferenza per i modelli visualmente più marcati (mancano per esempio le fibule filiformi semplici di schema tardolatèniano o di schema La Tène-medio tipo Kostrzewski D/E).
25Due tipi di coltelli sono rappresentati, distinti per la diversa terminazione del codolo – anulare o angolare. Il tipo anulare non pone alcun problema d’identificazione (Píč, 1903, tab. XXXIV : 8, 12 ; Meduna, 1961, Taf. 25 : 3, 26 : 2, 27 : 4 ; Jacobi, 1974, p. 116-121). Nel caso del secondo tipo, la terminazione angolare è rappresentata in tutti gli esemplari rivolta verso l’alto, configurazione caratteristica di una serie di coltelli noti in contesto d’oppida, per esempio a Stradonice (Píč, 1903, tab. XXXIV: 9), Manching (Jacobi, 1974, p. 124-125, n° 365-369), Staré Hradisko (Meduna, 1961, Taf. 25: 1-2, 27: 9, 28: 2-3), anche se raffigurata massiccia (come in Píč, 1903, XXXIV: 4, 5, 7, 10, 17; Jacobi, 1974, p. 126, n° 375-376).
26L’ascia raffigurata nella placchetta n° 1 è chiaramente riconoscibile come un’ascia a cannone quadrato tipica del tardo La Tène (a Stradonice: Píč, 1903, tab. XXXVII: 9; a Manching: Jacobi, 1974, p. 124-125, Taf. 13-16, n° 260-292; a Staré Hradisko: Meduna, 1961, Taf. 17-18 ecc.). Anche un minuscolo dettaglio come l’interstizio in posto della chiusura del cannone è rappresentato accuratamente.
27La cuspide di freccia ha precise analogie a Stradonice (Píč, 1903, tab. XXIX : 57) e a Staré Hradisko (Meduna, 1961, Taf. 33 : 6, 12). L’immagine dell’arco sul rovescio della placchetta n° 3 può essere interpretata come un prolungamento mentale del concetto di cuspide. Va osservato tuttavia che il motivo dell’arco con freccia si trova ugualmente sul rovescio di una serie di monete boeme del medio La Tène (fig. 10, B : Militký, 2018, serie II : 25).
28Le rappresentazioni di spade hanno poche analogie con i reperti latèniani. Ciò si spiega con il fatto che gli scavatori di Stradonice non trovavano mai spade intere, ma al massimo frammenti di lame, di foderi e di else. Allo stesso modo, lo sperone rappresentato sulla placchetta n° 1, con le sue gambe lunghe e sagomate, non trova alcuna analogia con gli esemplari noti per il tardo La Tène, sistematicamente molto più corti e lisci. Viceversa, identici sono tre speroni (o i loro frammenti) inclusi nella collezione Lehmann, pure di dubbia autenticità (fig. 1, al centro). Non si può quindi escludere, in questo caso, che lo sperone della placchetta n° 1 riproduca in realtà a sua volta delle riproduzioni e che sia quindi una sorta di meta-falso.
Fig. 10

A : Esempi di diverse varianti delle monete del tipo Atena-Nike, fuori scala (no. 1–3 da Militký, 2018 ; no. 4–5 da Paulsen, 1933) ; B : un terzo di statere della monetazione locale boema della serie II :25, fuori scala (da Militký, 2018) ; C : monete della Boemia del periodo degli oppida : 1. statere, 2. terzo di statere, 3–4. ottavi di statere (da Militký, 2015) ; D : monete del tipo Rolltier, serie boema, fuori scala : 1. Stradonice (da Militký, 2015) ; 2. Sito sconosciuto in Austria ? (da Paulsen, 1933) ; E : Un terzo di statere tipo B, var 1/3-B/III04e da Stradonice (da Militký, 2015).
29Dei grossi aghi ad occhiello allargato sono attestati a Stradonice tra i manufatti in ferro (Píč, 1903, tab. XXI : 1-5, 17-20) e, pur non essendo degli oggetti particolarmente caratteristici della facies dell’oppidum, attrassero evidentemente l’attenzione dei falsari che li riprodussero in osso (Píč, 1903, tab. XLVI : 48 ; Lehmann Monumenta NM, tab. 1 : almeno diciassette aghi nella linea centrale : fig. 1).
30Il pettine a placchetta alta ed occhiello in alto riproduce chiaramente i modelli provenienti dall’oppidum, inclusi dettagli quali la decorazione a elementi circolari (Píč, 1903, tab. XVII : 1-11).
31Anche i bracci della bilancia figurano tra i reperti emblematici di Stradonice, come di altri oppida, a testimonianza della vocazione commerciale di questi siti. Píč ne menziona addirittura trenta esemplari (Píč, 1903, p. 71, tab. XXVII : 3-5) ; nelle collezioni di Křivoklát se ne contano otto esemplari in bronzo ed uno in osso (più tre scodellini) ; su diverse tavole fotografiche della collezione Lehmann sono documentati tredici bracci di bilancia di varia lunghezza (per esempio in fig. 1). Non può essere scartata l’ipotesi che alcuni di questi esemplari siano in realtà falsi. Questi oggetti, come in generale tutti i reperti legati alla circolazione monetaria, hanno, come si vedrà in seguito, un’attrattiva particolare per chi osserva l’archeologia da lontano e avendo in mente il guadagno, e ciò spiegherebbe l’inclusione dell’immagine della bilancia nella placchetta.
32Di chiara identificazione è anche l’anello perlato rappresentato nella placchetta n° 1 (e, in modo più incerto, nella parte superiore della placchetta n° 2). Si tratta di un Knotenring (anello a nodi), uno dei più comuni tipi di amuleto (oppure d’artefatto considerato amuleto in mancanza di migliori spiegazioni) d’Europa centrale (Dębiec e Karwowski, 2016). Questi oggetti fanno la loro comparsa nel La Tène C2 e restano in circolazione almeno fino ai primi secoli del nuovo millennio : all’interno di questo ampio intervallo cronologico, l’epoca degli oppida rappresenta l’apice della loro diffusione. Essi sono presenti in grande quantità e varietà tipologica a Stradonice (Píč, 1903, tab. XI : 1-22) e in altri siti d’Europa centrale (per esempio Staré Hradisko : Dębiec e Karwowski, 2014). Con più fantasia e meno sicurezza si potrebbe classificare anche la forma insolita nella parte alta della placchetta n° 8 tra gli amuleti, come un pendente a gabbia (per esempio : Bazovský, 2014, p. 616, Abb. 1 :1, 3 :1-4).
33Con la figurazione di due vasi, nella placchetta n° 1 è rappresentata anche la ceramica. In entrambi i casi i modelli latèniani sono ben riconoscibili nonostante il piccolo formato ed il disegno maldestro. L’alto vaso slanciato, o bottiglia, trova numerosi confronti nei reperti provenienti dall’oppidum. Nella collezione del Museo Nazionale sono conservati ben sei esemplari completi (o quasi) in ceramica fine, sia affumicata che dipinta (Valentová, 2013, n° 104, 811, 105 826, 201 829, 212 665, 212 666, 229 114, tab. 32, 52, 54, 66). Meno numerose sono le olle da dispensa, chiaramente rappresentate nella seconda figurazione della placchetta, come indicato dai tratti verticali che rappresentano le scanalature caratteristiche della ceramica grezza tardo-latèniana. La combinazione di questo tipo di decoro con una doppia linea ondulata orizzontale sulla spalla del vaso può essere dovuta alla fantasia del falsario oppure a un tentativo di imitazione della decorazione delle olle in ceramica grezza a decoro grossolano (Valentová, 2013, p. 54-55, tab. 36), gruppo fortemente minoritario nelle collezioni (probabilmente a causa della scarsa attrattività per i collezionisti). L’assenza di individui interi nelle collezioni note non esclude che esistesse all’epoca un tale vaso, utilizzato come modello per il disegno, anche se la possibilità che si tratti in realtà di un disegno ricostruttivo non può essere scartata.
34Le rappresentazioni di figure umane risultano in sé poco significative per i nostri propositi, anche se in seguito si vedranno alcuni casi interessanti se inseriti in un contesto più ampio. La figurina della placchetta n° 1, provvista di base statuaria, merita tuttavia qualche attenzione. Essa può essere interpretata alla luce della volontà di rappresentare un “idoletto pagano” (“pohanský bůžek” – un elemento indispensabile del discorso pre- e protostorico in Boemia nell’Ottocento), interpretazione valida con ogni probabilità anche per le statuette a tutto tondo citate in precedenza (cf. supra). Non dovrebbe però passare inosservato il torquis che la figura porta visibilmente al collo : allo stesso modo, nello stile della statuaria possono essere individuati alcuni tratti potenzialmente latèniani. Il resoconto delle prime scoperte, pubblicato nel giornale Národní listy del 26 Agosto 1877, menziona in effetti un “idoletto [d’argento] alto pressappoco un quarto d’auna8, che comperò un mercante viennese sconosciuto ». Nelle diverse collezioni di Stradonice, ad oggi si conosce una sola statuetta antropomorfa, una figura di “buccinatore” di pessima fattura (Píč 1903, tab. XX : 33). Senza credere che dalla terra di Hradiště furono portate in luce statue argentee alte 20 cm o figure analoghe a quelle dell’“arte tribale” dei pezzi di Křivoklát, possiamo tuttavia ritenere con una certa sicurezza che durante gli scavi di Stradonice venne trovata almeno un’altra statuetta a forma umana che ispirò la fervente attività dei falsari – in terra cruda, ceramica antica, pietra… ed in pece.
35Più incerta è l’interpretazione della figura di cervo in corsa della placchetta n° 2. Come nel caso delle figure antropomorfe, una creazione di fantasia, nel solo intento di “animare” l’oggetto, può essere ipotizzata. Tuttavia, non può essere scartata l’ipotesi di una possibile imitazione a partire dall’iconografia monetaria, sia da oboli locali (per i quali il cavallo sul rovescio sarebbe stato scambiato per un cervo), sia da monetazione importata (per esempio i potins sequani “à grande tête” con l’immagine del “taureau chargeant”, attestati in diciassette esemplari a Stradonice : Militký, 2015, p. 626-630).
36Un elemento ricorrente, o per meglio dire costante, nelle placchette è quello dei serpenti arrotolati. Non solamente esso è sempre presente, ma in molte placchette esso costituisce l’elemento principale attorno al quale si organizza la decorazione. L’origine del motivo è facilmente identificabile nel diritto degli stateri del tipo Rolltier, serie minore della monetazione in Germania meridionale e in Boemia (fig. 10, D, 1). Quest’ultima conta solamente dodici monete classificate in tre gruppi tipologici (I-III), datati all’inizio del periodo degli oppida (La Tène D1b). Essi sono composti solo da stateri, mentre mancano denominazioni inferiori. Ad oggi non sono chiare le ragioni dell’emissione di questa serie marginale, nettamente distinta dalle norme iconografiche rigorosamente definite e osservate nel resto della monetazione del periodo degli oppida in Boemia e dintorni (Militký, 2015, p. 46–47). Dall’oppidum di Stradonice provengono con certezza sia monete della serie tedesca che di quella boema (nelle quali l’immagine è più netta). Tra gli esemplari boemi che appartengono al tesoro rinvenuto nel 1877 si conosce sicuramente uno statere, al quale se ne associano probabilmente altri tre oggi perduti, tutti del gruppo I. Da un ritrovamento isolato è inoltre attestato un suberato del gruppo II (Militký, 2015, p. 174, C2, p. 186, n° 19-22).
37La collezione numismatica proveniente dall’oppidum di Stradonice conta oggi approssimativamente 2500 pezzi, tra i quali 236 monete in oro che includono 65 stateri (Militký, 2015, p. 46-47). Nel 1903 Píč enumera 22 monete d’oro, tra le quali 11 stateri – di cui uno solo identificato come di tipo Rolltier (Píč, 1903, p. 18-21). Poco prima che i falsari iniziassero la loro piena attività, fu scoperto il tesoro di 700 monete d’oro che servì sicuramente d’ispirazione alla produzione dei falsi. Nel quadro di queste quantità importanti, composte nella loro assoluta maggioranza dai gruppi più diffusi della monetazione locale, i dodici esemplari attestati di stateri del tipo Rolltier costituiscono un’infima, quasi ridicola, percentuale. Tuttavia, la frequenza nei falsi del motivo del serpente (o del drago) arrotolato – non solo sulle placchette di pece, ma anche nella produzione statuaria – mostra il particolare successo di questo suggestivo, anche se marginale, motivo iconografico, che surclassò nettamente nell’immaginario dei falsari quello dei tipi monetali più diffusi e (tristemente) caratterizzati da motivi astratti (fig. 10, C).
38Un ulteriore punto merita ancora la nostra attenzione : sulla placchetta n° 3 si osservano chiaramente tre (pseudo)iscrizioni in corrispondenza del motivo del serpente. Quella di lettura più certa si compone delle lettere CVF. È interessante notare che l’unico esempio noto di statere tipo Rolltier del terzo gruppo, proveniente probabilmente dall’Austria, porta sul dritto le lettere ЯVƆ (fig. 10, D, 2 ; Paulsen, 1933), prima e unica vera iscrizione nota per l’area della Boemia, della Moravia e dell’Austria in epoca latèniana. L’analogia tra le due iscrizioni, anche se specchiate, è degna di nota : nonostante la prudenza necessaria trattandosi di un falso di dubbia origine, essa potrebbe suggerire la presenza dei rarissimi stateri di tipo Rolltier gruppo III a Stradonice.
39Restando sempre nell’ambito della numismatica, l’ultimo aspetto che resta da approfondire nell’analisi delle placchette è il loro bordo. In due casi (nelle placchette n° 1 e n° 2) è attestato il motivo a zig-zag composto da trattini diagonali, ovvia imitazione degli 1/3 di statere (fig. 10, C, 2). Dei modelli monetali (senza dimenticare che si conosce ugualmente una produzione di false monete : fig. 1, sotto il riquadro centrale) sono probabilmente all’origine della composizione delle placchette più piccole della collezione Lehmann, per esempio della placchetta n° 7 che, ancora una volta, riprende il motivo dello statere tipo Rolltier. Un modello esatto può essere identificato anche per la placchetta a disco n° 5 ornata con una raffigurazione di fibula : si tratta dei terzi di statere tipo B, va 1/3-B/III04e (Militký, 2015, p. 208-210), nei quali l’ago della fibula è rappresentato da una crepa nel conio, essendo in origine il decoro dell’arco rappresentato dal motivo a zig-zag sul bordo destro del diritto (fig. 10, E). Ad oggi solo una moneta di questa variante è conosciuta (se non si contano i suberati) : in questa, il campo figurativo è spostato nettamente verso l’alto (come nella placchetta), fatto che indica che, al momento della produzione della placchetta, il falsario aveva davanti agli occhi un’altra moneta dello stesso tipo, battuta con lo stesso conio difettoso.
40Un’interpretazione ancor più audace può essere avanzata per la placchetta n° 4. La composizione generale della scena e la ripartizione dei dettagli rappresentati suggeriscono un confronto ben preciso, ma incompreso, con gli stateri del tipo Atena Nike, cioè con la prima monetazione celtica d’Europa centrale, datata alla prima metà del III secolo a.C. (fig. 10, A) Il dettaglio che chiaramente lega la placchetta al modello è la “gonnella” del personaggio stante, le cui braccia alzate sono nella posizione in cui di solito si trova il contorno interno dell’ala della figura di Nike, mentre le linee diagonali dentellate nella parte superiore dell’immagine corrispondono ai contorni esterni delle ali. La parte inspessita della fibula, sulla sinistra, rimanda alla posizione del braccio destro della figura dei modelli monetali. Anche la campitura a perline nel campo destro della composizione si riscontra in alcune varianti del tipo. A Stradonice, è nota qualche moneta appartenente all’orizzonte cronologico anteriore alla fondazione degli oppida : dal sito provengono une ventina di esemplari legati alla monetazione locale degli orizzonti La Tène C1-C2 ; la maggior parte delle monete greche (una di Kyme eolica, una d’Ierone II e quattordici bronzi numidici) si data al III secolo o alla prima metà del II secolo a.C. (Militký, 2015). Riguardo a quest’ultime, è noto che le monete importate circolarono regolarmente in Europa centrale anche secoli dopo la loro emissione, probabilmente con una funzione non monetale (Kysela, 2016b). A proposito delle emissioni locali, non stupisce, in un centro come Stradonice, la presenza di qualche pezzo in circolazione già qualche decennio prima della fondazione dell’oppidum (per altro è già stato sottolineato come il motivo dell’arco con freccia della placchetta n° 3, cf. supra, possa essere ugualmente ispirato da una moneta di questo periodo). Il numero bassissimo di queste monete più antiche nella collezione proveniente dal sito (poco più dello 0,5 %) dimostra peraltro l’efficacia, in seno alla società latèniana, del riciclaggio del metallo monetale. In questo contesto, la presenza di uno statere tipo Atena Nike sarebbe invece decisamente più sorprendente. Questi pezzi estremamente precoci furono emessi oltre un secolo prima del sorgere degli oppida ; a Němčice nad Hanou (La Tène C1-C2) essi si trovano già frantumati o fortemente usurati. Il loro peso molto alto9 precluse una loro vera e propria circolazione (Militký, 2018, p. 13-23) e dovevano essere estremamente rari i pezzi sfuggiti al riciclaggio e conservatisi sino al La Tène D1.
41Tornando ai nostri falsi, sembrerebbe quindi che le placchette in pece, a differenza degli “idoletti”, non fossero per i falsari un mezzo per esprimere la loro libertà di creazione, ma piuttosto delle produzioni finalizzate ad una assimilazione con monete o medaglie, vere o immaginarie. Nelle loro realizzazioni, i falsari riproducevano negli oggetti di piccolo formato quanto essi capivano o supponevano dell’iconografia monetale, combinandolo, nelle creazioni più grandi, con altri elementi visuali desunti dal vario materiale archeologico che, nella loro attività di scavatori e falsari, passava loro quotidianamente davanti agli occhi.
Per finire
42In questo contributo abbiamo percorso – a volte sorvolandola, a volte soffermandoci in dettagli forse pure superflui – una tematica quasi mai seriamente affrontata nella ricerca archeologica, cercando innanzitutto di capire se ci sia effettivamente qualcosa da capire. I falsi di Stradonice, con tutta la loro goffaggine ed ingenuità, possono in realtà servire ad altro che al semplice divertimento (incarico che assolvono tra l’altro perfettamente).
43Focalizzandoci in primo luogo sulle placchette in pece, va notato che questi oggetti – creati probabilmente negli anni 1877-1878 – rappresentano i primi documenti grafici dei materiali scoperti a Stradonice. Essi sono contemporanei delle prime fotografie della collezione Lehmann e anteriori ai primi disegni che accompagnano la collezione Grosse (1880 ?) e a quelli pubblicati da Osborne (Osborne, 1880). Con tutte le riserve del caso, abbiamo dimostrato che la qualità di questi oggetti è tale da permettere l’identificazione dei tipi e delle categorie dei modelli originali. Se nient’altro si fosse conservato degli scavi di Stradonice, grazie alle placchette potremmo comunque dare al sito una definizione culturale e una datazione, con un cinquantennio di precisione.
44I creatori dei falsi esprimono nelle loro creazioni una straordinaria capacità di osservazione, apprezzando la variabilità tipologica degli oggetti archeologici. Essi distinguono, cent’anni prima di Jacobi, i due principali tipi di coltelli latèniani (a onor del vero, compito non difficile) e si infervorano – come certi nostri colleghi d’oggi – alla tipologia delle fibule.
45In certi casi, i falsi di Stradonice ci conducono se non altro a supporre la presenza sull’oppidum di certi oggetti (moneta tipo Atena Nike ? Statere del terzo gruppo del tipo Rolltier ?) altrimenti non attestati sul sito nonostante l’enorme ricchezza delle sue collezioni.
46I falsi, ovviamente, non possono offrirci una risposta definitiva, ma soltanto delle indicazioni generiche : meglio vale non porre loro domande, ma solamente ascoltare quello che loro stessi hanno da dire. Accettato ciò, essi ci dicono più di quanto ci si potrebbe aspettare… e alla fine, sono anche estremamente divertenti.
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Wocel Jan Erazim, “Keltické ohrady”, Památky archeologické, VI, Praga, p. 254-263.
Notes de bas de page
1 In questa lista di “recinti celtici”, Stradonice figurava quale unico sito realmente latèniano, essendo gli altri siti inclusi da Wocel essenzialmente dell’età del Bronzo; il criterio di “celticità” dei siti era, secondo Wocel, praticamente la sola presenza di una fortificazione dall’apparenza non medievale (Wocel, 1865).
2 Ringrazio vivamente Miloš Hlava (Università Palacký ad Olomouc) per le ricche discussioni e le numerose preziose informazioni riguardo alla collezione.
3 “seit October vorigen Jahres finden grossartige Fälschungen statt. Anfangs beschränkten sich diese Fälschungen hauptsächlich auf die interessanten oblongen Beinwürfel und auf die nicht selten vorkommenden Schreibstifte und Glättinstrumente aus Bein, wie sie von den Römern für ihre Wachstafeln gebraucht wurden, jetzt werden aber auch schon falsche Steihämmer, Stein- und Thonwirtel und sogar falsche Bronzenadeln in Umlauf gesetzt” (Von Hochstetter, 1878, p. 585).
4 A parte qualche riferimento più o meno sintetico, l’unico studio dedicato al soggetto è a mia conoscenza un articolo redatto da Albín Stocký nei primi anni Trenta e rimasto incompiuto a causa della scomparsa prematura dell’autore; l’abbozzo manoscritto dell’articolo è oggi conservato nell’archivio dell’Università Carolina, a Praga.
5 L’idea che le popolazioni preistoriche fossero giganti era uno degli stereotipi diffusi all’epoca nella cultura rustica in Boemia. Si ricordi per esempio la denominazione popolare della fonte di Duchcov – Riesequelle/Obří pramen (fonte dei giganti).
6 Per il cinghiale scoperto nel 1935 e gli altri bronzetti con la stessa iconografia noti sul sito: Píč, 1903, p. 21; Karasová e Schönfelder, 2004, p. 231, Abb. 5: O9076.
7 Ringrazio Michal Kotýnek, curatore del Museo, per l’informazione su questo artefatto.
8 Auna praghese = 59,3 cm; Auna viennese = 77,8 cm. Non è chiaro nella quale di esse si dà la misura.
9 8,5-8,3 g. Nell’orizzonte cronologico La Tène C1–C2, il peso dello statere cade su 8-7,3 g, mentre durante l’epoca degli oppida si assesta sui 7,3–6,5 g.
Auteur
-
Jan Kysela
Insegnante ricercatore, Archeologia Classica,
Università Carolina, Praga

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