Introduzione
p. 1-3
Texte intégral
«Loco è laggiù non tristo da martire,
ma di tenebre solo, ove i lamenti
non sonan come guai, ma son sospiri.
Quivi sto io coi parvoli innocenti,
dai denti morsi della morte, avante
che fosser dell’umana colpa esenti» .
Dante Alighieri, Purgatorio VII 28-33
1Il titolo del volume e la citazione dal sapore cattolico non sono, ovviamente, indice di un presupposto ideologico-religioso ma derivano da una riflessione sulle tesi interpretative relative ai resti cremati dei bambini rinvenuti nelle urne dei santuari di tradizione fenicia e punica chiamati tofet. Tali tesi, che in effetti in alcuni casi lasciano intravedere presupposti di questo tipo, nei fatti restituiscono visioni opposte e contrastanti della concezione dell’infanzia, della mortalità infantile e del sacrificio presso le comunità che frequentavano questi santuari.
2Nel senso figurato e «laico» del termine, il limbo è uno stato non ben definito, di assidua e ansiosa incertezza1 : è una condizione nella quale vengono spesso a trovarsi gli studiosi che si occupano dei tofet quando si tratta di determinare l’uso, la funzione e il significato dei bambini cremati deposti in queste aree. Le migliaia di pagine dedicate all’argomento non sono servite ad arrivare a un’interpretazione condivisa, ma hanno spesso alimentato una contrapposizione fin troppo aspra e netta fra posizioni antitetiche in relazione al tema del sacrificio e, soprattutto, dell’uccisione ritualizzata dei bambini. In realtà, come ci si propone di dimostrare in questa sede, l’esame complessivo della documentazione disponibile non permette attualmente di «uscire dal limbo», cioè di prendere una posizione definitiva sull’argomento, ma soltanto di fissare qualche punto fermo, escludere alcune opzioni e proporre delle ipotesi, procedendo «à petits pas »2 verso la comprensione e l’interpretazione del fenomeno.
3Nella tradizione cattolica il limbus puerorum è la condizione permanente dei bambini morti ancora non battezzati, che non hanno commesso alcun peccato personale ma non sono stati liberati dal peccato originale attraverso il battesimo3. Nella liminalità di questa condizione si ritrova un elemento in comune con il tema in esame: sia il tofet come spazio fisico (nella sua dislocazione e, spesso, nel tipo di terreno utilizzato4), che i bambini in esso deposti in relazione al loro status (si tratta perlopiù di infanti e immaturi) rinviano difatti a una dimensione liminale5.
4Nel presente lavoro si utilizzerà il vocabolo bambino/infante senza una distinzione terminologica basata sulle diverse fasi (biologiche e sociali/culturali) dell’infanzia. I bambini dei tofet sono in genere compresi entro la «petite enfance »6, cioè entro i due/tre anni (vale a dire il periodo in cui avveniva lo svezzamento nelle fasi cronologiche considerate; va tuttavia notato che in un certo numero di casi si tratta di bambini allo stato fetale-perinatale)7.
5Per quanto riguarda l’uso dei vocaboli fenicio e punico, oggetto di un dibattito che si è ulteriormente ampliato negli ultimi anni8, essi assumono nel presente lavoro una caratterizzazione geografica e cronologica indicando con il termine punico tutto ciò che concerne il Mediterraneo occidentale «fenicio» a partire dal V-IV sec. a.C., quando Cartagine assume indubbiamente un ruolo di primo piano in Sardegna, in Sicilia e nei territori del Nord Africa che ne costituiscono il circondario9; fenicio indicherà ciò che concerne la «madrepatria» fenicia e le fasi di VIII-VI sec. a.C. negli insediamenti fenici del Mediterraneo occidentale. Il termine tardo-punico sarà utilizzato fondamentalmente per indicare il II-I sec. a.C., quando Cartagine perde progressivamente i territori nord-africani posti sotto il proprio controllo fino alla sconfitta definitiva contro Roma, che nel 146 a.C. distrugge la città e istituisce la provincia Africa10. Età romana, infine, servirà a indicare l’età imperiale, nel corso della quale la presenza romana in Nord Africa si è oramai stabilizzata.
6Questo studio è suddiviso in due parti. Nella prima viene analizzata in maniera sistematica, ancorché sintetica, la documentazione disponibile. Il capitolo 1 è dedicato all’esame della documentazione diretta (archeologica ed epigrafica) proveniente dai tofet. Nel capitolo 2 tale documentazione è integrata e confrontata con quella relativa ai santuari di Saturno, la divinità che nell’Africa di età romana rimpiazza Baal Hammon, e con le informazioni fornite dagli autori antichi, sebbene il valore di fonti indirette spesso attribuito a queste ultime in relazione al fenomeno archeologico dei tofet11 non sia in realtà accertabile nella quasi totalità dei casi. Gli ultimi due paragrafi del capitolo (§§ 2.4-2.5) propongono un inquadramento generale, focalizzato sul Mediterraneo antico, della teoria e della pratica del sacrificio, in particolar modo di quello umano, e del trattamento funerario riservato ai bambini.
7Il dossier così costituito viene utilizzato, nella seconda parte del volume, per una revisione critica delle diverse tesi interpretative (capitolo 3) allo scopo di metterne in luce gli elementi problematici e i punti di forza e, laddove possibile, di introdurre elementi nuovi e fissare elementi acquisiti (capitolo 4). Il lavoro si conclude (capitolo 5) con una verifica dei modelli interpretativi che si accordano meglio con la documentazione disponibile e con alcune considerazioni in merito da parte dell’autore.
8Negli ultimi anni si constata un rinnovato interesse per i tofet, analizzati con un approccio multidisciplinare e in relazione a questioni e problematiche diverse12. Alcuni lavori di P. Xella, soprattutto un recente volume collettaneo curato dallo stesso autore13, hanno avuto il merito di riaprire il dibattito relativo all’interpretazione dei riti che coinvolgono i bambini, sebbene forse in maniera a volte eccessivamente polemica e con toni talora definitivi.
9Il presente volume si propone l’obiettivo di «remettre l’église au milieu du village», dove la chiesa sta per la documentazione diretta proveniente dai tofet che resta la base di riferimento imprescindibile per affrontare l’esame di questi santuari. Esso vuole offrire a coloro che si occupano e si occuperanno del tema uno strumento di lavoro sintetico, equilibrato e facilmente consultabile che consenta di avere un quadro chiaro e completo in relazione ai tofet e alla questione dei bambini, cercando al tempo stesso di introdurre qualche elemento nuovo e di indicare e precisare i modelli interpretativi che meglio si adeguano all’intero quadro documentario.
Notes de bas de page
1 http://www.treccani.it/vocabolario/limbo/ (consultato il 20 luglio 2015).
2 Bénichou-Safar 2010, p. 477.
3 Il concetto di limbo è stato recentemente ridiscusso e in larga parte rifiutato dalla Chiesa. Il vocabolo è già stato utilizzato in passato in relazione ai bambini del tofet da S. Ribichini (1987a, p. 157) e, con riferimento al trattamento funerario dei bambini nella Sardegna fenicia e punica, da P. Bartoloni (1990, p. 77).
4 Ciasca 2002, p. 124-126; D’Andrea 2014a, p. 294-295.
5 Come proposto a suo tempo da A. van Gennep (1909, p. 229-230) in relazione alla morte in età immatura, che l’autore ritenne essere considerata universalmente una malamorte potenzialmente pericolosa per la società dei vivi. Si vedano, con posizioni in parte critiche verso quest’ultimo assunto ma non in relazione alla condizione liminale dei bambini: Di Nola 1995, p. 169-192; Baills-Talbi – Blanchard 2006; Baills-Talbi – Dasen 2008; Dasen 2010, p. 23-24; Nizzo 2011. Per un approfondimento del tema si rimanda al § 2.5.
6 Dasen 2010, p. 19. Cf. Kamp 2001, p. 3-8; Baills-Talbi – Blanchard 2006, p. 162; Lewis 2011, p. 1-4; Garroway 2014, p. 16-20; Bérard 2017, p. 154-160 (quest’ultimo lavoro, molto interessante, è stato pubblicato e consultato in sede di revisione del presente testo).
7 Bénichou-Safar 2005, p. 126, nota 15; Baills-Talbi – Blanchard 2006, p. 177-178; Bérard 2017, p. 159-160. Si veda il § 1.3.
8 Si vedano i diversi contributi editi recentemente in Punic Mediterranean 2014. Cf. Krings 1998, p. 364-369.
9 Lancel 1992, p. 95-109; Bondì 2009; Melliti 2016, p. 65-92. La questione relativa a una politica espansionistica di Cartagine in Sardegna e Sicilia già nel corso del VI sec. a.C. resta aperta e dibattuta. Per un quadro generale si veda Krings 1998 (con approccio critico alla tesi di un «impero» cartaginese: p. 341-346).
10 Tuttavia, il regno numida e quello mauro restano formalmente indipendenti, rispettivamente fino al 46 a.C. e al 40 d.C. Per la storia delle guerre puniche e del Nord Africa tra II sec. a.C. e I sec. d.C. cf. Lancel 1992, p. 379- 446; Lassère 2015, p. 47-158; Melliti 2016, p. 229-456.
11 Melchiorri 2010, p. 82; Xella 2010a, p. 262; Xella 2012, p. 3.
12 Si vedano ad esempio Campus 2010, 2013a e 2013b; Bonnet 2011; Quinn 2011 e 2013; D’Andrea – Giardino 2011 e 2013; Bernardini 2013; Garbati 2013; Garnand – Green – Stager 2013; Bartoloni 2014 e 2016; Melchiorri 2014; D’Andrea 2014a-c; Orsingher 2015; Bonnet 2016; D’Andrea 2018; Orsingher cds.
13 The Tophet in the Phoenician Mediterranean (abbreviato Tophet 2013 in bibliografia), Verona 2013 (= 2014). Alcuni contributi citati nella nota precedente (esaminati nei §§ 3.5.1-3.5.2) fanno parte di questo lavoro, il quale contiene anche un saggio di P. Xella (2013) che costituisce, con poche varianti, la traduzione in inglese di Xella 2012.
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