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    Publications de l’École française de Rome
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    Plan

    Plan détaillé Texte intégral O temperatae dulce Formiae litus! La ricerca subacquea nelle ville marittime La villa di Gianola e il cosiddetto Porticciolo Romano La villa di Tiberio a Sperlonga Le strutture sommerse nella baia di Fontania Bibliographie Notes de bas de page Auteurs

    Villae maritimae del Mediterraneo occidentale

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    Table des matières

    Ricerche di archeologia subacquea nelle ville marittime del Lazio meridionale

    Gianola, Sperlonga, Gaeta

    Fabrizio Pesando et Michele Stefanile

    p. 41-52

    Résumés

    Dal 2013 al 2017, l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" ha promosso alcuni corsi di formazione in Archeologia Subacquea, offrendo una prima conoscenza teorica agli studenti. In stretta connessione con queste iniziative didattiche, che hanno avuto un riscontro altamente positivo, si colloca Ricognizione Subacquea del Lazio Meridionale, nata da una convenzione tra l'Università e la Soprintendenza Archeologica del Lazio, con l'obiettivo di realizzare una serie completa di rilievi e una documentazione, sia tradizionale che innovativa, delle ville marittime, gli insediamenti balneari, i porti e gli allevamenti ittici molto diffusi in epoca romana lungo le coste del Lazio meridionale.

    From 2013 to 2017, the University of Naples “L’Orientale” has promoted some laboratory training courses in Underwater Archaeology, at an undergraduate level, offering a first theoretical knowledge to the students. In close conjunction with these educational initiatives, which have had a highly positive feedback, we can collocate the Southern Latium Underwater Survey, created as a part of an agreement between the University and the Superintendance for Archaeology of Latium, with the aim of carrying out a complete series of surveys, and a documentation, both traditional and innovative, on the maritime villas, seaside settlements, harbours and fish farms that were very popular in the Roman times along the coasts of Southern Latium.

    Entrées d’index

    Keywords : Gianola, Sperlonga, Gaeta, laboratory training, Underwater Archaeology, coastal landscape, survey

    Parole chiave : Gianola, Sperlonga, Gaeta, formazione, archeologia subacquea, paesaggi costieri, ricognizione

    Texte intégral O temperatae dulce Formiae litus! La ricerca subacquea nelle ville marittime La villa di Gianola e il cosiddetto Porticciolo Romano La villa di Tiberio a Sperlonga L’isolotto-giardino Le murene dell’imperatore Fari, crolli e resti in mare Le strutture sommerse nella baia di Fontania Bibliographie Notes de bas de page Auteurs

    Texte intégral

    O temperatae dulce Formiae litus!1

    1Relativamente vicino a Roma e al centro del potere, caratterizzato da un paesaggio marittimo di rara bellezza e ricco di richiami ai miti di Enea e delle peregrinazioni di Odisseo in Occidente, il Lazio meridionale costiero fu, a partire dalla fine del II secolo a.C., il primo e principale centro di diffusione di una forma architettonica che ebbe straordinaria importanza nei secoli a venire: la villa maritima2.

    2Prima ancora che verso il Golfo di Napoli e i Campi Flegrei, dove ville sontuose attirate dalle numerose sorgenti calde naturali disponibili fiorirono senza soluzione di continuità, regalando agli occhi di chi osservava da mare – secondo un famoso passo di Strabone3 – l’illusione di un’unica città da Miseno alla Penisola Sorrentina, l’attenzione dei personaggi più in vista della Roma tardo-repubblicana si rivolse a quel dolce litorale della mite Formia, come più tardi ebbe a definirlo il poeta Marziale,4 dove l’amoenitas loci, legata alla presenza di seducenti promontori rocciosi e accidentati dopo la lunga piana pontina, bassa e malsana, rendeva possibile il godimento di un meritato otium e dove, sempre secondo Marziale, i proprietari potevano finanche pescare a canna dalla finestra di casa, o confortarsi con il consumo di pesce fresco pur col più tempestoso dei mari, grazie al rifornimento continuo garantito dalle piscinae.

    3Restano oggi ruderi imponenti di quelle lussuose ville a picco sul Mediterraneo e su piccole baie d’acqua cristallina; ambienti residenziali e di servizio, strutture di approdo, terme, cisterne e aree produttive, esposti da secoli alle intemperie, all’erosione, alla costante risalita del livello marino, o alle sue variazioni locali per effetto del vulcanesimo, e oggi sempre più minacciati dalla pressione umana, dall’incessante consumo del suolo, dall’occupazione sistematica dei litorali per mezzo di villini e seconde case, che a partire dagli anni Sessanta del Novecento si è diretta verso quegli stessi ameni litorali che tanto furono cari a Cicerone, a Mamurra, a Sempronio Atratino o a Munazio Planco.

    La ricerca subacquea nelle ville marittime

    4In questo quadro complesso, che dovrebbe condurre forse verso una maggiore riflessione sulle criticità dei tanti siti costieri disseminati lungo gli oltre 7000 km di litorali italiani,5 penalizzati dal fatto stesso di trovarsi sulla linea di confine tra terra e mare, dove, in assenza di precisi adeguamenti legislativi, anche gli strumenti di tutela diventano meno efficaci e gestibili, sono paradossalmente i resti subacquei a poter fornire agli archeologi le informazioni più preziose: maggiormente protetti, in linea di massima, dalla speculazione, sommersi spesso a scarsa profondità ma incredibilmente sottostimati (quando non del tutto ignorati) da buona parte degli studi, muri, resti di porti privati e peschiere contengono in sé le chiavi per meglio comprendere le ville stesse; ville magnifiche che, definite da X. Lafon suprema vittoria della terra sul mare per la profonda modificazione del paesaggio connessa con la loro costruzione,6 furono concepite in effetti proprio per essere viste e raggiunte dall’acqua: così almeno ce le mostrano le tante iconografie superstiti, in particolare nel corpus della pittura parietale pompeiana; così ce le restituisce l’archeologia, con l’identificazione degli ambienti più significativi proprio sulla linea che al tempo del loro utilizzo marcava l’interfaccia terra-mare: waterfront arditi per la cui realizzazione accidentati promontori calcarei (di certo meno lavorabili di quelli tufacei che ospitarono le ville flegree) venivano pazientemente plasmati, appianati, raccordati con ponti e rifasciati di muri.7

    5Dal 2013 al 2017, nell’ambito di un accordo di convenzione con l’allora Soprintendenza Archeologica del Lazio, un’équipe di archeologi subacquei dell’Università di Napoli “L’Orientale”, con la direzione scientifica di Fabrizio Pesando e la direzione sul campo di Michele Stefanile, ha inaugurato una serie di ricerche proprio nella parte sommersa di alcune ville del Lazio meridionale costiero (fig. 1). Il Southern Latium Underwater Survey ha permesso così di raccogliere nuovi dati su strutture finora poco note, offrendo al tempo stesso degli eccezionali cantieri di formazione pratica in archeologia subacquea per gli studenti dell’Ateneo napoletano, in condizioni di totale sicurezza per gli operatori e per i siti stessi.

    Fig. 1. Le villae maritimae oggetto di ricerca nel corso del Southern Latium Underwater Survey
    (© M. Stefanile).

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    La villa di Gianola e il cosiddetto Porticciolo Romano

    6Come primo caso di studio è stata scelta la villa maritima su terrazze di Gianola,8 sul lato occidentale del promontorio del Monte di Scauri, vera e propria oasi verde tra le dense urbanizzazioni estive dei litorali di Minturno e Formia. La grande residenza, parzialmente indagata perlopiù nella sua parte emersa,9 costruita verosimilmente intorno alla fine del II secolo a.C., come testimoniato dal riconoscimento di murature in opera incerta e di decorazioni parietali e pavimentali in alcuni casi riferibili al I stile, è stata tradizionalmente legata alla figura di Mamurra,10 il ricchissimo praefectus fabrum al seguito di Cesare in Gallia che per primo, secondo le fonti, si dotò a Roma di una casa interamente rivestita in marmo. Al momento non esistono prove certe a sostegno di questa attribuzione, resa problematica dalla cronologia dei rivestimenti parietali e dei lacerti in pavimentum signinum ancora visibili, di qualche decennio anteriori al floruit del sodale di Cesare: quel che è indubbio è che la villa ebbe vita lunghissima, come dimostrato da recenti lavori da parte della Soprintendenza nella parte sommitale del complesso, dove un singolare monumento ottagonale, pesantemente danneggiato durante la Seconda Guerra Mondiale, ha restituito una ricca serie di ritratti tardoimperiali. È lo stesso monumento, che doveva connotare l’intero promontorio ponendosi in relazione diretta con costruzioni simili visibili sulle altre alture del sinus Formianus (si pensi al maestoso monumento di Munazio Planco sul Monte Orlando di Gaeta, o al vicino, gigantesco, tamburo funerario di Sempronio Atratino, celato alla vista solo per via dei moderni edifici in cemento fioriti alle spalle del centro storico di Gaeta), a regalare un’insperata sequenza costruttiva, ponendosi al vertice di uno straordinario nucleo edilizio, caratterizzato dalla monumentalizzazione dell’intera area sommitale del colle di Gianola con una duplice rampa ad L, a cornice di uno spazio roccioso con gradonate, per una probabile cascata acquea tra massi, gradoni e sculture (fig. 2).

    Fig. 2. Il nucleo centrale della villa maritima di Gianola (© M. Stefanile).

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    7Il fronte a mare, che modella il profilo costiero del promontorio per quasi un chilometro, era caratterizzato da terme, splendidamente realizzate a picco sulla scogliera, approdi e grotte, oltre che da una notevole piscina per l’allevamento ittico.

    8Nel corso della I campagna, nel 2013, ricercatori e studenti dell’Orientale hanno potuto compiere una prima serie di ricognizioni nelle acque antistanti la terrazza inferiore della villa, in snorkeling e in immersione con autorespiratore. Lavori puntuali nell’area del cosiddetto ‘Porticciolo Romano’ hanno permesso di riconoscere, al di sotto delle strutture di un porticciolo moderno, realizzato ad uso dell’ultimo proprietario del sito, il nobile Afan de Rivera,11 le tracce dell’antica peschiera, che sfruttava una profonda e ben riparata insenatura naturale (fig. 3); l’impianto, di particolare importanza per la sua antichità e complessità, caratterizzato da dimensioni (1550 mq), lontane dagli eccessi di Torre Astura, ma comunque al di sopra della media registrata per le peschiere di area tirrenica,12 era suddiviso in vasche destinate a pesci di differenti specie e dimensioni (sul modello delle piscinae loculatae citate da Varrone,13 divise come le cassettine in cui i pittori separano i colori), segnalate dalla presenza di una ventina di blocchi lapidei scanalati per il passaggio delle saracinesche, e sfruttava l’apporto combinato di acqua marina e acqua dolce,14 proveniente da una serie di sorgenti naturali, con canalizzazione artificialmente scavata nella roccia, per l’allevamento ittico: un modo di mitigare il problema dell’evaporazione dell’acqua in un bacino semichiuso, garantendo il mantenimento di salinità, ossigenazione e temperatura adeguate alle necessità biologiche dei pesci.15

    Fig. 3. La piscina della villa maritima di Gianola (© M. Stefanile).

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    9Il muraglione frontale dell’impianto, rivolto verso il mare aperto, era caratterizzato da un largo varco dotato di un sistema di doppia chiusura per mezzo di grate mobili, coincidente con la bocca d’ingresso del porticciolo moderno; si poteva così procedere alla cattura di pesce adulto dalla pescosa baia antistante sfruttando la marea, sul modello di quanto le fonti descrivono per le più antiche piscinae, realizzate approntando cataractae binatae nei canali d’accesso delle lagune costiere.16 Non è da escludere la presenza di spazi per la lavorazione in situ del pesce allevato, riconoscibili forse negli ambienti oggi interrati visibili lungo il margine orientale dell’impianto; se è infatti evidente che nelle grandi peschiere monumentali la lavorazione del pescato, attività evidentemente sporca e maleodorante, sarebbe incompatibile con le necessità e le caratteristiche delle villae, in un caso come Gianola, in cui la piscina è ben distanziata dal nucleo residenziale del complesso, non è da escludersi la presenza di una vera e propria produzione industriale, sul modello di quanto descritto dalle fonti antiche in relazione ai favolosi profitti ottenuti dalle prime generazioni dei costruttori di piscinae.

    10Nel 2014 i lavori sono proseguiti, anche grazie al supporto logistico del Parco Regionale Riviera di Ulisse, che ha fornito mezzi nautici e personale; la segnalazione e la documentazione grafica e fotografica di tutte le evidenze archeologiche localizzate nei fondali antistanti la villa, fino a una batimetria di -7 m., hanno consentito di comprendere meglio lo sviluppo del complesso, dalla prospettiva del mare, mettendo in stretta relazione con le strutture a terra i numerosi resti sommersi (crolli pertinenti al settore termale, tratti di cunette ed elementi architettonici relativi ai lunghi xystoi che permettevano il collegamento dei vari settori della terrazza inferiore, frustuli di marmi e resti di pavimentazioni in sectile), e ottenendo dati interessanti sulla modificazione della linea di costa nel corso dei secoli.17

    11È stata documentata così anche un’imponente grotta marina, rivestita sui lati da possenti murature e sovrastata da una volta artificiale in parte precipitata in mare, caratterizzata inoltre, sul fondo, da una vena d’acqua dolce e da un camino di risalita di servizio, con ben visibili gli incavi delle pedarole, che permetteva, da una camera naturale ampia, ma dal basso soffitto, di raggiungere alcuni ambienti residenziali soprastanti, contraddistinti da pregiati pavimenti e da un’invidiabile quanto romantica posizione verso il tramonto. Era questo uno dei punti focali dell’intera villa, proiettato verso il Monte Orlando di Gaeta, su cui come si è detto venne a un certo punto edificato il maestoso monumento a tamburo di Munazio Planco, al centro di un sistema che vedeva sontuosi ambienti su terrazze sovrapposte, collegati da rampe e passaggi voltati e percorsi da canali d’acqua, le cui tracce sono ancora pienamente leggibili nel banco calcareo.

    La villa di Tiberio a Sperlonga

    12La villa della spelunca (fig. 4), in cui trascorse lunghe stagioni l’imperatore Tiberio, che l’aveva ereditata dalla famiglia della madre, è stata interessata dalle ricerche più significative del Southern Latium Underwater Survey, svolte a partire dal 2014,18 in coordinamento con un’équipe dell’Università di Milano.19 L’intero fronte a mare della gigantesca residenza imperiale di Sperlonga, e il complicato sistema di vasche e piscine, disposte all’interno e immediatamente all’esterno della grande grotta che diede il nome alla villa, sono stati esplorati in immersione, con una documentazione accurata delle strutture, oggetto finora di studi solo parziali: la scoperta dell’Odissea di marmo, il favoloso complesso di sculture comprendente l’accecamento di Polifemo e il gruppo di Scilla, al tempo dei lavori per la costruzione della via Flacca moderna, ha infatti per lungo tempo monopolizzato l’attenzione degli studiosi;20 la stessa interpretazione delle planimetrie ha risentito fortemente di questa prospettiva: spazi e strutture sono stati identificati così principalmente in funzione delle eccezionali sculture,21 che richiamavano nei temi l’altra Odissea marmorea, quella, più tarda, del ninfeo di Claudio nel palatium di Baia.

    Fig. 4. La villa di Tiberio a Sperlonga (© M. Stefanile).

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    L’isolotto-giardino

    13In archeologia anche la verifica di ciò che viene ormai considerato come un dato acquisito regala a volte sorprese inaspettate. Si è potuto riconoscere così, ad esempio, che il cosiddetto isolotto tricliniare,22 spazio emerso al centro di una grande piscina rettangolare parzialmente coperta dalla volta della grotta, non ha mai ospitato i triclini dell’imperatore, né le pergole a riparo dei convitati, come nella ricostruzione tradizionale, unanimemente accettata. Già a una prima osservazione, infatti, è emerso come i “pilastrini” del pergolato, addirittura descritti talvolta come colonnette laterizie,23 fossero invece anfore vinarie Dr. 1, fratte all’altezza del collo, conficcate direttamente nel terreno che riempiva l’isolotto, come dimostra la lettura dei muri interni, visibilmente costruiti contro terra, e destinate alla coltivazione di piante e fiori, come in altre residenze imperiali. Non di ospiti banchettanti fu dunque popolato l’isolotto (sarebbe bastata del resto una semplice analisi delle dimensioni: lo spazio disponibile era limitatissimo), ma di piante, fiori, forse alberi; un vero e proprio giardino “galleggiante”, che assecondava forse anche il pollice verde di Tiberio, cui accenna Plinio (sua fu la selezione di alcune varietà di pere, di sedano e di asparagi), o che faceva parte, magari con piante degne dello Scamandro e del Flegetonte, di quel paesaggio del mito omerico cui si riferivano l’intera decorazione scultorea e persino il lato aperto della grotta, rivolto al più odissiaco dei promontori, il Circeo. Un programma coerente che includeva anche la prua di nave scolpita direttamente nella roccia naturale ai lati della piscina, solo apparentemente estranea ad Omero: la tabella ansata mosaicata con iscrizione Navis Argo Ph., che sembrava richiamare senza dubbio alcuno le Argonautiche di Apollonio Rodio, è stata messa in relazione con l’omonima nave dei Feaci (Ph[aeacum]), legata dunque ancora una volta alle peregrinazioni di Ulisse24.

    14La reinterpretazione dell’isolotto tricliniare permette anche di chiarire un episodio famoso della vita di Tiberio, vale a dire quell’improvviso crollo di parte della volta della grotta a seguito di una piccola scossa di terremoto durante un banchetto: un episodio che segnò il sorgere dell’astro di Seiano, che aveva fatto scudo col suo corpo a quello dell’imperatore mentre altri commensali venivano travolti dai crolli; l’avvenimento avrebbe trovato difficilmente collocazione sull’isolotto, ma acquista senza dubbio tutt’altro significato se spostato in uno spazio laterale della spelonca, riccamente decorato e caratterizzato, oltre che da un raffinato pavimento in sectile, da un rivestimento della volta naturale con pietre lavorate a “finta grotta”25.

    Le murene dell’imperatore

    15La documentazione archeologica in immersione delle vasche all’interno e all’esterno della grotta ha offerto un’opportunità unica per studiare l’articolazione delle piscinae della villa, concettualmente molto ben separate: all’interno della spelonca, infatti, statue e gruppi scultorei si affacciavano su un grande bacino circolare, al cui centro era collocato il gruppo di Scilla; per gran parte fuori dall’ombra della grotta, invece, era posizionata la piscina rettangolare, al cui centro era posto l’isolotto-giardino sulla cui testata si addossavano piccole vasche per l’itticoltura, messe in comunicazione tramite grate e saracinesche; alla piscicoltura era in effetti dedicata l’intera piscina rettangolare, separata forse da quella circolare tramite una paratia mobile la cui soglia potrebbe riconoscersi sul fondale; peschiera riservata però a una specie in particolare, quella murena onnipresente nelle iconografie antiche, spesso mostrata nell’atto di avvinghiarsi a un polpo e a un’aragosta, in una dotta citazione di un passo aristotelico sulle catene alimentari26, e vanto dei più esperti, e ricchi, tra i proprietari di piscinae: furono proprio i vivai per le murene, come raccontano le fonti, a permettere la vendita a cifre esorbitanti della villa di Hirrius, in verità per il resto molto modesta; per non parlare di Licinius Murena, che ad esse fu legato fin nel nome. Le murene d’altronde ben si sposano con il contesto sperlongano, dove l’elemento anguiforme è forte sin dal mito di fondazione, con l’episodio di Amyclae e dei Peloponnesiaci in lotta con i serpenti.

    16Dei famelici pesci, le peschiere di Sperlonga conservano ancora in acqua le antiche tane artificiali (fig. 5): decine di anfore punteggiavano infatti i muri delle vasche (come in alcuni altri esempi, anche nella vicina Torre Paola), con accumuli solo apparentemente disordinati che formavano veri e propri rifugi artificiali; rifugi noti in qualche altro caso, e appositamente costruiti, secondo quanto racconta la nostra fonte più dettagliata sui vivai, il gaditano Columella, per fornire riparo dal sole (specus o similes cellae, opaciores aestuantibus latebrae, da approntare ut protegant refugientes ardorem solis [VIII, 17, 5-6]), oppure, quando realizzati come una conchiglia ritorta (come un’anfora), per far stare a proprio agio proprio la murena (e certamente non delle anatre, come proposto in Gros 1996): sed utcumque fabricatum est, si semper influente gurgite riget, habere debet specus iuxta solum, eorumque alios simplices, et rectos, quo secedant squamosi greges, alios in cochleam retortos, nec nimis spatiosos, in quibus murenae delitescant (Colum., VIII, 17, 2).

    Fig. 5. Indagini subacquee nelle vasche della villa tiberiana di Sperlonga: gli specus per le murenae (© M. Stefanile).

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    17Interpretare le piscinae con anfore nelle murature come murenari è un passaggio di non poco conto per chi si dedica a ricerche di itticoltura antica, considerando che tradizionalmente all’allevamento delle murene si collegano ombrose e profonde peschiere in grotta (come quelle di Ventotene, Ponza-Grotte di Pilato, Capo Miseno-Piscine di

    18Lucullo, Napoli-Villa del Pausilypon), nelle quali, a ben vedere andrebbero forse più prudentemente riconosciute le vasche in petra excisae descritte ancora una volta da Columella e classificate entro le tipologie IA e IB di X. Lafon,27 adatte più in generale all’allevamento di pesci di roccia.

    Fari, crolli e resti in mare

    19Una breve perlustrazione nelle acque introno al promontorio della Torre Truglia, simbolo della moderna Sperlonga, nonostante le numerose segnalazioni raccolte tra gli abituali frequentatori del mare, ha restituito pochissimi materiali: sparuti frammenti ceramici, coppi, tegole ed elementi costruttivi moderni, i resti di un’imbarcazione lignea certamente affondata in anni recenti. Molto più interessante è stata invece una pur rapida ricognizione del promontorio stesso della Torre, dove è stato possibile riconoscere, in alcune murature già segnalate dal De Rossi28 quel che resta di un antico faro in opus reticulatum, i cui cubilia sarebbero poi stati successivamente reimpiegati in un edificio posteriore, disposti su assise orizzontali come nelle fasi più tarde della villa tiberiana. Non stupisce la sequenza edilizia faro romano-torre costiera, tipica di molti luoghi lungo le coste tirreniche, né la presenza stessa di un faro, specola o semplice punto cospicuo di segnalazione, che ben si sarebbe inserito nell’ardito sistema di comunicazione costiera che proprio in età tiberiana consentiva, secondo le fonti, la rapida trasmissione delle notizie da Roma fino alle residenze imperiali di Capri.

    20Le ricognizioni nell’intero tratto di mare antistante Sperlonga, infine, hanno consentito di documentare ulteriori resti nella baia di Capovento (tratti in crollo dell’antica via Flacca) e nella lunga fila di strutture disposte dinanzi alla villa, parzialmente scoperti e ricoperti dalle mareggiate (fig. 6). In questi tratti di murature parallele ai muri conservati sulla spiaggia, che oggi sembrano piccoli moli e strutture d’approdo, andranno piuttosto identificati i resti del waterfront stesso della villa, le banchine sul mare, le passeggiate a pelo d’acqua che siamo abituati a riconoscere nelle tante rappresentazioni di ville marittime dalle pitture vesuviane, i lussuosi quartieri termali (le indagini hanno permesso di documentare anche i resti di una grande vasca in cocciopesto, a una profondità di poco più di un metro), e i fornici stessi della basis villae, secondo consuetudini costruttive ben individuate in altri complessi del Lazio meridionale costiero.

    Fig. 6. Strutture sommerse e semisommerse lungo il fronte della villa di Sperlonga (© M. Stefanile).

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    Le strutture sommerse nella baia di Fontania

    21A Gaeta, infine, tra il lungo arenile di Serapo e la più ridossata cala dell’Ariana, in località Fontania (fig. 7), sono stati identificati e documentati i resti di altre due villae maritimae, ai margini di una baia ben protetta dai venti, delimitata, all’uscita, da un piccolo scoglio semi-affiorante.29 Le residenze, che dovevano essere ben più imponenti di quanto possa apparire oggi, negli sparuti ruderi che compaiono tra la scogliera e i giardini privati delle grandi ville moderne, furono a un certo punto unificate e un grandioso passaggio pontato su pilae, costruite sul modello di quelle dei grandi porti, ma parallelamente alla costa, rese possibile la fruizione dell’intero spazio mediano, sul quale insistevano i fornici della basis villae e, fra essi, gli accessi ad una serie di grotte naturali, rifasciate artificialmente in muratura, con vene d’acqua dolce.

    Fig. 7. Strutture sommerse nella baia di Fontania a Gaeta (© M. Stefanile).

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    22Le ricerche in acqua hanno permesso di riconoscere sul fondale le arcate in crollo e i resti delle rampe che permettevano di accedere alle aree circostanti. Le basi di ciascuna delle due ville si trovarono così ad affacciarsi su una baia interamente privata, che in breve tempo si popolò di nuove costruzioni. Ben protette dal ponte, che all’occorrenza, anche in considerazione del livello marino antico, più basso di circa un metro rispetto a quello attuale, poteva fungere anche da frangiflutti, sorsero aree termali e vasche riccamente decorate: ambienti costruiti a pelo d’acqua, poi sommersi e infine obliterati dalla sabbia.

    23La pulitura superficiale delle vasche ha reso visibili le numerose fasi costruttive, almeno cinque, fino all’abbandono, verosimilmente in età tardoantica, con l’impianto di una fornace per il riutilizzo dei tanti materiali disponibili, e fino alle tracce dell’ultima guerra, con bossoli e proiettili accumulati tra i cubilia in crollo delle specchiature in reticolato e le tubazioni fittili degli ambienti riscaldati. La proposta, formulata in passato,30 di una serie di costruzioni circolari, intersecantesi le une con le altre, da un’estremità all’altra del bacino, non sembra finora aver trovato conferme dal punto di vista archeologico, dal momento che, al netto del pesante insabbiamento della cala, le strutture sembrano comunque limitarsi al settore occidentale.

    Bibliographie

    Andreae 1995 = B. Andreae, Praetorium Speluncae. L’Antro di Tiberio a Sperlonga ed Ovidio, Soveria Mannelli, 1995.

    Cassieri 1995 = N. Cassieri, Primi interventi di scavo archeologico e di conservazione nella villa romana di Gianola, in Formianum, III, 1995, p. 27-33. 

    Ciccone 1990 = S. Ciccone, Una villa romana a Formia con una originale struttura a tumolo, in Palladio. Rivista di storia dell’architettura e restauro, 5, 1990, p. 5-23.

    Ciccone 1995 = S. Ciccone, La sala ottagona della “Domus Aurea” a Roma: il prototipo in un ninfeo di Formia, in Formianum, III, 1995, p. 11-24. 

    Ciccone 1996 = S. Ciccone, Aspetti archeologici e Paesaggio vegetale. Parco Regionale di Gianola e Monte di Scauri, Minturno, 1996.

    Gros 1996 = P. Gros, L’Architecture romaine, II, Maisons, palais, villas et tombeaux du début du IIIe siècle avant J.-C. à la fin du Haut-Empire, Parigi, 1996.

    Higginbotham 1997 = J. Higginbotham, Piscinae. Artificial Fishponds in Roman Italy, Chapel Hill, 1997.

    Jacopi 1963 = G. Jacopi, L’antro di Tiberio ed il Museo Archeologico di Sperlonga, Roma, 1963.

    Lafon 2001 = X. Lafon, Villa Maritima. Recherches sur les villas littorales de l’Italie romaine (IIIe siècle av. J.C.-IIIe siècle ap. J.-C.), Roma, 2001 (BEFAR, 307).

    Marzano 2007 = A. Marzano, Roman villas in central Italy: a social and economic history, Leida, 2007.

    Marzano 2013 = A. Marzano, Harvesting the Sea: The Exploitation of Marine Resources in the Roman Mediterranean, Oxford, 2013 (Oxford Studies on the Roman Economy).

    McDermott 1983 = W.C. McDermott, Mamurra, eques Formianus, in Rheinisches Museum für Philologie, 126/3-4, 1983, p. 292-307. 

    Pesando 1996 = F. Pesando, Autocelebrazione aristocratica e propaganda politica in ambiente privato: la casa del Fauno a Pompei, in Cahiers du Centre Gustave Glotz, 7/1, 1996, 210-211.

    Pesando 2016 = F. Pesando, Navis Argo Ph(aeacum): Sperlonga e un’esegesi tiberiana?, in I mille volti del passato. Scritti in onore di Francesca Ghedini, Roma, 2016, p. 811-816.

    Pesando 2020 = F. Pesando, Cura Hortorum. I giardini palaziali di Ciro e Tiberio, in A. Anguissola, M. Iadanza, R. Olivito (a cura di), Paesaggi Domestici. L’esperienza della natura nelle case e nelle ville romane. Pompei, Ercolano e l’area vesuviana. Atti del convegno (Pompei, 27-28 aprile 2017), Roma, p. 40-52.

    Pesando – Stefanile 2015a = F. Pesando, M. Stefanile, La villa maritima di Gianola. Prime ricognizioni subacquee dell’Orientale di Napoli, in Newsletter di Archeologia CISA, 6, 2015, p. 43-64.

    Pesando – Stefanile 2015b = F. Pesando, M. Stefanile, Rilievi nella parte a mare della villa di Gianola a Formia (LT), in Lazio e Sabina 11. Atti dell’undicesimo incontro di studi sul Lazio e sulla Sabina, Roma, 2015, p. 307-311.

    Pesando – Stefanile 2016 = F. Pesando, M. Stefanile, Sperlonga. Le attività di archeologia subacquea dell’Università di Napoli “L’Orientale” nella villa di Tiberio, in Newsletter di Archeologia CISA, 7, 2016, p. 205-221.

    Pesando – Stefanile 2019 = F. Pesando, M. Stefanile, Gianola e Sperlonga. Le attività di archeologia subacquea dell’Università di Napoli “L’Orientale”, in A. Russo Tagliente, G. Ghini, Z. Mari (a cura di), Lazio e Sabina 12. Atti del Dodicesimo incontro di studi sul Lazio e la Sabina, Roma, 8-9 giugno 2015, Roma, 2019, p. 229-241.

    Salza Prina Ricotti 2006 = E. Salza Prina Ricotti, Le grotte di Polifemo, in Palladio. Rivista di storia dell’architettura e restauro, 37, 2006, p. 5-22.

    Schmiedt 1972 = G. Schmiedt, Il livello antico del Mar Tirreno. Testimonianze dei resti archeologici, Firenze, 1972. 

    Slavazzi 2016 = F. Slavazzi, La villa della grotta a Sperlonga: le nuove indagini, in Rendiconti della Pontificia Accademia di Archeologia, LXXXVIII, Roma, 2016, p. 203-220.

    Stefanile 2015 = M. Stefanile, Living by the sea, building in the sea. Underwater researches in Roman maritime villas on the Thyrrenian coast of Italy: the villa of Gianola (Formia, LT), in Skyllis, 15/2, 2015, p. 133-138.

    Stefanile 2017 = M. Stefanile, Tra terra e mare. Appunti per una riflessione sull’archeologia delle coste, Archaeologia Maritima Mediterranea, 14, 2017, p. 169-176. 

    Stefanile cds = M. Stefanile, Reversing the perspective. Roman maritime villas from the sea, in M. Stefanile (a cura di), Proceedings of the 8th International Symposium on Underwater Research, Procida-Napoli, 2014, cds.

    Stefanile – Pesando 2019 = M. Stefanile, F. Pesando, Le ricerche dell’Università di Napoli “L’Orientale” nelle villae maritimae del Lazio meridionale: Gianola, Sperlonga, Gaeta, in M. Capulli, (a cura di), Il patrimonio culturale sommerso. Ricerche e proposte per il futuro dell’archeologia subacquea in Italia, Udine, 2019, p. 69-78.

    Notes de bas de page

    1Questo contributo riprende, aggiorna e integra quanto già edito in Pesando – Stefanile 2019. A Fabrizio Pesando, venuto a mancare nelle more della pubblicazione di questo volume, si deve l’ideazione del progetto di ricognizione archeologica costiera del Lazio meridionale e il tenace impegno per un suo sviluppo nel corso degli anni, oltre a buona parte delle interpretazioni scientifiche qui presentate e delle idee generosamente condivise con l’intero gruppo di lavoro. La sua genialità, la sua profonda conoscenza dell’archeologia e il suo approccio alla ricerca, entusiasta e coinvolgente, mancheranno a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di collaborare con lui.

    2Lafon 2001; vd. anche Marzano 2007 e 2013.

    3Strab., V, 8, 247.

    4Mart., X, 30.

    5Stefanile 2017.

    6Lafon 2001.

    7Stefanile cds.

    8Pesando – Stefanile 2015a e 2015b; Stefanile 2015; Stefanile – Pesando 2019; Pesando – Stefanile 2019.

    9Cassieri 1995; Ciccone 1990; 1995; 1996.

    10McDermott 1983.

    11Ciccone 1996.

    121000-1300 mq, cf. Marzano 2013, p. 217.

    13Varr., R.R., III, 17, 4.

    14Sul modello dell’aquatio di Cic., De Off., III, 14.

    15Sulla questione, cf. Higginbotham 1997, p. 15; Lafon 2001, p. 171; Marzano 2007, p. 40; Anzidei – Benini in questo volume.

    16Lafon, 2001, basandosi su Columella.

    17Su cui poco aveva scritto lo Schmiedt 1972, p. 142-145. La variazione, che si aggira intorno al metro dal I secolo a.C. a oggi, può avvalersi di una cospicua serie di markers: dalle cataractae binatae ancora in situ nella peschiera del Porticciolo Romano, alle quote degli scarichi in mare della villa lungo l’intero profilo costiero.

    18Pesando – Stefanile 2016; Stefanile – Pesando 2019; Pesando –
    Stefanile 2019.

    19Slavazzi 2016.

    20Jacopi 1963; Andreae 1995.

    21Salza Prina Ricotti 2006.

    22Salza Prina Ricotti 2006.

    23Higginbotham 1997.

    24Pesando 2016.

    25Sulla questione si rimanda ora a Pesando 2020, p. 40-52.

    26Pesando 1996, p. 210-211.

    27Lafon 2001.

    28De Rossi 1980.

    29Lo scoglio della Nave, per il quale erano stati segnalati in passato sporadici rinvenimenti di materiale archeologico, è stato oggetto di ricognizione in immersione lungo l’intero profilo sommerso, senza però alcun risultato apprezzabile.

    Auteurs

    Fabrizio Pesando

    Università degli Studi di Napoli L’Orientale

    Michele Stefanile

    Scuola Superiore Meridionale, collaboratore Istituto Centrale per il Restauro (Progetto MUSAS)

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    1Questo contributo riprende, aggiorna e integra quanto già edito in Pesando – Stefanile 2019. A Fabrizio Pesando, venuto a mancare nelle more della pubblicazione di questo volume, si deve l’ideazione del progetto di ricognizione archeologica costiera del Lazio meridionale e il tenace impegno per un suo sviluppo nel corso degli anni, oltre a buona parte delle interpretazioni scientifiche qui presentate e delle idee generosamente condivise con l’intero gruppo di lavoro. La sua genialità, la sua profonda conoscenza dell’archeologia e il suo approccio alla ricerca, entusiasta e coinvolgente, mancheranno a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di collaborare con lui.

    2Lafon 2001; vd. anche Marzano 2007 e 2013.

    3Strab., V, 8, 247.

    4Mart., X, 30.

    5Stefanile 2017.

    6Lafon 2001.

    7Stefanile cds.

    8Pesando – Stefanile 2015a e 2015b; Stefanile 2015; Stefanile – Pesando 2019; Pesando – Stefanile 2019.

    9Cassieri 1995; Ciccone 1990; 1995; 1996.

    10McDermott 1983.

    11Ciccone 1996.

    121000-1300 mq, cf. Marzano 2013, p. 217.

    13Varr., R.R., III, 17, 4.

    14Sul modello dell’aquatio di Cic., De Off., III, 14.

    15Sulla questione, cf. Higginbotham 1997, p. 15; Lafon 2001, p. 171; Marzano 2007, p. 40; Anzidei – Benini in questo volume.

    16Lafon, 2001, basandosi su Columella.

    17Su cui poco aveva scritto lo Schmiedt 1972, p. 142-145. La variazione, che si aggira intorno al metro dal I secolo a.C. a oggi, può avvalersi di una cospicua serie di markers: dalle cataractae binatae ancora in situ nella peschiera del Porticciolo Romano, alle quote degli scarichi in mare della villa lungo l’intero profilo costiero.

    18Pesando – Stefanile 2016; Stefanile – Pesando 2019; Pesando –
    Stefanile 2019.

    19Slavazzi 2016.

    20Jacopi 1963; Andreae 1995.

    21Salza Prina Ricotti 2006.

    22Salza Prina Ricotti 2006.

    23Higginbotham 1997.

    24Pesando 2016.

    25Sulla questione si rimanda ora a Pesando 2020, p. 40-52.

    26Pesando 1996, p. 210-211.

    27Lafon 2001.

    28De Rossi 1980.

    29Lo scoglio della Nave, per il quale erano stati segnalati in passato sporadici rinvenimenti di materiale archeologico, è stato oggetto di ricognizione in immersione lungo l’intero profilo sommerso, senza però alcun risultato apprezzabile.

    Villae maritimae del Mediterraneo occidentale

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    Pesando, F., & Stefanile, M. (2024). Ricerche di archeologia subacquea nelle ville marittime del Lazio meridionale. In G. Ciucci, B. Davidde Petriaggi, & C. Rousse (éds.), Villae maritimae del Mediterraneo occidentale (1‑). Publications de l’École française de Rome. https://doi.org/10.4000/120wy
    Pesando, Fabrizio, et Michele Stefanile. « Ricerche di archeologia subacquea nelle ville marittime del Lazio meridionale ». In Villae maritimae del Mediterraneo occidentale, édité par Giulia Ciucci, Barbara Davidde Petriaggi, et Corinne Rousse. Rome: Publications de l’École française de Rome, 2024. https://doi.org/10.4000/120wy.
    Pesando, Fabrizio, et Michele Stefanile. « Ricerche di archeologia subacquea nelle ville marittime del Lazio meridionale ». Villae maritimae del Mediterraneo occidentale, édité par Giulia Ciucci et al., Publications de l’École française de Rome, 2024, https://doi.org/10.4000/120wy.

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    Ciucci, G., Davidde Petriaggi, B., & Rousse, C. (éds.). (2024). Villae maritimae del Mediterraneo occidentale (1‑). Publications de l’École française de Rome. https://doi.org/10.4000/120xp
    Ciucci, Giulia, Barbara Davidde Petriaggi, et Corinne Rousse, éd. Villae maritimae del Mediterraneo occidentale. Rome: Publications de l’École française de Rome, 2024. https://doi.org/10.4000/120xp.
    Ciucci, Giulia, et al., éditeurs. Villae maritimae del Mediterraneo occidentale. Publications de l’École française de Rome, 2024, https://doi.org/10.4000/120xp.
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