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Del peccato alessandrino

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Marta Materni

Capitolo iv

Il Libro de Alexandre all’ombra degli specula principis ?

Volltext

1Il LdA, come si sa, contiene all’inizio un piccolo speculum principis enunciato per bocca del maestro Aristotele : ma il LdA nella sua totalità costituisce, come spesso è stato affermato, uno speculum principis ? In parte credo di aver già risposto contestando alcuni punti della lettura politica e propagandistica del testo sostenuta da Amaia Arizaleta ; in parte, nel prosieguo, cercherò di dimostrare come le finalità che muovono l’autore anonimo siano altre rispetto all’addottrinamento dei principi. Un fatto però mi sembra fondamentale sottolineare immediatamente : i castigos di Aristotele non rappresentano in toto un’inserzione originale del poeta castigliano ma sono già presenti come idea narrativa nella fonte medio-latina, che ne fornisce anche molti particolari ; dopodiché, come sua abitudine, l’anonimo agisce alterando la fonte e “rimpinguandola” con materiale autoctono. Qual è l’origine di questo materiale ? Questo è il vero probema, che si porrà successivamente anche per alcuni elementi delle numerose ekphrasis e per il lapidario babilonese.

  • 1 Cf. i titoli dell’autore in Bibliografia, § 3.15.
  • 2 Cf. i titoli dell’autrice in loc. cit.

2Qualche dato però, prima di tutto, per delineare il contesto. Il secolo xiii castigliano è sicuramente, fra le altre e tante cose, nel campo della prosa, il secolo della letteratura di castigos, per buona parte di origine e ispirazione orientale. Gli studi recenti di Hugo Oscar Bizzarri1 e, soprattutto, di Marta Haro Cortés2 hanno chiarito cronologie, fonti e strutture interne di queste opere. Si tratta, per avere una definizione dell’oggetto, di quei testi

  • 3 M. Haro Cortés, Los compendios de castigos del siglo xiii : técnicas narrativas y contenido ético, (...)

cuyo didactismo se fundamenta en enseñar, no sólo los principios básicos que rigen la conducta humana y sus consecuencias morales, sino también la acomodación de estos preceptos tanto al ámbito individual como de cara a la colectividad en el plano cotidiano, familiar e incluso privado con el fin de formar hombres sabios y entendidos, garantizando así la consecución del bien perdurable. Por tanto, nos vamos a enfrentar con una serie de obras que regularán las relaciones del hombre consigo mismo, con su entorno y con las partes que componen ese entorno3.

3Per queste opere si adotta anche la definizione di speculum principis : specula di tradizione arabo-orientale (Calila e Dimna, Sendebar, Libro de los buenos proverbios, Bocados de oro, Poridat de las poridades, Secreto de los secretos), e specula originali castigliani (Libro de los doze sabios, Flores de filosofía, Libro de los cien capítulos, Castigos de Sancho iv). Nell’ambito castigliano questi testi presentano una strutturazione precisa e ricorrente, che — ricordo — esclude la forma poetica :

  • 4 Ead., La imagen del poder real a través de los compendios de castigos castellanos del siglo xiii, V (...)

[Il] procedimiento estructurador se concreta, por una parte, en un marco discursivo, es decir los conocimientos se plantean a modo de exposición. […] Y por otro lado en un marco dialógico figurado. […] Los elementos que componen la materia literaria son principalmente sentencias. […] La disposición interna que presentan estos compendios responde a consideraciones temáticas. […] Dentro de cada sección las formas gnómicas se enlazan de acuerdo con diversos procedimientos. Los principales son, coordinación y yuxtaposición. […] En segundo lugar enumeración. […] Y, por último, subordinación causal o consecutiva. Uno de los requisitos que prácticamente se puede considerar imprescindible en los compendios de castigos es la legitimación de la fuente de conocimientos. La figura del sabio actúa en estas obras como garante de la doctrina que se transmite. Se pueden vincular las enseñanzas a un filósofo concreto, con lo cual su propio nombre ya es prueba suficiente de su altura intelectual. […] O, también, se emplea la pareja sabio-discípulo o padre-hijo. Estas pueden concretarse en sabio-rey (o futuro rey) […] o en padre-rey/hijo-futuro monarca4.

4In questo insieme :

hallamos dos compendios dirigidos a futuros monarcas, uno el Libro de los doze sabios, que formalmente compagina formas orientales y tono occidental en el tratamiento de unas ideas política incipientes [caratteristica occidentale] que quedan prácticamente cubiertas por las sentencias ético-morales [caratteristica orientale] y el otro los Castigos de Sancho IV, cuya teorización política queda reforzada por la alta carga de religiosidad de los preceptos morales, y además su adoctrinamiento está al servicio de la consolidación del poder de Sancho iv. Frente a ellos, las Flores y el Libro de los cien capítulos conjugan equilibradamente forma y propósito, aunque éste último se ciña más a la concepción y necesidades del poder real.

  • 5 J. M. Nieto Soria, « Les miroirs des princes dans l’historiographie espagnole (couronne de Castille (...)

L’importante influence des miroirs [orientali] a les suivantes conséquences : un protagonisme plus détaché de la dimension éthico-morale, un rôle secondaire des aspects de théorie politique et un gran intérêt pour la recherche de beauté expositive5.

  • 6 Per un’introduzione cf. Bibliografia, § 3.15.

5Come si può facilmente capire anche da queste poche righe di presentazione è ovviamente innegabile che le cc. 51-84, dominate dalla coppia Aristotele-Alessandro, rappresentino nel loro complesso un piccolo speculum principis. Ma, pensando all’opera nel suo complesso e spingendosi anche al di là dei suoi confini, il problema di fondo che si pone è : ogni scrittura su Alessandro è necessariamente una scrittura destinata all’addottrinamento di principi ? La risposta è negativa. Esiste un Alessandro accentuatamente romanzesco (dei vari romans), un Alessandro tendenzialmente enciclopedico (delle Epistolae), un Alessandro caratteristicamente sapienziale (delle opere gnomiche castigliane), infine un Alessandro più spiccatamente politico — anche se, naturalmente, stiamo parlando non di compartimenti stagni testuali ma di sfaccettature del personaggio, un personaggio la cui complessità impedisce di per sé assertorie definizioni : l’Alessandro romanzesco ad esempio si tinge spesso e volentieri di coloriture enciclopediche. Per rimanere però a quello politico, esso può essere nato autonomamente come tale, vivendo spesso al fianco del suo alias sapienziale — è il caso del Sirr al asrar/Secretum secretorum e della loro miriade di derivati latini e romanzi6 — oppure, sviluppatosi in un altro campo, può essersi infine prestato alle necessità di una coloritura politica, anche se non senza forzature. In questo senso trovo illuminanti le parole di Alain Corbellari :

  • 7 A. Corbellari, La voix des clercs : littérature et savoir universitaire autour des dits du xiiie si (...)

Mourant jeune, Alexandre ne peut représenter un modèle de sagesse […] ; corollairement, il ne saurait être posé en modèle mythique d’une grande monarchie : unique et sans lendemain la trajectoire d’Alexandre est le fait d’un homme seul qui ne laisse après lui ni héritier ni espoir de retour. Pour un Moyen Âge qui ne rêve que de permanence et de stabilité, la figure d’Alexandre ne saurait donc constituer un modèle canonique de souverain7.

6Parole che funzionano bene da contrappunto, rivelando anche un’altra faccia di quella lucente medaglia, all’affermazione di Martin Gosman :

  • 8 M. Gosman, La légende d’Alexandre le Grand dans la littérature française du xiie siècle. Une réecri (...)

Du coup la porte s’ouvre à la typologie : la vie d’Alexandre devient, elle aussi, norme. Rien d’étonnant donc à ce que tant des princes se sont voulus un deuxième Alexandre. Les nobles, eux, n’auront voulu qu’une certaine codification de leurs rapports avec le pouvoir royale en quête d’exclusivité8.

7Parabola vitale di re intrinsecamente imperfetta se considerata nel suo insieme, quella alessandrina deve essere costantemente sottoposta a una sorta di processo di esegesi per essere piegata alle esigenze dell’autore di turno. In questo senso funzionano meglio gli “spezzoni’’ : l’Alessandro, ad esempio, della letteratura gnomica castigliana di origine orientale — includendo in essa anche la precedente Disciplina clericalis di Pietro Alfonso — cristallizza le apparizioni del macedone intorno a due momenti topici : l’addottrinamento aristotelico (Poridad de las poridades e le varie menzioni delle epistole nelle altre opere)

Et pater : « Ut, inquit, Aristotiles in epistola sua quam Alexandri regis composuit, meminit ». (Disciplina)
Aristotiles in epistola sua castigavit regem Alexandrum ita dicens : Melius est cum paucis pace tuos regere quam magnam militiam tenere.
(Disciplina)
Este es el escripto de las cartas que embiava Aristotiles a Alexandre
. (Buenos proverbios)

e una serie di scene legate al momento della morte, che vanno dalle lettere di consolazione alla madre (Libro de los buenos proverbios)

Este es el avenimiento de Alexandre quando sopo que morrie del tossico quel’ dieran a beber, e de la carta que embiara a su madre, quel’ mandava que non oviesse miedo, e que se conortasse. (Buenos proverbios)

al compianto dei filosofi intorno al suo sepolcro dorato (Disciplina, Buenos proverbios) :

Exemplum de aurea Alexandri sepultura. Item dictum est de Alexandro quod sepultura eius foret aurea et in pervio omnibus atrio posita. Ad quam plurimi convenerunt philosophi, de quibus unus ait : Alexander ex auro fecit thesaurum : nunc e converso aurum de eo facit thesaurum. Alius : Heri totus non sufficiebat ei mundus : hodie quatuor solae sufficiunt ei ulnae. Alius : Heri populo imperavit : hodie populus imperat illi [...] (Disciplina).

8Quella che emerge in questo secondo caso è l’icastica immagine della fragilità e della miseria umana, un’altra formulazione del “dalla polvere veniamo e alla polvere torneremo”, accompagnata, nel testo delle epistole, da un’attitudine di vita quasi stoica, in senso filosofico. Come nel caso di Aristotele l’uomo di scienza scompare dietro l’ombra possente del filosofo-maestro (cf. infra), così in queste situazioni anche in Alessandro si ha uno slittamento dall’immagine di conquistatore a quella di discepolo di un filosofo.

  • 9 A. Arizaleta, « La figure d’Alexandre le Grand comme modèle d’écriture dans la littérature médiéval (...)

9Fatto salvo quanto appena detto (e che risulta innegabile), una rapida occhiata alla presenza “quantitativa” di Alessandro in questi testi non giustifica tuttavia a mio avviso l’affermazione di Amaia Arizaleta secondo la quale « on n’ira pas trop loin en affirmant que [queste opere] n’existent que par Alexandre le Grand »9 ; così come la sua definizione del secolo xiii castigliano come Aetas alexandrina. Mi sembra utile a questo proposito presentare parte degli indici delle due opere gnomiche di origine orientale più vicine cronologicamente al LdA, vale a dire il Libro de los buenos proverbios e i Bocados de oro :

Capitulo de un ayuntamiento de quatro filosofos que fablaron en sabiencia – Ayuntamiento de cinco philosophos para fablar en sapiencia – Capitulo de las juntas de los filosofos que dixo Joanicio – Capitulo de la manera que fizo un filosofo a sus discipulos – Capitulo de un juntamiento de siete filosofos y lo que dixo cada uno dellos – […] – Este es el ensennamiento de Socrates, el philosopho – Estos son los ensennamientos de Platon – Este es el ensennamiento de Aristotiles – Este es el escripto de las cartas que embiava Aristotiles a Alexandre – Estos son los ensennamientos de Alixandre, fijo de Philipo, el mazedone, e al qual dizien el sennor de los dos cabos, porque rregno de la parte de oriente fata la parte de occidente, estos son los dos cabos del mundo, e dixieron que fiziera dos puntes de sos cabellos muy grandes e muy luengos, e dixieron otros que por aquellos dos cabos de los cabellos que avie, quel’ pusieron atal nonbre, e dizen que este fue sennor de los dos cabos – Este es el avenimiento de Alexandre quando sopo que morrie del tossico quel’ dieran a beber, e de la carta que embiara a su madre, quel’ mandava que non oviesse miedo, e que se conortasse – Esta es la otra carta que enbio Alexandre a su madre por tal de la conortar – Capitulo de la rrespuesta que formo su madre de Alexandre a la carta – La muerte de Alexandre de como le llevaron en ataut de oro a su madre e las palabras que dixo quando catava el ataut – Ayuntamiento de una conpanna de philosophos e de sabios en el logar do estava el ataut de Alexandre, e de lo que dixo cada uno dellos, e esto era en Babilonia – Esta es la carta que enbio Aristotiles a la madre de Alexandre por conortarla – Estos son los ensennamientos de Diogenes el sabio – Esto son los ensennamientos de Fayagoras que ensennava a sus discipulos a los que querien aprender del, e pusoles nonbre Galienos los ensennamientos dorados – Estos son los ensennamientos de Ypocras.

De commo Bonium, rrey de Persia, fue a las tierras de India por buscar el saber – De commo el rrey fallo un predicador, e de la muy fermosa rrespuesta que le dio a la pregunta que le fiso – De commo el rrey pregunto a Juanicio que fisiese tanto, e que librase commo podiese entrar en el palacio a oyr los dichos de los sabios – De commo el rrey pregunto a Juanicio por el saber, que le esplanase que cosa era – De commo el rrey rrogo a Juanicio que le dixese quien fisiera aquel noble palacio, e de lo que sobre ello le rrespondio – De commo el rrey fiso escrebir un libro de los dichos de los sabios el qual es este que deyuso se sigue – De los dichos e de los castigamientos del profeta Sed que fue el primero por quien fue rrescebida la ley – De los dichos e de los castigamientos de Ermes – “” de Catalquius – “” de Tad el sabio – “” de Omirus, el versificador – “” de Solon – “” de Rrabion, defendor de sus propios – “” de Ypocras, el fìsico – “” de Pitagoras – “” de Diogenis el sabio – De los dichos e castigamientos e pedricaciones de Socrates – De los dichos e pedricaciones de Platon – De los dichos e de los castigamientos del philosofo Aristotiles – “” de Alixandre, el filosofo e sabio, que fue rrey de todo el mundo – De los fechos e de los castigos de Tolomeo – De los castigamientos de Leogenin, e commo castigava a su fijo – “” de Enufio – “” de Medragis – “”de Sillus ecc.

  • 10 Alcune figure dell’antichità sono state recentemente analizzate in H.O. Bizzarri, « Grecia y sus fi (...)

10Come si può vedere, se effettivamente il materiale aristotelico-alessandrino occupa circa un terzo del Libro de los buenos proverbios, già nei Bocados de oro esso si diluisce in un mare magnum di grecità e orientalità storica e mitologica in cui si inseguono i nomi di Ermes, Solone, Ippocrate, Pitagora, Socrate, Platone ecc.10, rispetto ai quali Alessandro e Aristotele rappresentano solo una delle tante gocce.

11Passando al piano romanzesco, quella di Alexandre de Paris, con la sua riscrittura tendente all’esemplarità regale, è solo una delle soluzioni possibili rispetto alla presentazione della biografia del Macedone : possibile ma non necessaria.

Segnor, ceste rasoin devroient cil oïr
qui sont de haut parage et ont terre a baillir.
Li gentieus hom malvais, cil fait molt a haïr,
qui veut avoir service et dont nel set merir.
Princes qui terre tient a envis doit mentir,
mais proësce et largesce font bien terre tenir,
ice fist Alixandre essaucier et tehir
car il conquist le mont trestout a son plaisir

[…] Li gentil chevalier et li clerc sage et bon,
les dames, les puceles, qui ont clere façon,
qui sevent de service rendre le guerredon,
cil doivent d’Alixandre escouter chançon

[...] Alixandres le dist et mostre par raison :
fous est qui conseil croit de serf ne de felon
ne qui fait de nul d’aus prince de sa maison ;
se ggaig i puet faire, ne doute traïson ;
ci doivent prendre essample li prince et li baron

[…] Li rois qui son roiaume veut par droit governer
et li prince et li duc qui terre ont a garder
et cil qui par proëce veulent riens conquester,
cil devroient la vie d’Alixandre escouter. (Alex, iv, 1630-1683)

12Il Roman di Alexandre de Paris, si ricorda, è una compilazione in cui confluiscono i precedenti Fuerre de Gadres, Alexandre en Orient di Lambert le Tort e Mort Alixandre ; rispetto a questi ultimi però :

  • 11 Gosman, op. cit., p. 289.

est non seulement plus complet et mieux organisé que les autres versions, il est aussi beaucoup plus systématique dans l’exploitation des donnés clefs normatives. C’est un miroir de prince fonctionnel, car l’enseignement que dispense Aristotes à son élève apprend à distinguer les bons d’avec les mauvais, les amis d’avec les ennemis, etc.11.

  • 12 Ibid., p. 21.

13Inoltre, punto questo fondamentale, « le métacommentaire qui se repère dans le texte […] propose à tout ceux qui sont de haut parage et ont terre à baillir une lecture sociologique de grande utilité »12. Ma, e sottolineo con forza questo ma,

  • 13 Ibid., p. 280.

en ceci le Ralix se distingue des versions Arsenal et Venise et même de celle du Roman de Toute Chevalerie. In A et V, il n’y est aucunement question d’un métacommentaire auctoriel proposant dès l’entrée en matière une lecture jugée sociologiquement adéquate pour les grands de ce monde. […] Les débuts de ces deux versions ignorent le thème de l’harmonie retrouvée, cette espèce d’âge d’or reconstitué dont parle le Ralix13.

14Quello che mi preme sottolineare è quindi il fatto che la scrittura romanzesca di argomento alessandrino non deve necessariamente e automaticamente configurarsi come scrittura a sfondo e finalità politica. D’altronde, questa applicazione dell’etichetta speculum principis a opere che a un primo sguardo non si presentano immediatamente in modo palese e inequivoco come tali ha suscitato non poche discussioni anche in un altro ambito, quello dei romans antiques che si suppongono legati strettamente alla corte di Enrico ii. Da una parte abbiamo opinioni come quella di Francine Mora-Le Brun :

  • 14 F. Mora-Le Brun, « Introduction », In : Thèbes, p. 8

Les trois “mises en roman’’, associées au Brut de Wace (1155), qui raconte la fondation du royaume de Grande-Bretagne par Brutus, arrière-petit-fils d’Enéas et ancêtre éponyme des Bretons, auraient servi un vaste dessein apologétique plus ou moins concerté par Aliénor et Henri ii pour doter la récente monarchie anglo-angevine d’un prestige analogue à celui de la monarchie capétienne, en lui empruntant le mythe d’une origine troyenne14.

15Dall’altra quella di Emmanuèle Baumgartner :

  • 15 E. Baumgartner et F. Vieillard, « Introduction », in : Troie, p. 6.

La création littéraire ne se plie pas, ou mal, aux lois du pouvoir. Il semble peu probable qu’à l’origine de ces récits il y ait eu, comme on l’a parfois soutenu, le projet concerté d’Henri ii ou du couple royal d’exalter les origines de l’Angleterre et de la dynastie anglo-angevine en les rattachant au légendaire Troyen15.

  • 16 L’etichetta peraltro è molto applicata e pochissimo, se non per nulla, discussa. Assai interessanti (...)

16Non voglio inoltrarmi nella disputa specifica perché, quanto all’ambito francese, l’argomento esula dal mio lavoro. Vorrei però far notare come, anche una lettura poco approfondita della questione, riveli immediatamente la difficoltà di applicare l’etichetta16 speculum principis — che, pur con alcune incertezze e ambiguità, fa riferimento a una realtà testuale abbastanza ben circoscrivibile, almeno dal punto di vista contenutistico — a opere appartenenti per forma e tematica a un altro orizzonte intellettuale.

17Si pensi a ciò che è nel suo complesso il Libro de Alexandre e a come si presenta invece un testo, conterraneo e all’incirca contemporaneo, che senza alcun dubbio si indirizza a un’“utenza” regia, il Libro de los doze sabios (1237 ca., dedicato a Fernando iii) :

i. De las cosas que los sabios dicen y declaran en lo de la lealtad – ii. De lo que los sabios dicen en lo de la codicia – iii. Que el rey o regidor de reino debe ser de la sangre real – iv. Que debe ser el rey fuerte y poderoso – x. Que habla de esfuerzo y fortaleza y de las virtudes que han – vi. Que habla otra vez de como el rey debe ser sabio y enviso – vii. Que habla de la castidad y de las sus virtudes – viii. Que habla de la templanza y de como es medianera entre todas las cosas – ix. Que el rey debe ser sañudo a los malos – x. De como el rey o príncipe o regidor de reino debe aseñorearse de su pueblo – xi. Que el rey o príncipe o regidor de reino debe ser compañero a sus compañas – xii. Que el rey debe ser largo a los nobles e hidalgos y de buen linaje, y a los otros que bien obran – xiii. Que el rey o príncipe debe ser escaso en aquellas personas y lugares de que no se espera alguna virtud – xiv. Que el rey debe ser amigo de los buenos y leales y verdaderos que andan y siguen carrera derecha – xv. Que el rey o príncipe o rejidor de reino debe ser enemigo de los que quieren el mal y la traición y la siguen y usan della – xvi. Que el rey o príncipe o regidor debe ser piadoso a los buenos y humildes y a los pobres y lacerados que no han esfuerzo – xvii. Que el rey o príncipe o regidor debe ser cruel contra los crueles y malos y traidores del mal – xviii. Que el rey o príncipe o regidor debe amar la justicia como sea ella cabeza de su señoría – xix. De como debe haber en el rey o príncipe o regidor poca codicia – xx. De como debe ser el rey o príncipe o regidor de buena audiencia a todos los que ante él vinieron – xxi. Que habla de los alcaldes y justicias y oficiales y corregidores que sean buenos – xxii. Como el rey debe ser gracioso y palanciano y de buena palabra a los que a él vinieron – xxiii. Que habla de los codiciosos mozos y viejos que perserveraren en otras malas doctrinas – xviv. Que habla de los leales y templados y sin codicia –xxv. De como el rey no desespere a los buenos que le demandare merced – xxvi De como el rey debe primeramente conquistar y ordenar lo suyo y aseñorearse dello – xxvii. Que habla de como el rey debe catar primero los fines de sus guerras y ordenar bien sus fechos – xxviii. Del abastamiento que el rey debe tener para las sus guerras – xxix. De las gentes que el rey non debe llevar a las sus guerras – xxx. En que el rey no debe tardar a los que viere o supiere que lo hacen bien – xxxi. De la ordenanza y regimiento que el rey debe haber con sus enemigos – xxxi. Que cuando el rey hubiere de hacer entrada a otro reino, o a conquistar alguna tierra, que vaya poderosamente – xxxii. En que el rey no debe llevar a la su conquista compañías concegiles si non fueren escogidos – xxxiv. En que el rey no consienta en el tiempo de las sus guerras comprar viandas a regatonería – xxxv. En que el rey ordene porque el sueldo sea bien pagado a sus compañas – xxxvi. En que el rey no desprecie el consejo de los simples – xxxvii. Que el rey haga mucha honra a los buenos – xxxviii. En que el rey honre a los extraños que le vinieren a servir – xxxix. En que el rey no se mueva a las lágrimas y decires de las simples personas – xl. En que el rey no crea las blandas palabras de los que le trajeren enemistad con los pueblos – xli. En que el rey no mande hacer justicia en el tiempo de la su saña – xlii. En que el rey no se arrabate a hacer ningún hecho hasta que lo piense – xliii. En que el rey más sea temida la su voz por pena que por sangre – xliv. En que el pueblo no entienda en el rey cobardía ni temor alguno – xlv. En que el rey non deje de hacer bien mientras pudiere – xlvi. En que el rey si piensa y conoce quien es, y ha de ser, non puede hacer mal hecho – xlvii. En que el rey se duela de los tristes que viere ser ante sí – xlviii. En que el rey debe dar a Dios loor de las glorias de los vencimientos – xlix. En que el rey no tema la muerte, sino encomendarse a buenas obras – l. En que el rey no dé lugar a los acarreadores de malicia – li. En que el rey tema y ame Dios sobre todas las cosas – lii. En que el rey no crea a hechiceros ni agoreros ni adivinos – liii. En que el rey parta lo que diere la su tierra por los meses del año – liv. En que el rey el su sí sea sí, y el su no sea no – lv. En que el rey no tarde los hechos sobre lo que hubiere habido determinado consejo – lvi. Tìtulo en que el rey non crea a los lobos que andan en vestidura de ovejas – lvii. En que el rey no espere de hacer amigo al que hace su enemigo sin causa – lviii. En que el rey debe apartar de si los necios y omnes sin discreción – lix. En que el rey non consienta en el su tiempo ser forzadores los poderosos – lx. En que el rey cuando viere crecer el daño, no espere el tiempo de la venganza – lxi. En que el rey no crea de ligero, y que por el yerro non olvide el servicio – lxii. En que el rey no apodere a los poderosos en las fortalezas – lxiii. En que el rey cuando se viere en mayor poderío, que entonces sea en mayor humildad – lxiv. En que el rey no sea perezoso cuanto tuviere cercana la fortuna – lxv. En que el rey en los grandes hechos y peligrosos non fie su consejo sino en los suyos verdaderamente.

18Proporrei perciò un uso meno “generoso” di questa etichetta, distinguendo fra i testi che possono a pieno titolo fregiarsi di essa e quelli che, tra le altre cose, contengono caratterizzazioni delle figure di potere in linea con gli ideali politici a loro contemporanei, o in cui sono presenti riflessi più o meno consistenti — che possono anche aver costituito il motore stesso dell’impresa letteraria — di avvenimenti dell’attualità o del passato particolarmente significativi in senso positivo o traumatizzante. Credo che in questo caso rientriamo più nell’ambito della historia magistra vitae che in quello dello speculum vero e proprio : il testo si avvicina così, è vero, all’exemplum ma in un ambito più esteso rispetto a quello rappresentato dalla fruizione, principalmente, da parte dell’individuo regale ; e soprattutto esso viene a confinare con la dimensione della memoria piuttosto che con quella dell’addottrinamento tout court. Mi sembra che le parole di Aimé Petit — studioso che peraltro usa abbondantemente l’espressione speculum principis — relative al Roman de Thèbes possano essere accolte in pieno anche adottando, nella loro lettura, la differente ottica che ho proposto :

  • 17 A. Petit, Naissance du roman. Les techniques littéraires dans les romans antiques du xiie siècle, L (...)

[Quanto alla Thébaide] certes, il ne reproduit pas pour autant avec l’exactitude attribuée dans ces cas aux chroniqueurs un épisode de l’histoire des Plantagenêts. Il est vrai aussi que le thème de la lutte opposante deux frères pour la possession d’un royaume remonte bien à l’Antiquité mais il fait plus que coïncider, il correspond avec un passé historique assez récent. […] Le poète médiéval a choisi la Thébaide comme point de départ non seulement parce que la fiction, le mythe antique est considéré a priori comme historique, mais aussi parce que la donnée essentielle de la Thébaide, sans épouser avec une totale exactitude l’histoire de la préhistoire de la dynastie des Plantagenêts [cioè la lotta tra Robert Courtheuse e Henri i Beauclerc, 1100-1106], l’évoquait à coup sur pour son public17.

  • 18 Cito da M. Aurell, L’empire des Plantagenets (1154-1224), Paris, 2003., p. 45.

19Il mito si rivela quindi, in questo contesto, funzionale alla memoria storica : lo dimostrano le sue citazioni diffuse fra i cronachisti di corte, ad es. quella di Orderico Vitale, che nella Historia Ecclesiastica (Lib. ix) instaura un parallelo tra i due figli di Edipo e i due figli di Guillaume le Conquérant ; o di Richard de Devizes, contemporaneo e ammiratore di Riccardo Cuor di Leone, il quale, citando la Thébaide, afferma nel suo Chronicon che la dinastia angevina è la « confuse maison d’Oedipe »18. Il mito tebano entra a far parte stabilmente dell’immaginario politico e può essere chiamato in causa ogni volta che si prospetti, storicamente o narrativamente, una situazione di conflittualità di un certo tipo :

Einz li dient qu’il li sovieigne
de la gerre qu’Etyoclés
prist encontre Polinicés,
qui estoit ses freres germains,
s’ocist li uns l’autre a ses mains. (Cligès, 2494-2498)

20Non si vuole negare in assoluto la possibilità di associare i termini Alessandro Magno-speculum principis-Reconquista. Si muove infatti in questa direzione l’interpretazione di Thomas Ricklin del Libro de los doze sabios, legato, ricordo, al nome di Fernando iii :

  • 19 T. Ricklin, « Alfonso x El sabio e la filosofia in castigliano. Le dimensioni di un progetto cultur (...)

Il testo parla esplicitamente di conquista segnalando attraverso questa parola non solo un campo ben reale dell’applicazione del sapere raccomandato al sovrano, ma offrendo al contempo al giovane guerriero di stirpe reale e lettore del testo un modello di identificazione di primo grado. Solo qualche capitolo più avanti infatti il nobile lettore avrebbe appreso che Alessandro Magno era il primo fra quelli « que conquistaron mucho ». […] Sono proprio i dodici savi ad aver fornito ad Alfonso il parallelismo tra il grande conquistatore e suo padre, l’insigne guerriero19.

  • 20 La sezione alessandrina è stata editata a parte in T. González Rolán y P. Saquero Suárez Somonte (e (...)

21Analogamente infatti a quanto narrato per il Macedone, nell’ultimo capitolo, aggiunto dopo la morte del padre, Alfonso convoca il consiglio dei dodici saggi proponendo loro di incidere sulla tomba di Fernando ciascuno un dicho, presentando quindi indirettamente un’associazione implicita fra il padre e il conquistatore orientale. Ma la storia si interrompe qui : Alessandro non diviene l’avatar della monarchia castigliana. Allo stato attuale delle mie conoscenze non ho riscontrato alcun particolare elemento “alessandrino” nella produzione alfonsina : la Estoria de Alejandro, traduzione della Historia de Preliis inserita nella iv parte20, è infatti solo una delle tante estorias unadas che compongono il mosaico della General, senza che si possano evidenziare caratterizzazioni particolari o particolari propensioni verso di essa da parte degli autori.

22Aggiungo che, nella Penisola Iberica, nel contesto strettamente politico, l’immagine di Alessandro sembra avere una tendenza ad agire tanto da “figura” positiva quanto negativa.

  • 21 Madrid, Real Academia de la Historia, ms. 78, x-xi sec., di origine navarra ; esiste una copia arag (...)

23Per il primo caso, un’associazione analoga a quella proposta da Ricklin viene avanzata anche da Helena de Carlos per l’inserzione dell’Item in Alexander (derivato dall’Apocalissi siriaca dello Ps. Metodio e incentrato sull’episodio di Gog e Magog), alle cc. 177r-v del codice di Roda21. Stretto fra la Historia Gothorum di Isidoro e la Crónica di Alfonso iii :

  • 22 (H. de Carlos, « Alejandro en el códice de Roda », Troianalexandrina, 8, 2008, p. 39-58. Sul tema c (...)

Alejandro non es aquí tan sólo el protagonista de algunos de los hechos narrados por Orosio ; es sobre todo un símbolo, el del monarca pacificador y cristiano, el debelador de la barbarie y el paganismo. Es “figura”, en el ámbito hispánico, de Alfonso iii. […] La Crónica profética es una apocalipsis recortada y adaptada a Hispania, a las circunstancias del reino astur : el destino providencial de Alfonso es librar a la Iglesia del yugo sarraceno. […] De aquí que la misión de Alfonso y del emperador de los últimos días es la misma22.

  • 23 Cf. i titoli dell’autore in Bibliografia, § 4.

24Un esempio del secondo caso ci viene invece fornito da Victoriano Nodar Fernández con la sua lettura del programma iconografico della cappella del Salvador nella cattedrale di Santiago (realizzata fra il 1075 e il 1080)23, dove sono rappresentati Alfonso vi e il vescovo Diego Peláez, fra i quali non correva buon sangue tanto da arrivare alla deposizione del prelato. Il capitello in cui è raffigurato Alfonso è affiancato da un altro capitello dominato da un personaggio che tiene per il collo due uccelli, scena identificata dall’autore con quella del volo di Alessandro trasportato dai grifoni. Considerando i rapporti fra i due personaggi :

  • 24 V. Nodar Fernández, « Alejandro, Alfonso vi y Diego Paláez : una nueva lectura del programa iconogr (...)

No extraña que en esta capilla se haya utilizado la figura de Alejandro como “exemplum” para Alfonso vi. Este como Alejandro es la personificación de la gloria terrestre y de la soberbia. Pero Diego Peláez, como comitente de la obra, no podía presentar al rey así directamente, y entonces, lo hace de una manera indirecta. El rey aparece, de hecho, en una imagen muy digna, siendo protegido por los ángeles. Pero a la misma altura, en el machón contiguo aparece la representación de Alejandro con las aves en el momento de su ascensión24.

25L’ambiente di Santiago si rivela assai interessante perché, secondo l’interpretazione dello studioso, in esso fa la sua comparsa — sempre su un capitello — anche un altro elemento che richiama il mondo letterario e storico/apocrifo alessandrino : vale a dire la rappresentazione di due sirene bicaudate accompagnate dalla figura di tre uomini, iconografia dietro la quale si potrebbe intravvedere il corrispondente passaggio della Epistola Alexandri Magni ad Aristotelem :

  • 25 Id., « La sirena : la metamórfosis de un tema en la catedral románica de Santiago de Compostela », (...)

De confirmarse la relación, nos encontraríamos ante una primicia en la representación de este pasaje de la historia de Alejandro, que rara vez es tratado por las artes figurativas antes de la eclosión de los Romans ilustrados en los siglos xiii y xiv25.

  • 26 Ibid., p. 38.

26In particolare si farebbe riferimento all’episodio in cui i soldati di Alessandro catturano due delle donne dai lunghi capelli che vivono in acqua. In linea con la tendenza da speculum principis del progetto iconografico, già illustrato per il capitello precedente, « el paisaje [...] hay que entenderlo como la muestra del peligro que suponen para el hombre los placeres y posesiones mundanas »26.

27Si pensi invece, per contrasto, al tono con cui si apre il Poema de Fernán González (opera, ricordiamo, di un anonimo monaco del monastero di San Pedro de Arlanza, da collocarsi nel decennio 1250-60), quelle cc. 3-5 che condensano uno dei temi chiave del poema, vale a dire la perdita e la riconquista della Spagna :

Contar vos he primero de commo la perdieron
nuestros antecessores, en qual coita visquieron ;
commo omnes deserdados fuidos andodieron ;
essa rabia llevaron que ende non morieron !
Muchas coitas passaron nuestros anteçessores,
muchos malos espantos, muchos malos sabores,
sufrien frio e fanbre e muchos amargores :
estos viçios d’agora estonz eran dolores.
En tanto, desde tiempo ir vos he yo contando
commo fueron la tierra perdiendo e cobrando
<...> fasta que todas fueron al conde don Fernando.

(PFG, 3-5)

28Riconquista appunto, Reconquista : non a caso il poema offre una testimonianza precoce in castigliano del termine cruzado, impiegato sistematicamente fra le sue coplas. E ancora :

  • 27 L. Fernández Gallardo, « La idea de “cruzada” en el Poema de Fernán González », eHumanista, 12, 200 (...)

Tal vez haya que interpretar las anacrónica referencias del poema a África en el marco de la geografía política de la segunda mitad del siglo xiii, como escenario de las empresas cruzadas alentadas por Alfonso x. En efecto, África representa en el PFG el espacio del que procede la amenaza frente a la cual se movilitan los cruzados castelanos. Desde esta perspectiva, las empresas bélicas de Fernán González constituirían la “figura” de la cruzada africana del siglo xiii27.

  • 28 Cf. i titoli dell’autore in Bibliografia, § 4. Precedentemente studiato anche da C. Settis Frugoni, (...)

29Vorrei citare, per concludere, un altro interessantissimo caso iconografico che rivela molteplici punti di contatto con il nostro Libro e risponde allo stesso spirito dei già citati capitelli di Santiago de Compostela : si tratta del mirabile mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto (1163-65), voluto dal sacerdote Pantaleone e dall’arcivescovo Gionata), ampiamente analizzato da Manuel Castiñeiras28. L’impressionante “racconto in tessere’’, che si articola sulle tre navate, è costruito intorno al motivo dell’albero del male. Ma su questo tema biblico della radix peccati si innesta poi un variegato apparato iconografico che attinge in parte a una determinata tradizione extra-biblica latina, quella stessa tradizione che si intreccia con il mondo romanzo :

  • 29 G. M. Castiñeiras, « L’Alessandro anglonormanno e il mosaico di Otranto : una ekphrasis monumentale (...)

Oltre a raccogliere diversi episodi della storia dell’umanità, il mosaico si presenta allo spettatore come una monumentale mappa geografica, nella quale si incontrano i piú diversi animali, esseri favolosi e distinte razze della terra : elefanti indiani, amazzoni, gimnosofisti, pigmei, sirene, centauri, sfingi, grifoni, unicorni ecc...29

30Non sarà difficile, anche solo da questo sommario elenco, riconoscere in tale foresta iconografica il mondo alessandrino dell’Epistola ad Aristotelem, della Collatio cum Dindimo, e di tutti quei testi che associano il nome del Macedone all’idea dei mirabilia orientali.

  • 30 Ibid., p. 50.

31Ma non è questo l’elemento di maggiore interesse. La prima notazione riguarda la navata centrale dove, oltre all’enciclopedia sopra ricordata, si immortala il peccato della superbia raffigurando, in successione, la caduta di Adamo ed Eva, la costruzione della torre di Babele e il volo alessandrino : ci muoviamo cioè nello stesso ambito — quanto a tipologia di peccato e immagini a esso associate — del Libro de Alexandre. Questa sequenza si ripercuote specularmente nella navata destra dove sono raffigurati, nell’ordine : un bestiario, i giganti di Babilonia, Samuele che profetizza la caduta della torre, un montone bicornuto (si tratta forse di un’allusione all’Alessandro-capro della Historia Scholastica di Pietro Comestore ? Mi sembra che questo particolare derivante dall’opera latina renda non necessario chiamare in causa, come spesso si è fatto, l’appellativo arabo Dhu’l karnein per giustificare l’espressione castigliana in LdA 1954a, « el cabrón cornaludo de la barba honrada »). Nella navata sinistra poi si raffigura l’inferno in cui discende Natura : dietro l’ideatore del mosaico di Otranto si rivela così, grazie a questa immagine, un lettore dell’Alexandreis30.

32Alessandro, dunque, come i costruttori della torre di Babele, Alessandro come Adamo, Alessandro il superbo ; analogamente al caso di Santiago, Alessandro, o meglio l’immagine di Alessandro e i grifoni — non quindi la sua intera parabola vitale ma un frammento di essa, così come poteva essere il compianto dei filosofi intorno alla sua tomba nell’ambito letterario — in associazione con un re : un re condannato a Santiago, un re celebrato — il normanno Guglielmo — a Otranto. Secondo l’interpretazione già proposta da Chiara Frugoni :

  • 31 Ibid., p. 44.

Si tratta quindi di un vero e proprio speculum principis la cui raccomandazione è quella di respingere il cammino della superbia e di ricercare le vie della salvezza, esemplificate in Otranto nelle rappresentazioni del Buon Ladrone che entra nel Paradiso, nei lavori dei mesi [ancora un calendario, come nel LdA !], o nelle figure bibliche di Sansone e Gionata31.

33In conclusione, Alessandro può dunque rappresentare effettivamente un exemplum negativo per un sovrano, sovrano che in entrambi i casi (Santiago e Otranto) viene nominato (con una tendenza generale fra gli specula principis la cui assenza colpisce nel LdA se lo si vuole interpretare in senso strettamente cortigiano) ; ma a essere funzionale allo scopo è un episodio specifico, ripetutamente evocato, e non l’intera biografia del Macedone, che pone non pochi problemi di gestione ; e il peccato in questione è la superbia.

  • 32 Per una storia dell’associazione Babilonia — terra e città — con Babele, e del sincretismo fra la g (...)

34A questo punto, nel mosaico di Otranto si produce lo stesso incrocio di tradizioni che si genera nel LdA in seguito alla sua commistione tra forma clericale e materia romanzesca : l’Alessandro del romanzo e il suo mondo pieno di mirabilia sono trascinati nell’orbita clericale, piegati a una visione del Macedone coniugata con l’idea di peccato e fatti confluire in una genealogia ben precisa che ha fra i suoi esponenti Adamo e i giganti babilonesi costruttori della torre di Babele32 :

  • 33 L. Harf-Lancner, art. cit., p. 410. L’associazione giganti/torre di Babele è evocata anche nella Al (...)

Avec saint Augustin s’ancre dans la culture de l’Occident médiévale une interprétation allégorique de Babel selon laquelle la tour érigée contre Dieu par le géant Nemrod est le symbole de la démesure humaine. Pour saint Jerôme, la tour de Babel symbolise l’orgueil intellectuel de l’homme qui veut percer les mystères divins curiositate non licita33.

  • 34 M. Gosmann, « Le Roman d’Alexandre et le juvenes : un approche socio-historique », Neophilologus, 6 (...)

35In questo modo, entrando nella dimensione del peccato, quello che viene considerato uno speculum principis diviene in senso più ampio uno speculum principis et hominis. Ci si colloca pertanto ben lontani dalla dimensione non-clericale del Roman d’Alexandre con la sua esaltazione della largitas e condanna dei sers de put ere nell’ottica di una riconciliazione feudale34.

36Attraverso oscuri (per il momento) legami — da ricercare forse in una visione per così dire “mediterranea” della vicenda alessandrina e della materia romanzesca —, almeno rispetto ad alcune delle sue componenti, le figure fatte emergere sul pavimento otrantino dalle tessere del mosaico risultano “illustrazioni” più adatte per le coplas castigliane delle miniature che accompagnano gli alessandrini francesi.

Anmerkungen

1 Cf. i titoli dell’autore in Bibliografia, § 3.15.

2 Cf. i titoli dell’autrice in loc. cit.

3 M. Haro Cortés, Los compendios de castigos del siglo xiii : técnicas narrativas y contenido ético, Anejos xiv de la revista Cuadernos de Filología, Valencia, 1995, p. 15.

4 Ead., La imagen del poder real a través de los compendios de castigos castellanos del siglo xiii, Valencia, 1998, p. 16-19.

5 J. M. Nieto Soria, « Les miroirs des princes dans l’historiographie espagnole (couronne de Castille, xiiie-xve siècles) : tendances de la recherche », in : A. De Benedictis e A. M. Pisapia (a cura di), Specula principum, Frankfurt am Main, 1999, p. 193-208.

6 Per un’introduzione cf. Bibliografia, § 3.15.

7 A. Corbellari, La voix des clercs : littérature et savoir universitaire autour des dits du xiiie siècle, Genève, 2005, p. 53.

8 M. Gosman, La légende d’Alexandre le Grand dans la littérature française du xiie siècle. Une réecriture permanente, Amsterdam-Atlanta, 1997, p. 54.

9 A. Arizaleta, « La figure d’Alexandre le Grand comme modèle d’écriture dans la littérature médiévale castellane », in : L. Harf-Lancne, L. Kappler et F. Suard (dir.), Alexandre le Grand dans les littératures occidentales et proche-orientales, Actes du colloque (Paris, 27-29 novembre 1999), Nanterre, 1999, p. 173-186, p. 176.

10 Alcune figure dell’antichità sono state recentemente analizzate in H.O. Bizzarri, « Grecia y sus filósofos en la Edad Media castellana », Studi Ispanici, 24, 2009, p 11-31.

11 Gosman, op. cit., p. 289.

12 Ibid., p. 21.

13 Ibid., p. 280.

14 F. Mora-Le Brun, « Introduction », In : Thèbes, p. 8

15 E. Baumgartner et F. Vieillard, « Introduction », in : Troie, p. 6.

16 L’etichetta peraltro è molto applicata e pochissimo, se non per nulla, discussa. Assai interessanti, e piuttosto isolate, le riflessioni in questo senso di E. Mar Jónsson, « Les miroirs aux princes sont-ils un genre littéraire ? », in : G. Bührer-Thierry et S. Lebecq, L’Occident sur ses marges (vie-xie siècles). Forme set techniques de l’intégration, Médiévales, 51, automne 2000, p. 140-153. Significativa in primo luogo la riflessione sulla legittimità dello stesso nome : « Avant la fin du xiiie siècle […] on ne trouve pas trace de la “métaphore du miroir” appliquée à un manuel de morale ou d’éthique politique destiné à un roi ou à un prince. […] Les miroirs des xiie et xiiie siècles, c’est-à-dire les oeuvres qui portaient véritablement les titres des miroirs, sont très variés, et certains d’entre eux pourraient être qualifiés de manuel de moral ou de comportament. Mais ces oeuvres-là sont toujours destinées à des religieux. […] On peut donc dire que si le genre littéraire des “miroirs” aux xiie et xiiie siècles déborde d’une façon marginale sur le domaine politique […] la métaphore corrente du “miroir de prince” est absent ». È tuttavia possibile, obiettivamente, individuare una certa unità all’interno di un gruppo di testi, e questa unità è data dalla tematica : il principe ideale. Quanto ai generi coinvolti invece, ci si muove prevalentemente nell’ambito delle opere di morale, della storiografia e dei trattati di filosofia politica. Qualche titolo a conferma, in realtà, dell’assenza del termine speculum : De regis persona et regis ministerio di Hincmar di Reims (ca. 813) ; Liber de rectoribus christianis di Sedulus Scotus (ca. 855) ; De regimine principum di Hélinand de Froidmont (ca. 1200) ; De principis instructione di Giraud de Berry (ca. 1217) ; Eruditio regum et principum di Guibert de Tournai (1259) ; De morali principii instructione di Vincent de Beauvais (ca. 1260). Potremmo facilmente applicare al LdA la domanda che l’autore si pone in una nota (n. 17) : « Que faut-il faire des oeuvres dont une partie seulement correspond à la définition ? ».

17 A. Petit, Naissance du roman. Les techniques littéraires dans les romans antiques du xiie siècle, Lille, 1985, p. 60.

18 Cito da M. Aurell, L’empire des Plantagenets (1154-1224), Paris, 2003., p. 45.

19 T. Ricklin, « Alfonso x El sabio e la filosofia in castigliano. Le dimensioni di un progetto culturale reale-immaginario », in : N. Bray e L. Sturlese (a cura di), Filosofia in volgare nel medioevo, Atti del convegno della Società italiana per lo studio del pensiero medievale (Lecce, 27-29 settembre 2002), Louvain-La-Neuve, 2003, p. 207-245, p. 210.

20 La sezione alessandrina è stata editata a parte in T. González Rolán y P. Saquero Suárez Somonte (eds.), La historia novelada de Alejandro Magno, Madrid, 1982. L’immagine di Alessandro nell’intero corpus della General Estoria è analizzata da W. Jonxis-Henkemans, « Alexander the Great in General Estoria i, ii, iv, v and vi. A discussion on his image », Revista de filología románica, 3, 1985, p. 245-255.

21 Madrid, Real Academia de la Historia, ms. 78, x-xi sec., di origine navarra ; esiste una copia aragonese del xiii sec. — Madrid, BN, 8831 — in cui lo scriba copia al finale la Historia Daretis Frigii.

22 (H. de Carlos, « Alejandro en el códice de Roda », Troianalexandrina, 8, 2008, p. 39-58. Sul tema cf. anche M.C. Díaz y Díaz, « Los textos antimahometanos más antiguos en códices españoles », Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Âge, 37, 1970, p. 149-164 ; J. Gil, « Judíos y cristianos en Hispania (s. viii y ix) », Hispania Sacra, 31, 1978-79, p. 9-88 ; J. V. Tolan (ed.), Medieval Christian Peceptions of Islam, New-York-London, 1996 ; S. Fernández Ardanaz, « Monaquismo oriental en la Hispania de los siglos vi-x », Antiguedad y cristianismo, 16, 1999, p. 203-214.

23 Cf. i titoli dell’autore in Bibliografia, § 4.

24 V. Nodar Fernández, « Alejandro, Alfonso vi y Diego Paláez : una nueva lectura del programa iconográfico de la Capilla del Salvador de la Catedral de Santiago », Compostellanum, 45 (3-4), 2000, p. 617-648, p. 623.

25 Id., « La sirena : la metamórfosis de un tema en la catedral románica de Santiago de Compostela », Codex Aquilarensis, 21, 2005, p. 30-47, p. 38.

26 Ibid., p. 38.

27 L. Fernández Gallardo, « La idea de “cruzada” en el Poema de Fernán González », eHumanista, 12, 2009 ; cf. anche J. J. Victorio Martínez, « L’esprit de Croisade dans l’épique castellane », Marche Roman, 30, 1979, p. 93-101.

28 Cf. i titoli dell’autore in Bibliografia, § 4. Precedentemente studiato anche da C. Settis Frugoni, Historia Alexandri elevati per griphos ad aerem, Roma 1973. Sul tema cf. anche i titoli in Bibliografia, § 3.19.6.

29 G. M. Castiñeiras, « L’Alessandro anglonormanno e il mosaico di Otranto : una ekphrasis monumentale », Troianalexandrina, 4, 2004, p. 40-86, p. 43.

30 Ibid., p. 50.

31 Ibid., p. 44.

32 Per una storia dell’associazione Babilonia — terra e città — con Babele, e del sincretismo fra la gigantomachia greca e la storia biblica attraverso la figura di Nemrod, discendente di Cam — sincretismo che si produce in età ellenistica nell’esegesi alessandrina —, e la loro diffusione nella letteratura a partire dal xiii sec., cf. L. Harf-Lancner, « Héroisme et démesure : Alexandre et la Tour de Babèle », in : S. Baudelle-Michels, M.-M. Castellani, P. Logié et E. Polain-Gautret (dir.), Romans d’antiquité et Littérature du nord. Mélanges offerts à Aimé Petit, Paris, 2007, p. 405-422.

33 L. Harf-Lancner, art. cit., p. 410. L’associazione giganti/torre di Babele è evocata anche nella Alexandreis, ma non in relazione con Alessandro bensì con i persiani : (G, ii, 348-353) « […] quis nos a stirpe Gygantum / ignoret duxisse genus ? Quis bella deorum, / quis coctum laterem structamque bitumine turrim / nesciat a proauis, magnaeque quis immemor urbis / cui dedit aeternum […] confusio nomen ? », tradotto in (LdA, 948) « Los gigantes corpudos, unos omnes valientes, / que la torre fizieron, vuestros fueron parientes ; / torpe es Alexandre, que tan mal para mientes, / si non, non bolverié guerra con tales gentes ». L’associazione si ripete anche nel caso di Poro (LdA, 2025cd) : « De los fieros gigantes trayé generaçión, / era, sól’ de veyerlo una fuerte visión » ; e del guerriero Geon (LdA, 669) : « Yo só de los guerreros que la torre fizieron, / que con los dios del çielo la guerra mantuvieron » : sembrerebbe quasi trattarsi di una sorta di diffuso peccato originale fra gli esponenti del mondo antico.

34 M. Gosmann, « Le Roman d’Alexandre et le juvenes : un approche socio-historique », Neophilologus, 66, 1997, p. 328-339.

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