La villa denominata "Secondo Complesso" di Stabiae: nuovi dati e ricerche
p. 83-94
Résumés
Lo studio si incentra sulla villa romana di Stabiae nota nella letteratura archeologica come “Secondo Complesso”. La villa, costruita sul pianoro di Varano nel I sec. a.C., venne distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. L’edificio, indagato e spogliato di parte dei pavimenti musivi in epoca borbonica, è stato messo parzialmente in luce negli anni Sessanta dello scorso secolo. Per le specificità topografiche ed architettoniche, il Secondo Complesso è classificabile nel quadro delle ville marittime del golfo di Napoli.
The aim of the study is to analize the roman villa located on Varano hill in Stabiae and known, in archaeological literature, as Secondo Complesso. The villa was built during the first century B.C. and was buried and partially destroyed during the eruption of Vesuvius in 79 A.D. The building, partially excavated during the Sixties of the last century, has been already explored and stripped in part of the mosaic floors, during the excavations of Stabiae at the Bourbon age. The villa is part, for the topographic and architectural specificities, of the maritime villas in the Gulf of Naples.
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Keywords : Stabiae, villa Secondo Complesso, architecture
Parole chiave : Stabiae, villa Secondo Complesso, architettura
Texte intégral
1Il presente contributo illustra alcuni risultati della ricerca sviluppati presso l’Università del Salento nell’ambito del Dottorato in Scienze del Patrimonio Culturale, con l’obiettivo di realizzare attraverso lo studio della documentazione edita e di nuovi dati, un’aggiornata messa a punto sulle ville individuate nell’ager Stabianus.1 In particolare si incentra l’attenzione sulla villa del pianoro di Varano (Castellammare di Stabia, prov. di Napoli) convenzionalmente denominata Secondo Complesso2 dall’ispettore onorario della Soprintendenza Libero d’Orsi3 che negli anni Sessanta riportò alla luce una porzione di questo interessante edificio già scavato – anche se non completamente – in epoca borbonica e successivamente interrato.4 Della villa non esiste ad oggi una messa a punto complessiva delle evidenze, e sono stati analizzati esclusivamente i mosaici da M.S. Pisapia,5 mentre chi scrive ha presentato in forma preliminare l’apparato pittorico conservato in parte in situ e in parte nel Museo Archeologico di Stabia Libero d’Orsi.6
2Il pianoro di Varano sovrasta l’abitato moderno di Castellammare di Stabia (fig. 1) e, nell’antichità, grazie alla sua posizione strategica, consentiva il controllo della costa e il collegamento sia tra il mare e l’entroterra sia, attraverso i valichi, con le coste meridionali della Campania. Il pianoro risulta frequentato tra il VII sec. a.C. e il 79 d.C.7. Per quanto attiene all’età romana, nell’area archeologica sono stati individuati i resti di Stabiae, un oppidum – noto dalle fonti letterarie8 e dagli scavi sia di epoca borbonica9 sia del XX secolo10 – caratterizzato da un reticolo di strade ortogonali lungo le quali si dispongono domus e tabernae, nonché da un’area pubblica in cui si è identificato il foro.
Fig. 1. Il pianoro di Varano, Castellammare di Stabia, Napoli (© Google Earth, rielab. di M.C. Napolitano)..

3In età romana lungo il ciglio del pianoro venne edificata, senza soluzione di continuità e per una lunghezza complessiva di 1,8 km, una serie di ampie villae; nell’ager Stabianus sono inoltre attestate numerose ville rustiche e impianti produttivi11 utili allo sfruttamento agricolo del territorio, sepolto nel 79 d.C. sotto una coltre di materiale piroclastico.
4Prima dell’eruzione del Vesuvio il pianoro di Varano era sia più prossimo al mare sia posto ad una quota più elevata rispetto a quella attuale, che sfiora i 50 metri di altezza. Sul pianoro le ville romane appaiono edificate con un orientamento sostanzialmente analogo e si distribuiscono longitudinalmente adattandosi all’orografia del terreno. In particolare il fronte mare (fig. 2) risulta realizzato colmando il salto di quota con terrazzamenti, rampe e gallerie, che costituivano la parte più scenografica degli edifici.12
Fig. 2. Il fronte della collina di Varano; in evidenza, da sinistra, le ville: Villa del Pastore, Villa Secondo Complesso e Villa Arianna (© Google Earth, rielab. di M.C. Napolitano).

5Tra questi, la Villa Arianna,13 il cui impianto risale all’epoca tardo-repubblicana e ha un’estensione di 14.000 mq, conserva un parapetto decorato con pinnacoli che si appoggiava su un robusto muro di contenimento del terreno rinforzato da profondi arconi (fig. 3).
Fig. 3. Villa Arianna, sostruzioni (© M.C. Napolitano, su concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei).

6Ad una seconda terrazza, posta al piano inferiore, si accedeva per mezzo di una scala ancora oggi esistente; un’altra rampa di scale consentiva infine di pervenire a una terza terrazza che a sua volta si affacciava su una stradina funzionale a raggiungere il mare e gli approdi,14 posti a poca distanza dal piede della collina.
7In prossimità della Villa Arianna, negli anni Novanta del secolo scorso, smottamenti franosi hanno messo in luce sostruzioni articolate su quattro livelli che fungevano da contenimento della parete della collina e da base alla Villa del Pastore15 (fig. 4), un complesso residenziale di 15.000 mq, che giace oggi interrato.
Fig. 4. Villa del Pastore, sostruzioni (© M.C. Napolitano, su concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei).

8Le sostruzioni, databili tra l’ultimo quarto del I sec. a.C. e il primo quarto del I sec. d.C., trovano confronto in quelle di Villa Arianna e in opere ingegneristiche funzionali a sostenere le terrazze dei litorali rocciosi (un esempio significativo è il Santuario di Giove Anxur a Terracina).16
9La medesima sistemazione del fronte mare è ipotizzabile, tenuto conto della continuità strutturale e funzionale, anche per il Secondo Complesso (fig. 5), collocato a 37 metri da Villa del Pastore e separato mediante un vicus di 1,80 m di ampiezza da Villa Arianna.
Fig. 5. Villa Secondo Complesso, planimetria (© A. Balasco; rielaborazione grafica: SIAV 2008).

10Il vicus (18) costituiva la via di accesso che collegava l’area collinare, per mezzo delle sostruzioni del ciglio del pianoro, con la fascia costiera bassa dove potevano esserci edifici isolati e nuclei abitativi oltre che il tracciato della strada per Surrentum e piccoli approdi;17 probabilmente tale viabilità era stata creata per rispondere alle esigenze delle grandi residenze private e dei praedia costruiti sulla collina di Varano.18
11Durante gli scavi borbonici del Secondo Complesso si evidenziarono parte degli ambienti abitativi e un quartiere termale.19 Le strutture, scavate nel 1762 e nel 1775, furono immediatamente interrate dopo la realizzazione della planimetria e il recupero della suppellettile e di parte delle decorazioni musive e pittoriche.20 Della villa oggi sono di fatto visibili esclusivamente gli ambienti riportati in luce nel 1967, in tutto 800 mq di superficie. Le strutture visibili – il lato occidentale del peristilio, con portico su tre lati, e alcuni vani panoramici a nord dello stesso – in questi ultimi anni sono solo in parte visitabili a causa del pessimo stato di conservazione soprattutto degli ambienti a ridosso del ciglio del pianoro i quali, già in parte franati nel 79 d.C., risultano danneggiati dal progressivo smottamento della collina, che ne ha provocato il parziale crollo a valle.
12Nell’edificio residenziale è possibile distinguere un settore settentrionale ed uno occidentale. Sul lato NE, immediatamente al di sotto del piano pavimentale della villa, a ridosso del ciglio del pianoro, compaiono delle strutture pertinenti al primo livello della basis villae; tali strutture sono prospicienti agli ambienti 7-8-10-11. Si conserva: una struttura a pianta rettangolare più esterna; la struttura è, allo stato attuale, invasa dalla vegetazione; si distinguono almeno 3 ambienti, con volta a botte, rivestiti internamente con intonaco bianco impermeabilizzante; negli angoli è evidente il pulvino. Addossati a questa struttura, nella parte interna, vi sono tre setti murari di cui sono visibili solo le creste sporgenti dall’interro. Il paramento esterno è di restauro, in opus incertum di pietre calcaree. Si tratta di cisterne per l’approvvigionamento idrico del complesso residenziale. In direzione O, a m 12 ca. di distanza dalla cisterna compare un varco ipogeo, non ispezionabile a causa dell’impervia ubicazione.
13Nel settore settentrionale l’ambiente (1), solo parzialmente messo in luce, costituisce il portico di un peristilio rettangolare (fig. 6). Quest’ultimo, del tutto interrato, era caratterizzato da una grande vasca quadrangolare, dotata di una fistula di piombo funzionale a giochi d’acqua. A nord del portico (1) si sviluppa una serie di ambienti, in comunicazione visiva attraverso larghe finestre, che presentavano la medesima decorazione parietale e si affacciavano sul golfo.
Fig. 6. Villa Secondo Complesso, ambienti a nord del peristilio (1) (© M.C. Napolitano, su concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei).

14Gli affreschi del settore settentrionale, decorati con uno zoccolo rosso in cui si stagliano eleganti rettangoli, colonnine esili nella zona mediana o candelabri che la dividono in pannelli, si datano in età augustea e vanno inseriti nella prima fase del III stile anche grazie al confronto con le pitture dell’edificio residenziale individuato a Roma nei pressi di via Flavia21.
15Pitture analoghe a quelle degli ambienti a nord del portico si riscontrano nel settore occidentale e più precisamente nella “loggia panoramica” (in pianta al numero 12), così definita nei diari borbonici perché, probabilmente aperta mediante un colonnato sul golfo. Su di essa, che conserva la parete sud con tre grandi aperture e brevi tratti delle pareti laterali, si affacciava l’ambiente (13): un oecus con pavimentazione in opus sectile staccata al tempo degli sterri borbonici22, due finestre sulla parete est e il lato nord aperto verso il golfo. Dall’oecus (13) provengono frammenti di pitture – attualmente conservati nel Museo Archeologico di Stabia – con paesaggi e architetture, villae maritimae e scene caratterizzate da porti, imbarcazioni e pescatori23. Le raffigurazioni richiamano la posizione della villa in epoca romana più prossima, rispetto ad oggi, alla costa. L’oecus (13) aveva nella parete sud – di fronte all’ingresso – un grande quadro di cui oggi resta solo la parte inferiore troppo evanida per poterne ricostruire il soggetto (si riconosce solo una figura umana); le altre pareti presentano raffigurazioni con piante e animali di vario genere.
16L’ambiente (14) – un ampio triclinium – si apre, mediante la parete sud, su un piccolo tablinum (21) in asse con la porta di accesso alla loggia (12). A sinistra del triclinium vi sono i cubicula, a destra è il corridoio (22) (fig. 7).
Fig. 7. Villa Secondo Complesso, ambienti a ovest del peristilio (1) (© M.C. Napolitano, su concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei).

17Il corridoio confluisce in una zona non del tutto messa in luce. In quest’area, in corrispondenza della parete sud dell’oecus (13), nell’angolo orientale, vi è una nicchia con copertura a volta, decorata con intonaco bianco e fasce rosse; la presenza del foro per la tubazione sul fondo permette di ipotizzare che si tratti di una fontana per l’approvvigionamento idrico del settore destinato ai servi, vicino alla strada e pertanto facilmente accessibile.
18Le decorazioni del settore occidentale della villa Secondo Complesso presentano nella zona mediana della parete bordi imitanti motivi tessili, e al centro un quadro o una vignetta. Tali pitture si collocano nella fase di transizione tra il III stile finale e il IV stile iniziale, in età claudio-neroniana (41-68 d.C.) come si evince dai confronti con le pitture della Casa dei Vettii24 a Pompei, della Villa di Poppea ad Oplontis25 e, a Stabiae, di Villa Arianna.26
19Nel cubiculum (15) si conserva nell’angolo nord-ovest, al di sotto della pittura a fondo nero di età claudio-neroniana, una decorazione riferibile a una fase precedente, costituita da alto zoccolo giallo, delimitato da una fascia rossa piuttosto spessa: tale decorazione, conservatasi perché nell’ultima fase di vita della villa a questo tratto murario si addossava una struttura lignea con base a listelli di marmo,27 trova confronto in schemi di decorazione parietale di II stile, databili alla seconda metà del I sec. a.C.
20È altresì ipotizzabile che gli ambienti diversamente orientati siano stati edificati rispettando l’andamento del vicus (18): indicherebbe ciò la cortina muraria esterna realizzata, così come gli ambienti a nord del portico, in opera incerta, con blocchi in tufo grigio di Nocera e materiale lavico; per tutti gli altri ambienti del Secondo Complesso è invece adottata la tecnica in opera quasi reticolata e reticolata. Lo stesso fenomeno potrebbe riscontrarsi – sempre a Stabiae – a Villa San Marco dove recenti ricerche hanno evidenziato che l’estremo settore settentrionale della villa è stato così realizzato, probabilmente nella fase iniziale di costruzione dell’intero complesso, rispettando l’orientamento della strada.28
21Per quel che riguarda i mosaici si segnala che essi furono per lo più staccati dai Borbone per fungere da pavimentazione delle sale del Museo Ercolanese di Portici; successivamente, tra il 1805 ed il 1822, tali manufatti furono trasportati – sempre per essere utilizzati come pavimentazione – nel Real Museo Borbonico di Napoli. I mosaici sono stati studiati da M.S. Pisapia che ne ha ricostruito la provenienza grazie ai carteggi e ai disegni borbonici editi dal Ruggiero: sulla base della dimensione e della decorazione delle tessere, si individuano tre fasi: la più antica si inquadra in età tardo-repubblicana29; la successiva in età augustea,30 l’ultima fase risale alla metà del I sec. d.C. 31
22Indicazioni cronologiche sulla villa fornisce anche l’analisi dei bolli laterizi rinvenuti negli anni 1967-68 e oggi conservati al Museo Archeologico di Stabia. Una catalogazione è stata realizzata da M. Martins Magalhaes32 nell’ambito di un lavoro più ampio sulla documentazione epigrafica del territorio stabiano. In via preliminare – sulla base dello studio dei reperti condotto durante la ricerca di dottorato – si segnala che le tegole del Secondo Complesso che presentano il bollo Volumni (7 bolli dagli ambienti 1-13-14-17) sono riferite ad età tardo-repubblicana o augustea.33 Una datazione al I sec. d.C. è proposta invece per le tegole con bollo L. Anni Deli, 9 esemplari rinvenuti negli ambienti 4-14 e 17. Questi dati sono in accordo con le fasi di impianto e con le modifiche architettoniche e decorative incorse all’interno dell’edificio.
23Si riscontrano altresì alcune «anomalie» nelle murature e negli apparati decorativi, dovute a modifiche o a restauri attribuibili forse a cambiamenti di gusto del proprietario, ma anche ad esigenze pratiche (ad esempio, i danni causati alle strutture sulla collina di Varano da terremoti come quello del 62 d.C.). A interventi di ristrutturazione e/o riparazione si ascrive la chiusura della finestra di collegamento tra le stanze (8) e (9); in questo stesso settore del complesso, una porta appare tamponata nella parete est del corridoio (11) adiacente all’ambiente (10). Sia la porta che la finestra potrebbero essere state chiuse per problemi statici dovuti all’instabilità geologica del pianoro. Nell’ambiente di servizio (20) – inizialmente realizzato con funzione di corridoio simmetrico al corridoio (22) ma poi trasformato in deposito – una soglia marmorea si sovrappone al pavimento in cementizio a base fittile con tracce di rubricatura; in tale ambiente nel 79 d.C. erano in corso lavori di ridipintura parietale, come attesta la presenza di intonaco grezzo. Analoghi lavori erano in atto nell’ambiente (22), in cui al cementizio a base fittile si sovrappone uno strato di malta di preparazione alla pavimentazione definitiva. Nei diari borbonici si evidenzia l’assenza di pavimentazione nel portico del peristilio e nel calidarium delle terme (oggi interrato), in quelli del d’Orsi si registra il rinvenimento nel portico (1) di un dolio con sedimenti di calce spenta. È pertanto ipotizzabile che, al momento dell’eruzione, fossero in corso lavori di restauro in tutto il complesso residenziale.
24Sulla base dei dati esaminati è possibile proporre, in via preliminare, per il Secondo Complesso, la seguente suddivisione in fasi:
- I fase (tardo-repubblicana): a questo periodo dovrebbe risalire il primo impianto della villa di cui si conservano le murature in opera incerta degli ambienti a nord del peristilio fino al muro meridionale dell’esedra (13).
- II fase (augustea): è attestata dalla decorazione parietale in III stile iniziale degli ambienti compresi tra il portico (1) e la loggia panoramica (12), nonché da alcuni mosaici.
- III fase (claudio-neroniana): si inquadrano in questa fase le decorazioni parietali e pavimentali, databili alla metà del I sec. d.C.
- IV fase (tra il 62 d.C. e il 79 d.C.): a questo periodo risalgono i rifacimenti in via di ultimazione al momento dell’eruzione del 79 d.C. e legati, forse, agli esiti del terremoto del 62 d.C., la ripavimentazione e ridipintura del corridoio (20); la ripavimentazione del corridoio (22), del peristilio e del calidarium.
25In conclusione va sottolineato come il Secondo Complesso si configuri perfettamente sul piano architettonico e topografico come una villa marittima; caratteristici delle ville marittime appaiono, infatti, la posizione elevata e panoramica con affaccio sul mare e lo sviluppo in pianta del complesso residenziale con l’asse maggiore che, seguendo l’andamento del pianoro della collina, consentiva sia di disporre le parti più ampie e rappresentative – loggia e saloni – in una posizione ottimale sul piano dell’esposizione sia di godere il panorama del golfo. Alla luce delle conoscenze attuali non possiamo formulare ipotesi circa l’esistenza di un fondo collegato al Secondo Complesso o di strutture, quali ad esempio vivai o peschiere – finora non documentate in relazione alla villa – utili a consentire lo sfruttamento del mare, prima e precipua risorsa naturale delle ville marittime. Tuttavia, nonostante ciò, e nonostante del Secondo Complesso la documentazione nota consenta di cogliere esclusivamente gli aspetti connessi al lusso e all’otium, non è possibile escludere che tale villa, oltre a costituire un ameno luogo di villeggiatura e l’espressione dell’alto livello sociale del suo anonimo proprietario, esercitasse una forza attrattiva anche sul piano dello sfruttamento economico, soprattutto delle risorse marine. Un aspetto questo che è auspicabile ricerche archeologiche future aiutino a chiarire.
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Sodo 2001 = A.M. Sodo, I rinvenimenti recenti: le sostruzioni della Villa del Pastore, in Camardo – Ferrara 2001, p. 97-98.
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Torelli 2000 = M. Torelli, Domi nobiles e lateres signati, in P. Boucheron, H. Broise, Y. Thébert (a cura di), La brique antique et médiévale. Production et commercialisation d’un materiau, Roma, 2000, p. 311-321 (Collection de l’École française de Rome, 272).
Notes de bas de page
1Questo tema finora non è stato mai trattato in modo sistematico, ossia partendo da una schedatura analitica della documentazione edita – elementi architettonici, pittorici, musivi, di arredo e suppellettile domestica – relativa alle ville note ed inquadrabili cronologicamente tra il II sec. a.C. e l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Elemento di novità e approfondimento nella ricerca è lo studio integrale di due complessi residenziali ancora solo parzialmente noti, la Villa Secondo Complesso e la Villa del Pastore, quest’ultima attualmente interrata. Nell’ambito della ricerca questi due complessi residenziali sono stati analizzati per la prima volta, in modo complessivo. Affrontando lo studio di entrambi gli edifici residenziali si è proceduto ad una integrazione tra le informazioni d’archivio e quelle raccolte a seguito degli scavi del XVIII e XX secolo che, seppure incomplete, ci forniscono elementi determinanti per la comprensione dei complessi. A questi aspetti si è aggiunto lo studio di tutti i materiali in essi rinvenuti – inediti ed editi – e l’analisi della documentazione, ad oggi esistente e recuperabile, relativa ad inventari, fotografie aeree, planimetrie e disegni. Si prospetta una pubblicazione dei risultati raggiunti.
2Lafon 2001, p. 421, n. 31; Napolitano 2012, p. 79-88.
3Durante la seconda ripresa degli scavi a Stabiae nel secolo XX, le indagini all’interno della villa Secondo Complesso cominciarono nella primavera del 1961 (d’Orsi 1996, p. 346).
4Nella pubblicazione dei documenti di scavo di epoca borbonica compiuta da M. Ruggiero si legge che: dai primi giorni di luglio alla fine di settembre del 1762, si scavò: «una piccola porzione dell’edificio disegnato alla tavola V, nel podere che fu di Pietro e poi d’Ignazio Girace» (Ruggiero 1981, p. 172). Alla tavola V compare la planimetria relativa alla villa denominata Secondo Complesso.
5Pisapia 1989, p. 51-58; Pisapia 2002, p. 109-117.
6Napolitano 2012, p. 79-88; 2014, p. 19-24; Napolitano – Puglia 2014, p. 55-69; Napolitano 2020, p. 191-196.
7Tale dato resta legato all’analisi della necropoli di Via Madonna delle Grazie, ricadente nel territorio dei comuni di Gragnano e Santa Maria la Carità e indagata nella seconda metà dello scorso secolo a più riprese; la necropoli ha restituito oltre 300 sepolture che coprono un arco cronologico che va dalla metà del VII sec. a.C. fino al III sec. a.C. (Miniero 1988, p. 244; Albore Livadie 2002, p. 119-132; Miniero 2002, p. 133-137; Sorrentino–Viscione 2002, p. 139-146).
8In età sannitica tale territorio si chiamava Stabiae come testimonia un’iscrizione osca da Pompei degli edili M. Siuttiis e N. Puntiis, databile al III sec. a.C.; l’iscrizione fa riferimento ad una (viam) húnttram stafiianam, cioè una via Stabiana inferiore. Le fonti letterarie attestano che il toponimo si conservò in età tardo-repubblicana e imperiale. Il nome di Stabiae è riportato in: App., B.C. I, 40, 186; Plin., N.H., III, 70; Ovid., Met., XV, 711, Col., X, 135; Plin., Ep., VI, 16,12; Stat., Silv., III, 5,104; Sil., Punica, XIV, 409; Gal. De methodo medendi V, 12; Symm. Ep. VI, 17. Le espressioni Stabianum in riferimento all’ager ricorrono in: Cic. Ad Fam. VII, 1,1; in Stabiano ricorre in: Plin., N.H., XXXI, 9; mentre in Plin., N.H., XXXII, 17 il riferimento è forse al sinus. Litus stabianus compare in: Sen., Q.n., VI, 1 (Senatore 2003, p. 11). Non è noto il nome del territorio in epoca precedente a tali fonti menzionate, così come ancora incerto resta il significato del nome: l’etimo Stabiae (Plin., N.H., 32, 8), potrebbe essere collegato alla radice italica stha, staf che vuol dire “collocare”; in alternativa il toponimo potrebbe derivare dal vocabolo latino stabulum, stalla, ovvero luogo ove vi erano molte stalle; secondo altri dal verbo greco ίστημι, restare, fermarsi, quindi luogo di soggiorno (D’Angelo 2002, p. 171-180).
9Ruggiero 1881; Rossano 2001, pp. 17-22; Allroggen Bedel 2002, pp. 101-108.
10Kockel 1985, p. 521-529; d’Orsi 1996; Camardo 2001a, p. 69-72.
11Kockel 1985, Abb. 23; Miniero 1988, p. 231-271; Miniero – Di Giovanni – Gasperetti 1991-1992, p. 17-66; Miniero 1993, pp. 581-594; Miniero 2013, 170-176.
12Sodo 2001, p. 97-98; Salza Prina Ricotti 2002, p. 9-22; Nappo 2002, p. 53-64; Di Maio – Pagano 2003, p. 197-245.
13Allroggen Bedel 1977, p. 47-50, tav. 12-17, 2; Kockel 1985, p. 525-528; Allroggen Bedel 2001, p. 56; Sampaolo 2010, 68-73; Noble Howe et al. 2016; 2018, p. 97-119.
14Di Maio – Pagano 2003, p. 205.
15Kockel 1985, p. 529-531; Camardo 2001b, p. 93-96; Sodo 2001, p. 97-98.
16Cicirelli 2017, p. 45-48.
17Come già sostenuto da D. Camardo (Camardo 2001c, p. 78) è possibile che il vicus si ricollegasse alla strada rinvenuta da P. Miniero (Miniero 1987, p. 173-209) durante gli scavi del 1981, in cui si riportò in luce un settore rustico della Villa Arianna. Tale strada battuta metteva in comunicazione il corpo meridionale della villa, costituito dalla parte rustica, con l’entroterra agricolo. Sulla base del tipo di muratura e sull’analisi della paleografia di un’iscrizione rinvenuta, questa parte della villa fu datata non oltre l’età augustea. A ciò va aggiunta una strada di uscita verso il pianoro delimitata da due setti murari con andamento N-O e S-E in opus reticulatum, collegata ad est ad un ambiente di forma rettangolare. Questo rinvenimento è stato effettuato durante dei saggi di scavo eseguiti nel 2007 dall’allora SAP, tra l’impianto di Villa Arianna e il Secondo Complesso (Bonifacio 2008, p. 567). Tale asse conduceva all’area meridionale di villa Arianna, ora interrata.
18Di Maio – Pagano 2003, p. 205; Esposito 2012, p. 159.
19Ruggiero 1881, p. 181.
20Le pitture e i reperti, inediti e attualmente conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, sono parte del progetto di dottorato condotto da parte di chi scrive.
21Le pitture dell’ambiente absidato di III stile dell’edificio sito in via Flavia sono oggi conservate a Roma, presso il Museo Nazionale Romano (Baldassarre et al. 2006, p. 180-181).
22Ruggiero 1881, p. 182.
23Napolitano 2020, p. 191-196.
24Archer 1990, p. 95-122.
25Clarke – Muntasser 2014.
26Allroggen Bedel 1977, p. 47-50, tav. 12-17, 2; Allroggen Bedel 2001, p. 56.
27Bonifacio – Sodo 2001, p. 180.
28Recenti studi hanno postulato una anteriorità della strada rispetto alla Villa San Marco, pur nell’ambito di un rapporto di sostanziale contemporaneità; l’impianto urbano è stato datato all’epoca triumvirale (Ruffo 2009, p. 87-102).
29La soglia di riuso del cubiculum 19 è decorata da una losanga inscritta in un rettangolo (Pisapia 1989, p. 54); la decorazione appartiene ad un tipo decorativo generalmente usato assieme ad altri motivi, mentre come soglia è più rara; a Stabiae si trova utilizzata, oltre che nel Secondo Complesso, in altri due contesti: nella soglia dell’atrium di villa San Marco e nella pavimentazione dell’ambiente (N) di villa Arianna (Pisapia 1989, n. 92); questo motivo decorativo è databile in età tardo-repubblicana.
30Il pavimento dell’ambiente (11) con stelle a sei punte che insieme a quelle a quattro punte, sono un motivo di transizione fra I sec. a.C. e I sec. d.C., soprattutto inserite in esagoni disegnati come nel pavimento dell’oecus (A) di Villa Arianna (Pisapia 1989, p. 48, n. 92).
31Sia la grandezza delle tessere che l’uso dell’ordito orizzontale della fascia di raccordo confermano, secondo la Pisapia (Pisapia 1989, p. 53), la datazione più tarda dei pavimenti del settore occidentale rispetto ai pavimenti del lato settentrionale.
32Magalhaes 2006, p. 137-175.
33Torelli 2000, p. 311-321.
Auteur
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Maria Cristina Napolitano
Università del Salento, mariacristinanapolitano2@gmail.com
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