Capitolo 1. Il contesto archeologico
p. 1-15
Texte intégral
1.1. Inquadramento storico
1Nella seconda decade del IX secolo numerosi attacchi furono portati alle deboli difese della costa tirrenica dell’Impero carolingio appena costituito. Secondo la tradizione storiografica, la città di Cencelle deve la sua nascita proprio a uno di questi disastrosi eventi: la distruzione del porto e dell’intera città di Centumcellae, l’odierna Civitavecchia, nell’813, per mano di musulmani1 (fig. 1).
2Le incursioni furono forse inviate dall’emiro di Cordova, al-Ḥakam, ma l’argomento è molto dibattuto e forse in quel periodo era in atto una tregua nell’ambito del conflitto contro i Franchi che, pochi anni avanti, si erano impossessati della città di Barcellona (801). Non bisogna, infatti, confondere questo genere di imprese militari con le costanti scorrerie, portate da quasi un secolo sulle coste dell’Italia tirrenica, effettuate da gruppi di musulmani fuori dal controllo degli emirati occidentali che erano in quella fase in pieno sviluppo costitutivo, anche se le posizioni degli studiosi non sono sempre convergenti su questo aspetto2.
Fig. 1 – Carta con il posizionamento di Cencelle e Civitavecchia.

3Nell’ambito di questo sforzo bellico, vanno probabilmente inserite le cinque incursioni dall’807 all’822, dirette contro la Sardegna3. La Corsica, le coste della Provenza, la Sicilia e le piccole isole che la circondano non furono risparmiate4. Carlo Magno s’impegnò nella costruzione di una flotta di sorveglianza per la difesa delle coste del suo Impero, minacciate anche al Nord dai pirati Normanni. Dopo aver segnalato le disposizioni prese contro questi ultimi, il suo biografo, Eginardo, scrive:
Al sud, sulle coste della Provincia Narbonense e della Septimania, e lungo tutte le coste d’Italia fino a Roma, prende le stesse misure contro i Mori, che si disponevano a loro volta a esercitare la pirateria. Il risultato fu che, da vivo, fu risparmiato un grande pericolo all’Italia contro i Mori, e alla Gallia e alla Germania contro i Normanni, eccezion fatta di Centumcellae, in Etruria, che grazie a un tradimento fu presa e depredata dai Mori5.
4Le incursioni musulmane di questi primi decenni del IX secolo partirono quasi esclusivamente dalle coste di al-Andalus, in altre parole dalla penisola iberica. La notizia di Eginardo, riportata negli Annales, di una flotta partita nell’812 «dalle coste d’Africa e di Spagna», è ascrivibile a un errore dello storico6. Se si pensa che l’Africa sia l’Ifrîqiya niente, infatti, poteva giustificare, nemmeno in caso di jihad, una collaborazione tra i due regni nemici. La flotta di cui si parla potrebbe però essere salpata dal principato marittimo di Nakūr, sulla costa nord del Marocco, governato da Salih b. Sa’id b. Idris7, alleato degli Omayyadi e in ottimi rapporti con l’Ifrîqiya.
5Nessuna spedizione militare fu inviata dall’emirato aghlabide, prima dell’821, impegnato a risolvere questioni di politica interna. Il potente emirato Nordafricano era per altro in guerra con gli Omayyadi di Cordova. Entrerà in scena, nella lotta per l’affermazione nel Mediterraneo centrale, solo dallo sbarco a Mazzara nell’827, con la lenta conquista della Sicilia, che costituisce una valvola di sfogo per gli eserciti berberi in continua rivolta, ma soprattutto per dare un esito alle tensioni del jund orientale.
6La storiografia locale8, basandosi sulla lettura del testo di una donazione di Pasquale I9, Pontefice dall’817 all’824, e sulla conferma di una donazione di Ludovico I allo stesso Papa10, non crede all’abbandono definitivo della città di Centumcellae nell’813, ipotizzando, per altro, un ritorno allo stesso insediamento costiero già nell’88911.
7Il Liber Pontificalis riporta la notizia che nell’854, ottavo anno di pontificato di Leone IV, viene fondata e munita la città di Cencelle. Dal nome dello stesso pontefice fu chiamata Leopolis12. Leone IV raccolse la popolazione che vagava dispersa nei monti e nei boschi da quaranta anni. Le parole del biografo leoniano sono riassunte dall’epigrafe che sormontava l’ingresso orientale della città, presso la quale fu rinvenuta in frammenti, agli inizi del secolo13 (fig. 2).
8Il sito scelto per la fondazione, locum optimum valdeque munitum14, ha un valore strategico notevole per la protezione del Patrimonium e per la difesa delle coste minacciate dai musulmani15. In quest’ottica, riveste anche un ruolo ideologico non indifferente nella lotta contro i Mori16.
9Il nuovo insediamento, sulla riva sinistra del Mignone, dispone di notevoli risorse di acqua e occupa una posizione dominante sulle terre coltivabili, sui boschi e sulle miniere dei Monti della Tolfa17 (fig. 3).
Fig. 2 – Epigrafe di Leone IV, murata sulla porta della città di Cencelle (rielaborata da Pani Ermini 2003, p. 10, fig. 1).

Fig. 3 – Il sito di Cencelle visto da sud-est.

10Il porto di Centumcellae probabilmente non fu mai abbandonato del tutto. I due insediamenti vengono identificati per un lungo periodo con il medesimo toponimo. Solo dalla seconda metà dell’XI secolo vengono distinti nel nome: la città fondata da Leone IV fu chiamata Centumcellae, mentre il vecchio e precedente insediamento portuale, che dopo il Mille godette di un considerevole risveglio economico, fu chiamato Civitas Vetula18.
11La città dell’entroterra fu sede diocesana almeno sino al 1050, data in cui il vescovo Azone, prende parte a un Concilio indetto da Leone IX19. In questi due secoli di vita, la civitas20, o il castrum21, come recitano alcune testimonianze scritte, rientra nella sfera economica del monastero Farfense22. Sul finire dell’XI secolo la sede diocesana viene inglobata, insieme a quella di Blera, nella diocesi di Tuscania23.
12Nel XII secolo sale alla ribalta il Comune di Corneto (Tarquinia), che si era affermato, dalla fine dell’XI secolo, come punto di approvvigionamento cerealicolo di Genova24. Cencelle nel XIII secolo viene contesa tra Corneto, il papato e Viterbo, quest’ultima in cerca di un approdo marittimo25. La città di Viterbo entra in possesso, nel 1220, di tutti i beni, compresi i diritti sul mare e sul litorale. Bastano tre anni e il papato riscatta i suoi possedimenti nel territorio di Cencelle, ripristinando il suo dominio diretto sulla città26.
13Da quel momento la Civitas Leopolina diviene istituzionalmente un libero comune nello Stato della Chiesa27. In questo periodo, infatti, il Papato aveva cercato di imporsi nell’amministrazione dei Comuni che andavano affermandosi all’interno dei suoi possedimenti. La nomina dei podestà e dei consoli ricadeva nelle competenze della Camera Apostolica, che dietro pagamento concedeva ad alcuni Comuni la libera elezione delle cariche podestarili. Cencelle, in questi ultimi anni del ’200, come in seguito Corneto (1300), si affida alla Camera Apostolica, offrendo la podesteria al Pontefice stesso. In questo modo s’instaura una sorta di signoria della Chiesa, che esercita il suo potere tramite un Vicario.
14Per quanto riguarda l’attività produttiva, tratti caratteristici dell’Alto Lazio così come dell’Italia centrale, in questi decenni di fine XIII secolo, sono il frazionamento della proprietà, fino a un secolo prima nelle mani degli enti ecclesiastici e dell’aristocrazia militare.
15Le migliorate condizioni ambientali, l’incremento demografico, la crescita della produttività agricola, la ripresa della circolazione monetaria unitamente all’urbanizzazione e al conseguente sviluppo di attività economiche, determinano nell’Italia centrale una situazione di «optimum»; questo vale per le città e il mondo rurale28. Con optimum s’intende non solo il punto di massimo sviluppo, in rapporto ai secoli precedenti e seguenti, fino al XVI secolo inoltrato, ma anche che il rapporto tra popolazione e possibilità generali di sostentamento delle stesse raggiunge una condizione d’equilibrio sociale, politico ed economico ottimale29.
16Sul finire del XIII secolo, il 25 Dicembre del 1290, il pontefice Niccolò IV affida la città di Cencelle a frate Paolo dell’Ordine del Tempio30. Non si tratta di un fatto estemporaneo alla politica del Papa, vista la capacità amministrativa dimostrata dai Templari in numerose occasioni, che non è necessario approfondire in questa sede. Lo sfruttamento intensivo delle proprietà terriere, organizzate come le grange cistercensi, permise ai Templari di diventare una potenza economica di prim’ordine31. L’evidenza archeologica mostra una crescita imponente dell’economia e della capacità produttiva dell’insediamento proprio a partire da questo momento. Sono stati inoltre rinvenuti molti boccali in maiolica arcaica decorati nella parte centrale del vaso, subito al di sotto del versatoio, con una croce potenziata32. Lo stesso motivo decorativo è presente anche su ciotole e piatti. Questo tipo di decorazione è attestata in altri centri di produzione dell’Alto Lazio (Viterbo, Tarquinia e Tuscania), dove è conosciuta la presenza di cavalieri templari33 e la presenza di un atelier per la produzione della ceramica, ormai dimostrata ineluttabilmente dalle ricerche dell’Università di Roma negli ultimi anni, nel quartiere orientale della città, è perfettamente in linea con il nuovo dinamismo economico della comunità leopolina.
17La grande maggioranza della popolazione probabilmente lavorava sulla terra e dalla terra traeva i mezzi di sussistenza, come è anche testimoniato dal notevole rinvenimento di attrezzi agricoli nelle abitazioni nell’ultimo periodo di occupazione del sito. Si dovette formare, in questo modo, un vasto ceto di medi proprietari, forse residenti in città. Un secondo fattore di crescita economica è rappresentato probabilmente dall’artigianato, tra cui anche l’attività siderurgica di cui abbiamo testimonianza grazie al rinvenimento di un centro di produzione di oggetti in metallo lavorato e semilavorato (ambiente ‘H’). Non tutto il minerale rinvenuto nel sito proviene da giacimenti tolfetani. Probabilmente nel processo di lavorazione veniva anche utilizzato ferro d’importazione dall’isola d’Elba, come testimonia il rinvenimento di scorie di ematite elbana, nel corso delle indagini stratigrafiche condotte all’interno dell’Isolato scavato dall’École française de Rome, ma anche durante alcune ricognizioni di superficie svolte prima degli inizi dello scavo34. Il commercio di ematite elbana è testimoniato per Corneto fin dal XII secolo da documenti scritti35. In queste testimonianze sono anche indicate le restrizioni imposte da Pisa al Comune cornetano circa il commercio della vena di ferro, detenuta dalla Repubblica marinara fino al 139936.
18Gli alti costi di gestione delle terre, acquisite dai piccoli coltivatori, causarono una riduzione del loro numero e un nuovo accentramento del potere fondiario37. La causa di questo fenomeno va ricercata anche nella necessità di sfruttare il territorio per l’allevamento del bestiame, causando delle fratture sociali ed economiche in numerosi centri laziali e meridionali38. Anche nel centro Leopolino questo equilibrio si interrompe nella metà del XIV secolo, ma la colpa di questa flessione non va attribuita solamente alla diffusione della Peste. Limiti invalicabili si opponevano all’espansione economica. La crisi ebbe inizio, come nel resto del Lazio, probabilmente quando la popolazione divenne troppo numerosa rispetto alla possibilità di sussistenza. Gli apparati produttivi divennero deboli. Prevalse il punto di vista strettamente privato della ricerca della rendita e di alti profitti in tempi relativamente brevi. Il commercio si orientò verso le merci di maggior pregio, che consentivano guadagni cospicui, come le importazioni dalla Spagna e dal Sud della penisola di ceramiche ad alto costo di produzione, mediate dal centro Cornetano.
19Con il trasferimento della Sede Apostolica ad Avignone, il potere esercitato dal papato sui comuni dell’Alto Lazio diviene più debole. L’amministrazione di questi comuni è affidata a un Rettore del Patrimonio39. La città, priva della diretta protezione del papa, viene sottomessa nel 1307 da Corneto40 che resterà in possesso di Cencelle fino al 132041. Dopo questa data torna nelle mani del papato fino al 1396. In seguito la città, o meglio il castrum – come viene definito in questo momento l’insediamento leopolino – verrà ceduto alla famiglia Di Vico per un modesto censo annuo42.
20Nel 1416, due anni dopo essere stata ceduta come feudo a Ladislao di Napoli43 da Papa Gregorio XII, Cencelle risulta essere abbandonata. La notizia si trova nel ‘Registro del sale e focatico’44, che la inserisce tra le terre destructe et inhabitate. È tuttavia probabile che il suo abbandono sia stato lento e graduale, come dimostrano alcuni rinvenimenti archeologici in diverse aree dell’abitato, e fu determinato anche dallo sviluppo delle miniere di allume, il cui sfruttamento spostò il centro gravitazionale del popolamento e degli interessi commerciali verso i monti della Tolfa, facendo nascere l’abitato delle Allumiere e costituendo un nuovo impulso per il porto e la città di Civitavecchia.
1.2. Descrizione dei contesti analizzati
21L’analisi delle evidenze stratigrafiche rinvenute nell’isolato III è stata già presentata in alcuni contributi preliminari e più estesi, ma soprattutto non sono l’obiettivo di questo lavoro45. Mi limiterò quindi a fare una breve sintesi dei contesti per offrire un quadro generale dei reperti di cui parleremo nelle prossime pagine.
22Si tratta principalmente di un quartiere con caratteristiche urbane ben definite, delimitato da due larghe strade pavimentate in pietra trachitica, molto vicino alla porta orientale della città (fig. 4). Oltre a essere un quartiere residenziale, negli edifici scavati sono state rinvenute diverse tracce di attività artigianali, principalmente quelle legate alla lavorazione del ferro e alla ceramica, rispettivamente nell’ambiente ‘H’ (fig. 5)46 e in un ambiente scavato dall’Università D’Annunzio di Chieti, tra la chiesa romanica e la casa-torre, nella zona più prestigiosa della città47.
Fig. 4 – Foto aerea del settore III (F. Bougard).

23L’intera area è stata prevalentemente occupata in un periodo molto recente, tra XIV e XV secolo e solo pochi ambienti presentano tracce di rimaneggiamenti architettonici significativi (ambiente ‘A’ e il suo annesso ‘B’), con materiali riferibili anche alla seconda metà del IX secolo. Alcune evidenze di questa frequentazione sono state individuate anche in un settore a essi attiguo, l’ambiente ‘F’, uno spazio aperto, una sorta di cortile ricavato tra vari nuclei di abitazioni. Sulla superficie di scavo non sono state rinvenute buche di palo, a eccezione di una, livellata poi nelle fasi successive. Negli strati di rialzamento e riempimento delle cavità naturali della roccia su cui s’imposta l’insediamento, sono però stati trovati numerosi frammenti di terra compat tata e in alcuni casi concottata, che possono essere riferiti a crolli di strutture in pisé, poggiate direttamente su zoccoli in pietra secca. La costruzione successiva delle abitazioni in pietra ha però reso del tutto evanescente qualsiasi tentativo di ricostruzione delle forme di questo impianto abitativo altomedievale, almeno in quest’area della città.
Fig. 5 – Pianta complessiva degli scavi condotti dall’Ecole Française de Rome (1994-1999). Disegno di G. Albertini, F. Bougard, S. Scafuri, E. Cirelli.

24Molto più consistenti sono invece le strutture tardomedievali, associate a diverse fasi che si articolano dalla seconda metà del XIII fino agli inizi del XV secolo (Periodi 2-4).
25L’edificio più rilevante dell’isolato è probabilmente quello rinvenuto nel settore ‘A’, che si trova su un livello più alto rispetto agli altri ambienti vicini. La forma dell’ambiente principale, ampia circa 32 mq, è irregolare, determinata dalle varie trasformazioni che si sono succedute nel tempo. Era ben pavimentato in lastre di trachite, disposte in cerchi concentrici. Al suo interno sono stati rinvenuti numerosi attrezzi agricoli, tra cui un falcetto e alcune roncole da vigna in ottimo stato di conservazione48, una lampada in metallo a sospensione corredata del suo perno per l’ancoraggio alla muratura e alcune armi (una spatha, una semispatha, una punta di freccia, alcune quadrelle da balestra e un pugnale), databili in un periodo compreso tra il 1340 e il 1375. Anche il vasellame da mensa si è conservato in maniera eccellente e dimostra un livello sociale piuttosto elevato del proprietario, che poteva acquistare ceramiche importate da varie regioni del Mediterraneo. Il complesso disponeva di un piccolo annesso destinato allo stoccaggio alimentare. Vi è stato rinvenuto un considerevole quantitativo di granaglie e legumi, conservato in un ambiente ventilato grazie a dispositivi interni alle murature e a un rivestimento in argilla e legno che lo isolava e proteggeva dall’umidità49. In una parte rialzata dell’ambiente principale, forse vicino a un’apertura sul lato sud, si trovava un piano di cottura, una sorta di cucina rialzata. Comunicava con lo spazio più ampio attraverso due gradini in pietra. Sul lato ovest, separata da un piccolo tramezzo in muratura, è stata inoltre identificata una stalla (ambiente ‘G’), pavimentata in terra battuta e forse realizzata solo in una seconda fase, restringendo l’ambiente principale dell’edificio ‘A’.
26Sul lato orientale dell’edificio si trova invece un ambiente trapezoidale, collegato in origine al granaio del complesso residenziale. Il suo utilizzo comincia nel momento in cui viene tamponato il passaggio diretto al granaio (ambiente ‘B’), inizialmente chiuso solamente su tre lati. Si affaccia direttamente sulla strada principale che costeggia le mura della città. Quasi tutto l’ambiente è pavimentato con blocchi squadrati di recupero, disposti soprattutto in direzione del fronte stradale. Nella parte posteriore la pavimentazione è invece molto più irregolare e riutilizza tegole frammiste ad argilla in seguito spianate. È sprovvisto di installazioni domestiche di qualsiasi genere. L’ambiente era coperto da un tetto di tegole e dotato di un solo piano. Non vi sono state rinvenute tracce di una qualche frequentazione domestica e la sua posizione lungo la strada, oltre al rinvenimento di alcuni dadi in osso e numerose monete, insieme a molti boccali di maiolica arcaica e ad alcune pedine da gioco lascia aperta l’ipotesi di una sua funzione come piccolo spazio per taberna o per altri usi commerciali nel corso dell’ultimo periodo di frequentazione della città (Periodo 4).
27A fianco di questo spazio sono stati identificati altri due ambienti, appartenenti a un edificio con funzione artigianale (ambienti ‘C’ e ‘H’), aperti lungo la strada lastricata che si avvicina alla porta orientale della città. Un piccolo andito lo separa dall’ambiente precedente, mentre il muro divisorio tra i due spazi è riferibile solo all’ultimo periodo di vita dell’edificio. Inizialmente al centro dell’ampio vano (55 mq) si trovava un pilastro su cui si impostavano due arcate che mettevano in comunicazione ‘C’ con ‘H’. Sotto gli strati di crollo dei due ambienti sono state trovate numerose evidenze di produzione del ferro, scorie di prima riduzione e moltissime altre tracce di lavorazione, dall’arrostimento alla battitura degli oggetti in metallo50. Le attività erano ripartite tra i due settori e mentre nell’ambiente ‘C’ il minerale veniva preparato, la lavorazione e rifinitura avveniva nell’ambiente ‘H’51.
28L’officina del fabbro si trova all’incrocio tra due strade lastricate che lo costeggiano sia sul lato orientale, sia su quello settentrionale. L’accesso all’edificio e ai due ambienti si trova però solo a est. Il lato opposto è più spesso (quasi il doppio) rispetto alle murature perimetrali, attraversato da una canaletta di scolo delle acque piovane, pavimentata con lastrine in calcare compatto, che sfociava direttamente sulla strada. Questa struttura separa l’ambiente ‘H’ da un’abitazione più piccola (ambiente ‘E’) rispetto alle altre case individuate all’interno dell’isolato e forse più sviluppata in alzato. Si tratta di un piccolo edificio a base rettangolare di circa 17 mq, forse con un corpo scala esterno, di cui rimane una piccola struttura a ridosso del muro perimetrale nord, come nelle abitazioni coeve documentate in molti insediamenti altolaziali e anche a Roma52.
29All’interno dell’ambiente è stato individuato un focolare, posizionato sul lato opposto rispetto all’apertura dell’edificio. Al suo interno, sono state rinvenute varie tracce per l’installazione di mobili e altri apprestamenti domestici. Della pavimentazione si conserva solo la preparazione in malta ed era forse costituita da lastre in pietra come negli altri edifici dell’isolato. Al piano superiore di questa abitazione si accedeva anche attraverso una rampa di scale individuata nell’ambiente rinvenuto subito a ovest (ambiente ‘F’), all’interno di un’ampia corte quadrangolare. Questo spazio, privo di copertura e legato all’ambiente ‘E’, è delimitato da uno stretto corridoio a nord, che lo separa dalla strada lastricata e dal muro perimetrale di un altro edificio imponente, scoperto sul lato ovest (ambienti ‘P’ e ‘R’). Il piano è costituito da un battuto in terra. Vi si svolgevano funzioni per il ricovero degli animali e per la rimessa di strumenti agricoli e altri oggetti in metallo, rinvenuti in piccoli depositi verso l’angolo sud-ovest.
30Risalendo verso ovest, lungo la strada lastricata che porta all’area sommitale della città, s’incontra un grande edificio, aperto sulla strada da un doppio ingresso ad arco. In prossimità di quello più occidentale, sul lato interno dell’abitazione, sono stati anche rinvenuti i gradini di una imponente scala in muratura che consentiva l’accesso al piano superiore. Il pianterreno è diviso da una muratura costruita da blocchetti in pietra (tufelli) legati da buona malta calcarea53, parallela al muro perimetrale nord e alla strada lastricata. Due aperture, poste all’estremità di questo muro divisorio, consentono la circolazione tra i due ambienti. La quota di frequentazione si trova a un livello inferiore rispetto alla strada e per colmare il dislivello sono stati installati, nella prima fase costruttiva, due gradini in pietra su entrambe le aperture. A lato della scalinata, che conduce al piano superiore, si trova inoltre una larga vasca circolare in trachite.
31L’intero edificio fu distrutto da un incendio tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, forse lo stesso che colpì l’ambiente ‘A’. Il pavimento era prevalentemente costituito da un battuto in argilla, a eccezione di una piccola zona nell’angolo sud-ovest ben pavimentata in pietra a ridosso di una muratura rialzata, utilizzata probabilmente per il sostegno di una mangiatoia per animali. Negli strati di distruzione è stato recuperato un consistente gruppo di ceramiche rivestite di notevole livello produttivo e ceramiche d’importazione, insieme a molte riserve di cereali che si trovavano probabilmente al piano superiore dell’edificio. Sono stati inoltre recuperati diversi oggetti in metallo, legati al lavoro agricolo, numerosi ferri di cavallo e asino, anelli per catene e altri finimenti per la conduzione degli animali da lavoro nei campi.
32Sullo stesso versante sono state riportate alla luce altre due abitazioni, addossata l’una all’altra senza passaggi stradali intermedi. Si tratta degli ambienti ‘S’ e ‘T’, entrambi affacciati sulla strada lastricata e caratterizzati da murature molto ben conservate in alzato. Il pavimento del primo dei due ambienti è caratterizzato da un battuto in terra, steso per livellare le asperità del terreno roccioso. Al centro dell’abitazione è stato anche rinvenuto un focolare a terra, non delimitato da pietre. Vicino all’apertura si trova invece una cisterna a pianta quadrangolare, rivestita con malta idraulica e destinata al solo utilizzo di questa abitazione. Sullo stesso lato è posizionato il basamento del corpo scala e si conservano i primi gradini che consentivano l’accesso al piano superiore, come nell’ambiente ‘R’. Allo stesso modo, per uscire in strada occorreva utilizzare due scalini in pietra. Il materiale rinvenuto è meno ricco rispetto a quello identificato negli altri ambienti, si segnala tuttavia la presenza di una macina in pietra, legata ad attività di panificazione domestica. Lo stato di conservazione degli alzati ha consentito anche di individuare la presenza di una finestra sul lato sud.
33L’abitazione successiva è speculare a quella appena descritta. Diversamente da quest’ultima, il piano di frequentazione doveva essere in lastre di pietra, di cui si conservano esclusivamente la preparazione in malta e tracce della pavimentazione litica, simile a quella individuata nell’ambiente ‘E’. Nel muro di fondo è stata rinvenuta una piccola nicchia sormontata da un’arcata ogivale ma nessuna finestra, diversamente da quanto osservato nell’ambiente parallelo. Sul lato opposto si trova invece l’accesso, anche in questo caso ribassato rispetto al piano stradale e comunicante attraverso tre gradini in pietra. Negli strati di crollo è stato rinvenuto un mortaio in pietra e numerosi oggetti in metallo, ma la destinazione dell’ambiente sembra essere quella di un magazzino. Sulle murature perimetrali, in particolar modo sul lato ovest, sono visibili, a 3 m di altezza dal piano di calpestio, le buche di alloggiamento delle travi per il sostegno del solaio del piano superiore, cui si accedeva probabilmente dal corpo scala individuato nell’angolo nord-ovest dell’ambiente, a ridosso della piccola cisterna quadrangolare.
34Si tratta di ambienti distinti, forse comunicanti al piano superiore, ma pianificati secondo uno stesso modello edilizio, come probabilmente l’ambiente che si trova ancora sepolto sul lato ovest, sempre lungo la strada lastricata.
35Anche in questo caso gli edifici furono abbandonati nel primo quarto del XV secolo, a causa dello stesso disastroso incendio che coinvolse gran parte dell’isolato, dopo il quale gli abitanti di Cencelle decisero di lasciare definitivamente questa zona della città.
Notes de bas de page
1 Annales Bertiniani, II, p. 510; Vita Karoli, t. II, p. 452. La città saccheggiata, non fu completamente abbandonata, come risulta da una donazione fatta alla cattedrale di S. Pietro nell’817, testimoniata dal Liber Pontificalis (L.P., II, p. 59). Per un aggiornamento sul dibattito storiografico e archeologico sulla fondazione della città di Cencelle: Bougard – Pani Ermini 2001. Per quanto riguarda il dibattito sul gruppo di musulmani che effettuò le incursioni in queste regioni del Tirreno, si veda invece: Sénac 2015, p. 169-174 e soprattutto Picard 2015, p. 295-302. Desidero ringraziare Annliese Nef per i suoi consigli e per le preziose indicazioni su questo capitolo introduttivo.
2 Ancora nell’813 sono segnalati alcuni raids operati dalle imbarcazioni musulmane contro le piccole isole di Ischia, Ponza e Lampedusa, e in alcuni villaggi nelle vicinanze di Reggio. Si veda a proposito: Guichard 1983, p. 55-76. Si veda inoltre: Di Branco – Wolf 2014, p. 125-166. Queste informazioni sono dovute a una lettera del Pontefice Leone III a Carlo Magno, tratta da Monumenta Dominationis Pontificiae, II, p. 72-75.
3 Le incursioni ebbero luogo nell’807, 810, 812, 820 e 821. Si veda a questo proposito: Talbi 1966, p. 391; Besta 1909, p. 35-41. Lo studioso pensa che questi attacchi facessero parte di un piano di attacco, che si proponeva di fare della Sardegna e della Corsica due teste di ponte destinate a facilitare la flotta araba nei raids diretti contro il Golfo del Leone e di quello di Genova, piuttosto che contro il litorale della Toscana e del Lazio. Per quanto riguarda i rapporti tra romani e musulmani in Sardegna e Corsica, si veda: Fois 2014, p. 20-22; Picard – Fois 2014; Fois 2016.
4 Nell’806 gli attacanti venuti da al-Andalus sequestrarono a Pantelleria sessanta monaci, venduti nel mercato iberico come schiavi e riscattati in seguito da Carlo Magno. Si veda a proposito Annales Regni Francorum, p. 272-273.
5 Vita Karoli, t. I, p. 53.
6 Talbi 1966, p. 391.
7 Lévi Provençal 1953, I, p. 347-348; Cressier 2010.
8 Calisse 1908, p. 77; Toti 1992, p. 44.
9 L.P., II, 59.
10 Capitularia regum Francorum, I, p. 353.
11 L’ipotesi è stata già confutata da Lauer 1900, p. 147-153. Per quanto riguarda i due documenti citati, si riferiscono, probabilmente, a un piccolo insediamento portuale, che non fu mai abbandonato, anche quando fu costruita la nuova città di Centumcellae. Si veda a questo proposito: Bougard – Pani Ermini 2001.
12 L.P., II, p. 131-132. Si veda a proposito: Lauer 1900. Il nome del Papa fu utilizzato solo nelle fonti pontificie. L’insediamento, fu chiamato come il precedente: Centumcellae.
13 Marucchi 1898, p. 45; 1900, p. 195-204; Insolera 1984, p. 11-21; Pani Ermini 1996, p. 23; 2003, p. 4.
14 L.P., II, p. 132.
15 Per un inquadramento storico-topografico cfr. Pani Ermini 1992, p. 520- 523. Per gli aspetti generali della topografia altomedievale si veda inoltre: Pani Ermini 2000.
16 Nardi 1993, p. 481-533.
17 In epoca etrusca lo stesso sito fu probabilmente utilizzato per lo sfruttamento delle miniere, soprattutto per l’estrazione del ferro. Per una corrispondenza tra abitato e risorse minerarie nella regione, si veda Zifferero 1995, p. 541-554.
18 Giorgi – Balzani 1892, n. 1096, a. 1072.
19 Mansi, XIX, 582, 771.
20 Viene nominata come civitas nel Liber Pontificalis e nel Regesto Farfense (Giorgi – Balzani 1883, III, n. 439).
21 Liber Largitorius, n. 77, a. 920.
22 Si tratta di un riferimento alla cella di S. Maria del Mignone, a proposito della quale si veda: Del Lungo 1994, p. 5-95.
23 La notizia è fornita da una epigrafe della chiesa di S. Pietro a Tuscania, come è testimoniato in Campanari 1865, II, p. 25 e in Raspi Serra 1971, p. 76.
24 Supino 1968, p. 115-147; Abulafia 1974, p. 224-234.
25 Sul porto di Corneto si veda: Palermo 2009.
26 Liber Memoriae, n. 354.
27 Ermini 1926, p. 5-126.
28 Stasolla 2009.
29 Cipolla 1974, p. 16-17.
30 «In e.m. fratri Paulo ord. Militiae Templi, regimen castri Centumcellarum et territorii Montis Octogonis committit», in Reg. Nic. IV, V, p. 997, n. 7305.
31 Demurger 1985, p. 69-74; Bramato 1991, p. 109.
32 Cirelli 1998, p. 111.
33 Mazzucato 1971, p. 29; Mazza 1983, p. 39.
34 Zifferero 1991, p. 226.
35 Muratori, Antiquitates, IV, 401; Wüstenfeld 1883, p. 536.
36 ILVA 1938, p. 35; Rodolico 1984, p. 284.
37 Cammarosano 1974, p. 94; Carocci – Vendittelli 2004.
38 Cortonesi 1978.
39 Nel 1306 il Rettore del Patrimonio è Amanevo de Libreto. Si veda a proposito Signorelli 1908, vol. II, p. 325, 386.
40 Supino 1969, p. 169-170.
41 Antonelli 1895, p. 461.
42 Antonelli 1908, p. 151.
43 Martinori 1933, p. 186.
44 Conti 1980; Pardi 1926, p. 331-354.
45 Bougard – Cirelli – Lécuyer 1996; Bougard 1997; Bougard – Cirelli 2012.
46 La Salvia – Mihok 2003; La Salvia 2014.
47 Antonelli 2007; 2014a.
48 Ericoli 2003, p. 136; Zagari 2012.
49 Per l’analisi dei resti paleobotanici si veda: Savelli – Larocca 2012.
50 La Salvia 2014.
51 Bougard – Cirelli 2012, p. 192.
52 De Minicis 2014.
53 Questa tecnologia edilizia è attestata a Roma e nel Lazio solo a partire dal XIII secolo. Si veda a proposito Augenti 1996, p. 80.
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