Le voyage des légendes
| ,Partie III. Étapes en terre du Logos
Ancora sulla formularità nell’epica tardogreca: Nonno e il campo fisionomico
Texte intégral
- 1 G. D’Ippolito, « Sulle tracce di una koinè formulare nell’epica tardogreca », in D. Accorinti, P. (...)
1La presente ricerca presuppone quanto dieci anni fa pubblicai sulla formularità nell’epica tardogreca1. Va ribadito che, defunzionalizzata come strategia di composizione orale, nell’epica postrapsodica la formularità, sensibilmente ridotta, sopravvive quale stilema interdiscorsuale. Attraverso un’analisi del campo formulare prodrammatico, che attiene alle espressioni che aprono e chiudono le parole attribuite ai personaggi, e del campo temporale, che coinvolge le formule dell’aurora e del tramonto, concludevo che gli epici tardogreci, e in primo luogo Nonno, rifuggono dalle formule omeriche per sviluppare una nuova paraformularità.
- 2 Per le Dionisiache l’edizione di riferimento è la seguente: Nonnos de Panopolis. Les Dionysiaques, (...)
2Il campo formulare che qui mi propongo di analizzare è quello che definisco fisionomico, dando a fisionomia il significato di insieme delle caratteristiche fisiche in base alle quali si riconosce una persona, non limitate ai lineamenti del viso ma estese alle fattezze del corpo intero. La scelta ha fatto convogliare l’attenzione, prima preminente ed ora quasi esclusiva, sull’opera di Nonno, sia le Dionisiache (Dion.) sia la Parafrasi del Vangelo di Giovanni (Par.)2. La campionatura coinvolge dati statici e dinamici, e privilegia naturalmente, con necessarie limitazioni, la formularità macroscopica.
- 3 Thcr., Idyl. 18, 20, Theocritus, ed. A. S. F. Gow, Cambridge 1952, 140; Charit., Chaer. I, 1, 3, Ch (...)
3Per caratterizzare la bellezza dei suoi personaggi, maschili o femminili, Nonno non usa il topos dell’insuperabilità (quale esprimono, per es., Teocrito, Idyl. 18, 20, a proposito di Elena, οἵα Ἀχαιιάδων γαῖαν πατεῖ οὐδεμί᾽ἄλλα, o Caritone, De Chaerea et Callirhoe I, 1, 3, a proposito di Cherea, μειράκιον εὔμορφον, πάντων ὑπερέχον3) bensì il confronto vincente con la « coetanea gioventù » (ἧλιξ ἥβη) espresso da una formula che, movendo da una base di clausola adonia, ἥλικος ἥβης (10 occorrenze), arriva a coprire tre quarti dell’esametro: così in Dion. X, 218 e XLII, 230 ὅτι κάλλος ὑπέρβαλεν ἥ. ἥ. (una formula per due contesti: il primo descrive la bellezza di Ampelo, nell’altro Pan rimarca un’ambizione delle donne); XXX, 193 ἠνορέην καὶ κάλλος ὑπέρτερον ἥ. ἥ. (sulla baccante Alchimachia); XI, 370 ὑπέρτερος ἥ. ἥ. (Calamo); XV, 205 ὑ. ἥ. ἥ. (Inno); XXXIII, 168 ὑ. ἥ. ἥ. (la baccante Calcomeda); XLVIII, 249 ὑ. ἥ. ἥ. (Aura); XLI, 260s. πλέον ἥ. ἥ. | τηλίκον ἔλλαχεν εἶδος (Beroe).
- 4 D. Gigli Piccardi, Metafora e poetica in Nonno di Panopoli, Firenze 1985, 62-63.
4In un caso, che coinvolge ancora Beroe, non è la bellezza d’insieme ma quella degli occhi a superare i coetanei, e gli occhi sono protagonisti di un altro tipico motivo nonniano, quello della « bellezza in armi »4: XLI, 254s. Ἀσσυρίης δ᾽ἔκρυπτον ὁμήγυριν ἥ. ἥ. | ὀφθαλμοὶ γελόωντες, ἀκοντιστῆρες Ἐρώτων. Altrove a saettare amore sono i seni nudi di Semele in VII, 263s. γυμνοί | μαζοὶ ἐθωρήχθησαν ἀ. Ἐ., le cosce nude di Calcomeda in XXXV, 25s. γ. | μηροὶ ἐ. ὀιστευτῆρες Ἐ., e ancora gli occhi di Beroe in XLII, 236 ὀφθαλμοὶ γεγάασιν ἀκοντιστῆρες Ἐ.
- 5 Mus., Her. 35-36, Musaeus. Hero et Leander, ed. H. Livrea, adiuv. P. Eleuteri, Lipsiae 1982, 2.
5A contesto diverso si lega la iunctura ἥλικος ἥβης in XVI, 392: Nicea, stuprata da Dioniso, si abbandona a propositi suicidi μῶμον ἀλευομένη φιλοκέρτομον ἥ. ἥ. « per evitare il biasimo irridente della coetanea gioventù ». In questa isolata accezione essa torna in Museo, che in un distico usa del verso nonniano prima la clausola, poi il primo emistichio: οὐδὲ χορὸν χαρίεντα μετήλυθεν ἥ. ἥ. | μ. ἀ. ζηλήμονα θηλυτεράων5.
- 6 Aeschl., Pers. 681, Aeschylus, ed. A. F. Garvie, Oxford 2009, 28.
- 7 Hdt., Hist. I, 34, 2, Herodoti Historiae, ed. H. B. Rosén, I, Leipzig 1987, 23.
- 8 Cf. Les Dionysiaques, VI, ed. Gerlaud, op. cit., 215 (ad XV, 205-206).
6Quanto all’origine della formula, si sono fatti i nomi di Eschilo e di Erodoto. In Eschilo, Pers. 681, lo spettro di Dario si rivolge ai coetanei della sua gioventù (… ἥλικές θ᾽ἥβης ἐμῆς)6, ma il parallelo si limita all’accostamento delle due parole; Erodoto, Hist. I, 34, 2 parla dei due figli di Creso, e nota che « il secondo era di gran lunga il primo dei coetanei in ogni campo » (ὁ δὲ ἕτερος τῶν ἡλίκων μακρῷ τὰ πάντα πρῶτος)7: è vero che il passo presenta solo sottintesi gli elementi principali del motivo, bellezza e gioventù, ma il séguito, οὔνομά δέ οἱ ἦν Ἄτυς, è singolarmente analogo al verso (Dion. XV, 206) che conclude la formula di presentazione di Inno sopra citata, οὔνομά δέ οἱ πέλεν Ὕμνος, il che rende plausibile un rapporto intertestuale8.
7La bellezza del corpo, specie se di donna, è oggetto di sguardi attenti, come mostrano quattro versi formulari: V, 306 ἁγνὸν ἀνυμφεύτοιο δέμας διεμέτρεε κούρης; XLVIII, 343 ἁ. ἀθηήτοιο δ. δ. κ.; VII, 216 γυμνὸν ἐυπλοκάμοιο δ. δ. κ.; XLII, 41 ἁβρὸν ἐ. δ. δ. νύμφης. Tranne che in XLVIII, 343, dove Aura spia Artemide mossa da invidia, negli altri tre casi si tratta di cupidi scopofili (nell’ordine, Atteone spia Artemide, Zeus Semele, Dioniso Beroe).
- 9 H. H. 8, 12 e 28, 8, Inni Omerici, ed. F. Càssola, Milano 19812, 300 e 422; Mosch., Amor 12, Bucol (...)
- 10 ἀμειβομένου δὲ καρήνου (Dion. XII, 183; XXXVI, 307), ἀρασσομένοιο κ. (XXI, 23; XLVII, 166), βαρυνο (...)
8Per indicare la « testa », non solo umana, Nonno usa 8 volte il termine κάρη, 28 κόρση, 60 κεφαλή e ben 183 volte κάρηνον: i primi tre sono termini omerici, mentre κάρηνον, di gran lunga il più usato e per quasi l’80% a fine esametro, ricorre in Omero unicamente al plurale e s’incontra al singolare solo in rari passi poetici9. Qui mi limito a ricordare una formula di secondo emistichio che presenta il genitivo καρήνου preceduto da un participio presente mediopassivo nella duplice forma ομένου δὲ/-ομένοιο (Dion. 21 volte; Par. 1)10.
- 11 Opp., Cyn. I, 497, Oppian, Colluthus, Tryphiodorus, ed. A. W. Mair, London-Cambridge, Mass. 1928, 5 (...)
- 12 Les Dionysiaques, IX, ed. Vian, op. cit., 265 (ad XXV, 469-470).
- 13 Nonno di Panopoli. Le Dionisiache, III, Canti XXV-XXXIX, ed. G. Agosti, Milano 2004, 863 (ad XXXIX (...)
9Personaggi femminili, introdotti ad esprimere un sentimento di stupore o ammirazione o paura o dolore (la moltiplicazione del punto di vista è caratteristica di una poetica barocca com’è quella di Nonno), vengono presentati « senza velo in testa »: l’epiteto ἀκρήδεμνος, spondeo + trocheo, ricorre 25 volte sempre in seconda sede, tra la dieresi del primo piede e la cesura femminile del terzo; il primo piede, sempre dattilo (di necessità, giacché in Nonno non si danno spondei consecutivi nelle prime due sedi), è rappresentato 15 volte da un nome proprio dattilico (di cui Νηιὰς 8 volte). In 4 casi all’epiteto ἀκρήδεμνος si affianca ἀσάμβαλος « senza sandali », sicché la iunctura si estende alla dieresi bucolica (XIV, 382: all’accusativo; XLVII, 216; XLVII, 461; XLVIII, 113). La formula parrebbe invenzione nonniana (il condizionale è sempre d’obbligo, vista la perdita della maggior parte dell’epica postomerica): l’epiteto ricorre altrove solo in Oppiano Apamense11, ma in altra sede metrica (ἠδ᾽ἀχίτων δειλή τε καὶ ἀκρήδεμνος ἐοῦσα), per cui mi sembra azzardato giudicare con F. Vian l’epiteto « sans doute un emprunt » ai Cynegetica12. Il contesto di Oppiano tuttavia permette di dare un senso alla formula nonniana: la scena presenta, nell’ambito di una similitudine, una donna in preda alle doglie del parto, che si aggira per la casa, « senza tunica e senza velo sul capo », donde si deduce come il presentarsi senza velo in testa e, aggiunge talora Nonno, anche scalza, può essere, sì, « indizio di fretta »13, ma soprattutto di uno stato emozionale (dolore, paura, disperazione, follia, stupore) che obbliga alla trascuranza del proprio aspetto.
- 14 Dion. VI, 7; X, 174; XIV, 345; XVI, 15 e 40; XVII, 187; XXVII, 215; XXXIV, 313; XLVII, 495.
- 15 εὐώδεα χαίτην (Dion. II, 89), ἑλικώδεα χ. (XV, 46; XVIII, 349), χιονώδεα χ. (XIII, 395; XIV, 86; X (...)
10Quanto ai capelli, la inusitata clausola adonia βόστρυχα χαίτης ricorre 9 volte in contesti non solo erotici14. La omerica collocazione finale di χαίτη ricorre in una nuova formula a partire dalla cesura eftemimere in cui l’accusativo è preceduto da un aggettivo in -ώδης15.
- 16 Dion. X, 180; XXXIII, 100; XXXVII, 412.
- 17 Dion. I, 527; VI, 170 e 181; XV, 219; XVIII, 333; XXIV, 182; XXVII, 204; XXX, 123; XL, 103; XLII, 7 (...)
- 18 Christod., Stat. 14, Anthologia Graeca, ed. H. Beckby, München 19652, I, 186.
- 19 Mus., Her. 58, ed. Livrea, Eleuteri, op. cit., 3.
- 20 Coll., Rapt. Hel. 74, Collouthos. L’enlèvement d’Hélène, ed. P. Orsini, Paris 1972, 4.
- 21 Les Dionysiaques, I, ed. Vian, op. cit., 65 n. 3.
11Nella descrizione del viso Nonno adopera una formula di clausola adonia che unisce κύκλα (raro plurale eteroclito di κύκλος) « cerchi » a παρειῆς « della guancia »16 o, più frequentemente, a προσώπου « del viso »17. Nella prima forma la clausola è ripresa da Cristodoro18 e, col genitivo plurale (παρειῶν), da Museo19, nella seconda, anch’egli col genitivo plurale (προσώπων), da Colluto20. Solo in XL, 110 i due elementi si presentano staccati, κύκλα ad incipit del verso e προσώπου ad explicit. L’interpretazione tradizionale della formula è di « ovale del viso », ma G. Chrétien, sostenuta da F. Vian21, vi ha visto, a ragione, i « pomelli » delle guance.
- 22 Precisamente: 4 volte γελόωντι προσώπῳ (Dion. XV, 119; XIX, 42; XXXVIII, 42; XLVIII, 750); 3 ἄνω ν (...)
- 23 Eur., Bacch. 1021, Euripidis Fabulae, ed. J. Diggle, III, Oxonii 1994, 334.
- 24 Gr. Naz., Carm. II, 2, 1, 173, Gregorii Theologi vulgo Nazianzeni Opera quae extant omnia, III (= P (...)
- 25 G. D’Ippolito, « Nonno e Gregorio di Nazianzo », in AA. VV., Storia poesia e pensiero nel mondo an (...)
- 26 Gr. Naz., Carm. ΙΙ, 1, 1, 103, Saint Grégoire de Nazianze. Oeuvres poétiques. I, 1. Poèmes personne (...)
- 27 Gr. Naz., Carm. I, 2, 29, 149, Gregor von Nazianz. Gegen die Putzsucht der Frauen, ed. A. Knecht, H (...)
- 28 P. Collart, Nonnos de Panopolis. Études sur la composition et le texte des Dionysiaques, Le Caire (...)
- 29 Nic., Ther. 237, Nicandre. Oeuvres, II, ed. J.-M. Jacques, Paris 2002, 20.
12A caratterizzare il volto ricorre 22 volte nelle Dionisiache una formula a partire dalla cesura eftemimere o addirittura di secondo emistichio comprendente un participio presente in -ωντι/-οντι o un aggettivo in -εντι + προσώπῳ22. Nella Parafrasi torna (H, 77) ὑποκλέπτοντι προσώπῳ e (A, 160) γαληναίῳ (variante di γαληνιόωντι) π. (detto di Gesù). La formula non è d’invenzione nonniana: due identiche iuncturae si ritrovano in due testi che sicuramente Nonno conosceva, Euripide, Bacch. 1021 προσώπῳ γελῶντι23 e Gregorio Nazianzeno Carm. II, 2, 1, 173 χλοάοντι προσώπῳ24. E per Gregorio si possono ancora accostare due passi25: Carm. II, 1, 1, 103 ἐν εὐμενέοντι προσώπῳ26 e I, 2, 29, 149 γελόωσι πρόσωπα27. Il Collart28 aveva certamente torto sia in generale quando negava un rapporto diretto fra Nonno e Gregorio, sostenendo che un pagano, come egli riteneva l’autore delle Dionisiache, non avrebbe potuto imitare un cristiano, sia nel caso particolare quando pensava che il nesso χλοάοντι προσώπῳ potesse essere stato attinto da un isolato χλοάουσα di Nicandro29.
- 30 Mus., Her. 336, ed. Livrea, Eleuteri, op. cit., 17.
13A proposito dello sguardo, i sostantivi ὄμμα (Dion. 153 volte e Par. 28; mai in Omero al singolare) e ὀπωπή (Dion. 111 volte e Par. 38; solo 4 volte nell’Odissea) sono entrambi al centro di sistemi formulari. Quanto a ὄμμα, segnalo il caso infrequente di una formula che si colloca sia nel primo sia nel secondo emistichio: coinvolge il sostantivo e il verbo τιταίνω (o meno il sinonimo τανύω) « tendere lo sguardo ». In particolare, la formula di primo emistichio mostra la seguente struttura: dattilo iniziale + ὄμμα + τίταινε(ν) (Dion. 13 volte; Par. 1 volta). L’incipit è spesso un aggettivo (ἀπλανὲς XXXI, 126; ἄσμενον XXXIX, 256; ἄστατον III, 156; δόχμιον XIII, 219, XXV, 143, XLI, 274, XLVI, 134; φοίνιον XLVII, 552), ma anche un sostantivo con preposizione (εἰς δύσιν VII, 283, X, 252; εἰς δρύας XXII, 108; εἰς πόλον Par. Ρ, 2), un avverbio (πόλλακι δ᾽ XVI, 374) o una congiunzione (ὄφρα μὲν XXXVIII, 318). La formula è ripresa da Museo 336 (πάντοθι δ᾽ è il dattilo iniziale)30. Una dislocazione della formula (ὄμμα δὲ σεῖο τίταινε) è presente in XXVII, 328.
- 31 Gr. Naz., Carm. II, 2, 4, 93, ed. Migne, op. cit., col. 1512.
14La formula di secondo emistichio mostra la clausola adonia ὄμμα τιταίνων (13 volte) preceduta da un aggettivo quadrisillabo (ἀντώπιον IV, 248, XXV, 408, XLII, 40; ἐρωμανὲς XXXIII, 199, XXXV, 103, XLVIII, 395 e 501; πολυπλανὲς XXXIII, 288) o da un participio pentasillabo (πεφυλαγμένον XLII, 45) o da un sostantivo, al genitivo o all’accusativo, preceduto da preposizione (δι᾽ἄστεος XL, 353; δι᾽ἠέρος XXXIV, 5; ἐς ἄμπελον XII, 344; ἐς οὐρανὸν IX, 32). Il participio presente è sostituito dall’aoristo in II, 673 (ἐνάντιον ὄ. τιτήνας), e dall’aoristo congiuntivo e participio del sinonimo τανύω (δόχμιον ὄ. τανύσσῃ XLIII, 142; ἀπλανὲς ὄ. τανύσσας XXXIII, 92; ἐνάντιον ὄ. τανύσσας XXXVII, 71; ἐς Αἰακὸν ὄ. τανύσσας XXII, 287). L’unica attestazione della formula precedente a Nonno è la clausola adonia ὄμμα τιταίνω ancora in Gregorio Nazianzeno31.
15Il termine ὀπωπή è al centro di una formula di secondo emistichio (Dion. 10 volte; Par. 3), strutturata, con tre sole eccezioni, nel modo seguente: ἔχων + aggettivo quadrisillabo iniziante per ἀ- privativo + ὀπωπήν. Così ἔχων ἀγέλαστον ὀπωπήν XI, 254, XXI, 188, XLII, 65 e 218; ἔ. ἄγνωστον ὀ. Par. Α, 109 e Σ, 90; ἔ. ἄγρυπνον ὀ. XXXI, 169, XXXIII, 300; ἔ. ἀκόρητον ὀ. XV, 227; ἔ. ἀχάρακτον ὀ. Par. Ι, 5. Le tre eccezioni riguardano l’infinito al posto del participio (ἔχειν ἄγρυπνον ὀ. XVI, 386), ἄγων al posto di ἔχων (ἄγων ἀκόρητον ὀ. I, 532), l’aggettivo quadrisillabo senza alfa privativo (ἔ. κερόεσσαν ὀ. VII, 320).
- 32 Ap. Rh., Arg. III, 148-150, Apollonios de Rhodes. Argonautiques, ed. F. Vian, É. Delage, II, Paris (...)
16A proposito di abbracci, dati dinamici che bene contribuiscono ad illustrare la fisionomia di una persona, il termine ἀγοστός, in Omero unicismo anche semantico, giacché il suo probabile senso di « mano » sembra convertirsi a partire dai poeti alessandrini in quello di « braccio », ricorre 36 volte nelle Dion. e sempre a fine verso. La parola è al centro ideale di una scena tipica, nella quale, traendo spunto, ma solo un semplice spunto, da un sintetico quadretto apolloniano32, nel quale Afrodite bacia Eros, Nonno sviluppa una scena affettuosa in cui la madre abbraccia e bacia il figlio (non sulle guance, come nel suo predecessore, ma sulla bocca e sugli occhi) e gli carezza l’arco e la faretra per spingerlo a lanciare la freccia seduttrice. La cosa più interessante è che la scena, che occupa i sei versi XXXIII, 143-148 (e prepara la frecciata a Morreo perché ami Calcomeda) si ripete in XLI, 402-407 (si colpirà Dioniso e Posidone perché amino Beroe), con due sole varianti, in 145b/404b e in 148a/407a, e tale macroiterazione è unica in tutto il poema:
- 33 Il verso è utilizzato in XVI, 155 in opposto contesto: Nicea diffida Dioniso dal « toccarle l’arco (...)
- 34 Nonn., Dion. XXXIII, 143-148, Dionysiaques, XI, ed. Gerlaud, op. cit., 82; XLI, 402-407, Dionysiaqu (...)
Καὶ μέσον ἀγκὰς ἑλοῦσα γαληνιόωντι προσώπῳ
πεπταμένῳ πήχυνε γεγηθότι κοῦρον ἀγοστῷ
γούνασι κουφίζουσα φίλον βάρος· ἑζομένου δέ / ἀμφότερον δέ
καὶ στόμα παιδὸς ἔκυσσε καὶ ὄμματα· θελξινόου δέ
ἁπτομένη τόξοιο καὶ ἀμφαφόωσα φαρέτρην33,
οἷα χόλου πνείουσα / περ ἀσχαλόωσα, δολόφρονα ῥήξατο φωνήν34.
17La scena include poi formule minori, come quelle che riguardano il verbo più ricorrente, πηχύνω « abbracciare »: III, 340 παιδοκόμῳ πήχυνα γεγηθότι κοῦρον ἀγοστῷ; III, 398 (dove Elettra tiene in braccio Ematione eArmonia) πεπταμένῳ πήχυνε φιλήτορι χειρὸς ἀ.; IX, 95 παιδοκόμῳ πήχυνεν ἀμήτορα Βάκχον ἀ.; XIII, 176 παρθενίῳ π. ἀήθεϊ κοῦρον ἀ. (Atena-Eretteo); XIV, 152 πολλάκι πηχὐναντο κεκυφότι κοῦρον ἀ.; XXXVI, 80 ἀμφοτέρῳ πήχυνε κατηφέι Φοῖβος ἀ.; XXXVI, 220 αἱμαλέην π. κ. γαῖαν ἀ.
- 35 Detto dell’elefante Dion. XXVI, 309 αὐχένα βαιὸν ἔχων κυρτούμενον; dei cavalli, XXIX, 368 e XL, 27 (...)
18Il « collo » è la parte del corpo più presente nelle Dionisiache attraverso una terna di termini: αὐχήν « parte posteriore del collo, nuca » (Dion. 178 volte; Par. 10: compreso qualche riferimento ad animali35 o uso metaforico), δειρή (20 volte) o λαιμός (Dion. 88 volte; Par. 7) « parte anteriore del collo, gola ». È portatore di vari significati: rivela il carattere fiero, se si tiene diritto, ed invece il servile, quando si piega; se nudo, diviene erotogeno.
19Anche il termine αὐχήν, di gran lunga il più ricorrente, presenta formule nella prima e nella seconda parte del verso. Quelle di primo emistichio di norma si aprono con l’accusativo αὐχένα cui segue una terna di attributi, ciascuno dei quali illumina il senso della frase: γαῦρον « fiero », δοῦλον « servo », γυμνόν « nudo ».
20Sulla formula di primo emistichio indicante la « fierezza »: VII, 353, XIII, 126 e 256, XIX, 318, XLII, 166 αὐχένα γαῦρον ἄειρε(ν); estesa a tutto il verso in VIII, 376 e IX, 207 αὐ. γ. ἄ. καὶ ὑψινόῳ φάτο φωνῇ; mutando il verbo in XX, 51 e XXXIX, 252 αὐ. γ. ἔχοντα/ἔχουσα; con dislocazione in XI, 57 Ἄμπελος αὐ. γ. ἔχων, con dislocazione e variazione verbale in I, 384 ἅζομαι αὐ. γ. (di Giapeto).
21Il motivo della « sottomissione » viene espresso o dall’aggettivo δοῦλος (XII, 20 αὐχένα δοῦλον ἔκαμψαν; XXII, 73 e XXXVI, 432 αὐ. δ. ἔκαμψεν; XXXIII, 257 αὐ. δ. ἔρωτος ὑποκλίνων) o solo dai verbi κάμπτω e κυρτόω « piegare » (con dislocazione: XXIV, 59 εἰ θρασὺν αὐ. κάμπτε e XXXV, 181 καὶ θ. αὐ. κάμψον; XXVI, 254 αὐχένι κυρτωθέντι; XLIII, 79 αὐχένα κυρτώσειεν ἐμοὶ θρασὺν; XLVIII, 156 αὐ. κυρτώσας in contesto agonistico).
22Il terzo motivo è quello erotico. Il vento scompiglia i capelli denudando il collo e questo accende il desiderio dell’amante: I, 531 αὐχένα παπταίνων γυμνούμενον; IV, 138 αὐ. γυμνὸν ἔθηκεν e 146 αὐ. γ. ἴδοιμι; XVI, 18 αὐ. Γυμνωθέντα; XXXIV, 309 αὐ. γυμνώσαντες.
23Al di fuori di questi sensi, in un contesto agonistico troviamo (XXXVII, 597 e XLVIII, 126) αὐχένι δεσμὸν ἔβαλλε « (gli) gettava al collo un laccio ».
- 36 Sei formule si riferiscono ad animali, veri o fantastici: al cavallo Dion. I, 318 e XXXVII, 362, a (...)
24Le formule di secondo emistichio, talora estese a tutto il verso o al contrario ristrette a partire dalla cesura eftemimere o addirittura alla sola clausola adonia, presentano di norma una duplice struttura: il termine αὐχήν in fine verso (6 volte) preceduto da un participio presente mediopassivo quadrisillabo ovvero l’accusativo αὐχένα in alternanza col dativo αὐχένι fisso al quinto piede (27 volte) quasi sempre seguito da un participio attivo o dai sostantivi κούρης/νύμφης o δεσμῷ e preceduto da un aggettivo quadrisillabo. Comportano una diversa distribuzione dei motivi e un loro ampliamento36.
- 37 A questo verso è indubbiamente legato XXXV, 364 ἀγχονίῳ σφίγξασα θεημάχον ἀνέρα δεσμῷ, dove il ter (...)
- 38 AP IX, 362, 10, ed. Beckby, op. cit., III, 222.
25Al motivo della « fierezza » è assegnabile solo XXXIX, 30 ὃ δὲ θρασὺν αὐχένα τείνων, detto del re indiano Deriade. Al motivo della « sottomissione » si possono assegnare III, 229 ἐπ᾽ οὔδεος αὐ. κάμψας (detto di Cadmo), VII, 26 κυρτούμενος αὐχήν (detto di Eone supplice), XXII, 376 e XXXVIII, 215 κυρτούμενον αὐχένα κάμπτων (detto degli Indiani sconfitti e di Fetonte supplice davanti al padre Elio), XLIII, 136 καὶ εἰς πέδον αὐ. κάμπτει (detto dell’Ares indiano che piega il collo sul campo). Al motivo erotico vanno assegnati VII, 262 ἀσκεπέος σκοπίαζεν ἐλεύθερον αὐ. κούρης, X, 185 e XV, 232 μέσος γυμνούμενος αὐχήν, XL, 326 περίπλοκον αὐχένα νύμφης, XLII, 423 Βερόης ἀμαρύσσεται αὐχήν, X, 205 ἐπήορον αὐχένι χαίτην, XLVIII, 117 ἐπέρρεον αὐ. κούρης. Emergono in queste formule di secondo emistichio il contesto bellico – XV, 144 περίπλοκον αὐχένα σύρων, XVII, 146 μάρψας εὐπαλάμῳ βεβιημένον αὐ. δεσμῷ (Pan agguanta un nemico al collo), XXI, 31 ἀγχονίῳ σφήκωσεν ὁμόζυγον αὐ. δ. (Ambrosia, trasformata in vigna, incatena il collo di Licurgo), XXV, 177 περίπλοκον αὐ. δ., XXXIV, 229 e XXXVI, 440 ἀγχονίῳ θλίβοντο π. αὐ. δ., XL, 65 περίπλοκος αὐ. δ., XLVII, 223 ἀγχονίῳ σφίγξασα περίπλοκον αὐ. δ.37 –, il contesto agonistico – XLVIII, 129 π. αὐ. σείων e 171 εὐπαλάμῳ σφήκωσεν ὁμόζυγον αὐ. δ. – e quello che riguarda gli accessori della toilette femminile – V, 137 ἐρευθιόωντι συνήρμοσεν αὐχένι κούρης e 189 παρῄορον αὐ. νύμφης–, mentre isolato appare un contesto di lavoro–XLI, 24 γεωμόρος αὐχένα κάμψας – o un contesto fisiologico – VIII, 203 κυρτούμενος αὐχήν (Era si trasforma in una vecchia) – o un pensiero di suicidio – XVI, 391 θλιβομένη σφιγκτῆρι περίπλοκον αὐχένα δεσμῷ (Nicea) –. Pare ispirato a Nonno l’emistichio di AP IX, 362, 10 περίπλοκον ἡδέι δεσμῷ tratto da un anonimo lacunoso carme esametrico, quasi certamente postnonniano, sull’amore di Alfeo e Aretusa38.
26Di λαιμός « gola » registro un secondo emistichio ὁμογλώσσων ἀπὸ λαιμῶν in II, 244, XIX, 107, XXXVI, 472, XXXVII, 287, XL, 216, XLVII, 24 (δ᾽ἀπὸ), Par. Η, 43, e, con minime varianti nell’aggettivo pentasillabo, XXII, 11 μελιγλώσσων, Par. Κ, 73 ὁμοζήλων, Par. Ι, 81 e Τ, 71 ὁμοφθόγγων.
27Riguardo a πῆχυς « braccio », segnalo la formula di secondo emistichio ὁμόζυγι πήχεος ὁλκῷ, presente in X, 342, XXXIV, 256, XXXVII, 604, XLVIII, 126, che in XIII, 541 e XXXVII, 572 si riduce alla semplice clausola adonia π. ὁ. Descrive una particolare presa nella lotta agonistica, ma in XXXIV, 256 si riferisce al pastore che tiene unite le pecore.
- 39 Nonno di Panopoli. Parafrasi del Vangelo di S. Giovanni. Canto I, ed. C. De Stefani, Bologna 2002, (...)
- 40 Gr. Naz., Carm. II, 1, 19, 23, ed. Migne, op. cit., col. 1272.
28Il termine δάκτυλος, assente in Omero, s’incontra 41 volte nelle Dion., 5 nella Par.: indica in genere le dita della mano, 3 volte (XIX, 271, XXII, 204, XLVI, 131) quelle del piede. Il singolare è usato solo 5 volte nelle Dion. e 4 nella Par., il plurale δάκτυλοι solo in Dion. III, 238: le altre occorrenze riguardano il plurale eteroclito δάκτυλα, che 29 volte su 36 occupa il dattilo del quinto piede. Al singolare, va segnalata in Dion. XII, 31 e Par. Α, 105 la formula δάκτυλον ὀρθώσας ἐπεδείκνυε « puntando il dito indicava », che esprime una gestualità « caratteristica dei personaggi nonniani »39. Al plurale diversi sono i contesti nei quali le dita hanno una parte: erotico, agonistico, ludico, relativo a performances pantomimiche o al computo digitale. Si tratta di formule di secondo emistichio, talora estese all’intero verso, che non si articolano in parallelo con tali contesti. Vario può essere lo spondeo finale: χειρῶν 5 volte; βάλλων e κάμψας 4; κούρης 3; γαίῃ, δεσμῷ, πάλλων e παλμῷ 2; μίλτῳ e πήξας 1 volta; e vario il pentasillabo o quadrisillabo che precede δάκτυλα, che può essere un composto di -τροπα 5 volte o di -χροα 4, ovvero ὁμόπλοκα, πεπηγότα, o πεφιδημένα 2. Un precedente ancora in Gregorio di Nazianzo: ἐπὶ δάκτυλα βάλλων40.
- 41 Pampr., Carm. 3, 175, Pamprepii Panopolitani Carmina, ed. H. Livrea, Leipzig 1979, 31.
29Nella topica erotica di Nonno il seno femminile ha un’importanza centrale. Una delle formule più caratteristiche è data dalla clausola adonia formata dall’accusativo singolare ἄντυγα del sostantivo ἄντυξ « limite », da tradurre, secondo i casi, con « linea » o con « curva », seguito da un genitivo singolare o plurale μαζοῦ/-ῶν (11 volte). A parte quattro casi nei quali si tratta di seno maschile (XXII, 328, XXVIII, 99 e 217, XXXVI, 209), negli altri sette l’espressione è riferita al seno femminile, preceduta o da aggettivi che lo qualificano o da verbi che precisano l’azione, e tranne l’esempio di V, 378 παιδοκόμων ἐρύθηνε φερέσβιον ἄ. μαζῶν, che ci porta in un contesto luttuoso, dove Autonoe, piangendo Atteone, « imporporò (di sangue) la curva dei seni portatori di vita che nutrirono il figlio », si muovono tutti in un contesto erotico. In due casi la formula copre tutto il verso: I, 348 e XII, 393 οἰδαλέην ἔθλιψεν ἀκαμπέος ἄντυγα μαζοῦ; si estende al primo emistichio in IV, 149 ἀμφοτέρων θλίψειεν ἐλεύθερον ἄ. μαζῶν; in II, 110 κατέσκεπεν « cercava di nascondere » ἄ. μαζοῦ, XIV, 165 ὄρθιον ἄ. μ., XVII, 218 ἄργυφον ἄ. μ. In un caso il seno è sostituito dalle cosce (XV, 228 ἐλεύθερον ἄ. μηρῶν). La clausola ἄντυγα μαζῶν torna in Pamprepio41.
- 42 Coll., Rapt. Hel. 157, ed. Orsini, op. cit., 8.
30Un caso esemplare è quello dell’emistichio XXI, 113 καὶ οὐκ ἐμνήσατο μαζοῦ, ricalcato con variazione in XXXIII, 207 καὶ οὐκ ἐμνήσατο μορφῆς, che si riferisce, nel primo caso, a una delle donne d’Arabia impazzite, che uccise il figlio « e non si ricordò di dargli il seno », nel secondo a Morreo che s’illude di poter piacere a Calcomeda « e non si ricordò del proprio aspetto » (la sua pelle nera). Colluto riprende la formula καὶ οὐκ ἐμνήσατο μαζῶν, ma l’adatta ad altro contesto, il famoso giudizio in cui Afrodite si denudò « senza badare ai seni »42.
- 43 Dion. XV, 124 Καὶ βριαρῷ γόνυ δοῦλον ὑποκλίνας Διονύσῳ; XVII, 387 Ἰνδοφόνῳ γ. δ. ὑποκλίνων Δ.; XXI (...)
- 44 P. Sil., S. Soph. 231 (Καρχηδὼν γ. δ. ἐμοῖς ἔκλινε τροπαίοις), Johannes von Gaza und Paulus Silent (...)
31Contesto bellico ha un’ampia formula che, variando sempre l’incipit tritemimere, presenta 7 volte fino alla cesura mediana femminile il nesso inusitato γόνυ δοῦλον « il servile ginocchio », cui segue nel secondo emistichio 6 volte una voce del verbo ὑποκλίνω e 1 volta di ὑπογνάμπτω, entrambi col senso di « piegare », mentre l’explicit contiene 6 volte un nome proprio (al dativo Dioniso/Lieo, dinanzi al quale si piega il ginocchio, al nominativo Idaspe)43. La formula torna in Paolo Silenziario44.
- 45 Ap. Rh., Arg. I, 1270, Argonautiques, ed. Vian, Delage, op. cit., I, 1974, 110.
- 46 Opp., Hal. II, 83, ed. Mair, op. cit., 288.
- 47 Ioh. Gaz., Tab. 277 (1.252), ed. Friedländer, op. cit., 146.
32Il plurale γούνατα forma col participio πάλλων una formula di clausola adonia (Dion. 9 volte; Par. 1). Se γούνατα è forma omerica, essa non è mai, nella forma non elisa, in quinta sede, e soprattutto mai accostata al verbo πάλλω. Tale accostamento s’incontra per la prima volta in Apollonio Rodio, Arg. I, 1270 θοὰ γούνατ᾽ἔπαλλε45, dove peraltro il verbo, dal senso di « agitare », assume, come in Nonno, pressappoco quello banale di « muovere ». Il nesso torna in Oppiano di Anazarbo, Hal. II, 83 γούνατα παλλομένοιο46, ma certo fu Apollonio a dare la suggestione a Nonno, che tuttavia si allontanò da Omero, eliminando la forma elisa del sostantivo. La formula può considerarsi emistichica giacché in 9 casi su 10 la clausola è preceduta da aggettivi ripetuti o legati per il senso: ἀγκύλα γούνατα πάλλων (VIII, 105), ἀήθεα γ. π. (Par. Ε, 33), ἀνεμώδεα γ. π. (X, 78), ἐθήμονα γ. π. (XXXVII, 621), ἐπ᾽ᾐόνι γ. π. (X, 420), θοώτερα γ. π. (X, 56; XXXV, 105; XXXIX, 406), μετάρσια γ. π. (XXXVIII, 400), ποδήνεμα γ. π. (XXVIII, 283). Un’interessante variazione della formula sostituisce πάλλων con σύρων o κάμπτων: II, 225 ἀπειθέα γούνατα σύρων; Par. Λ, 167 ἀκαμπέα γ. σ.; I, 316 γ. κάμπτων. Nella forma γούνατα σύρων la formula torna in Giovanni di Gaza47.
- 48 Pampr., Carm. 3, 170, ed. Livrea, op. cit., 29.
33Altra formula di presumibile invenzione nonniana è quella formata dall’accusativo singolare di πτύξ « piega », che occupa le due brevi del quinto piede, e in sesta sede dal genitivo singolare (8 volte) o plurale (Dion. 4 volte; Par. 1) di μηρός « coscia ». La iunctura πτύχα μηροῦ/-ῶν può presentare due significati, non sempre distinguibili con assoluta certezza: può configurarsi come perifrasi ridondante e metricamente comoda per indicare la parte del corpo, o mantenere il senso proprio di « piega della coscia », cioè « inguine » o addirittura « sesso ». Al singolare, πτύχα μηροῦ appare come perifrasi in VII, 201, XX, 61, XXV, 222 e XLIV, 161, dove indica la coscia di Zeus entro cui Dioniso completò la gestazione; presenta il significato di « inguine » in XVIII, 250, a proposito del limite delle scaglie che coprono il corpo di Campe, mostro marino per metà donna, in XXI, 207, dove, preceduta dalla preposizione εἰς, indica fino a che punto una pelle arriva a coprire il satiro Ferespondo, in XXIII, 31, dove nel contesto di una μάχη παραποτάμιος indica il limite dell’immersione di un anonimo indiano, in XXV, 317, dove si ricorda Attis che si evira. A contesto erotico la formula al singolare si riferisce in XLVIII, 655, ampliandosi all’intiero emistichio: καὶ ἀσκεπέος π. μηροῦ (Aura stupisce a vedersi il petto nudo « e il sesso scoperto »). Al plurale, a parte XIX, 272, dove Sileno divarica « le cosce » in una danza pantomimica acrobatica, in Par. Φ 41 si richiama la pelle che i pescatori portano abbassata fino (ancora εἰς) alla « piega delle due (διδύμων) cosce », cioè all’ » inguine », mentre nei due rimanenti casi ritroviamo la formula emistichica e il contesto erotico: XXXV, 32 e XLVIII, 118 καὶ ἀσκεπέων πτύχα μηρῶν. Esemplata su tale formula, in XLVI, 279 ricorre la variante dedicata ai seni, καὶ ἀσκεπέων πτύχα μαζῶν (Agave davanti al figlio morto Penteo imporpora di sangue « la piega dei seni scoperti »). Il nesso πτύχα μηρῶν torna in Pamprepio48.
- 49 Thcr., Idyl. 26, 13, ed. Gow, cit., 140.
- 50 Macedon., AP XI, 63, 1, ed. Beckby, op. cit., III, 578.
- 51 Christod., Stat. 133 e 303, ed. Beckby, op. cit., I, 194 e 204.
34A indicare il sesso femminile, ancora con una perifrasi temperata dalla metafora, Nonno adopera una formula di clausola adonia nella quale il dattilo è rappresentato dal termine ὄργια, cui segue κόλπου (VII, 266) o μηροῦ (XVII, 224)/-ῶν (XI, 506): il vocabolo pertiene alla sfera dionisiaca, ma solo 4 volte (ὄργια Βάκχου XLIV, 219, XLV, 25, XLVI, 81 e 107) esso designa specificamente i « misteri di Bacco » (la formula era già in Teocrito49, nella forma ὄ. Βάκχω, e torna in Macedonio, AP XI, 63, 150); altrove allude metaforicamente ai misteri della medicina (ὄ. τέχνης IV, 264, XVII, 377, XXXV, 62) o dell’astronomia (ὄ. Μούσης XV, 70, XXXVIII, 31) o della giurisprudenza (ὄ. θεσμῶν XLI, 344) o dell’alfabeto (ὄ. φωνῆς XLI, 382), fino ad assumere valore erotico nei tre luoghi sopra indicati (ai quali, al di là della formula, va aggiunto il nesso Κύπριδος ὄ. in XLII, 373, che designa l’unione sessuale). La formula torna 2 volte in Cristodoro51, nella forma ὄ. Μούσης, e mentre per il primo personaggio, Democrito, allude, come in Nonno, alla scienza astronomica, per il secondo, Apuleio, con l’aggettivo Λατινίδος richiama una generica sapienza latina.
35Tirando le fila del nostro limitato sondaggio, credo che, rispetto ai due campi già indagati, prodrammatico e temporale, che per la loro obbligatoria e larga presenza in ogni epica consentivano di coinvolgere la produzione tardogreca, un sistema di formule relative al corpo umano come espressione di forza agonistica e bellica ma soprattutto come espressione di bellezza e di erotismo, riaffermando la centralità dell’epica nonniana, ha permesso di metterne in luce la forza creatrice di linguaggio: nelle strutture formulari, come nelle singole scelte lessicali, Nonno si pone deliberatamente in opposizione all’epica omerica e al tempo stesso, nel gusto spiccato per la imitatio sui, mostra il dotto piacere della variatio non solo verbale ma anche semantica. Rispetto alla precedente indagine devo constatare che le tracce di κοινή formulare precedentemente inseguite si sono adesso molto affievolite a favore di un’isolata originalità creativa di Nonno, almeno al livello espressivo.
Notes
1 G. D’Ippolito, « Sulle tracce di una koinè formulare nell’epica tardogreca », in D. Accorinti, P. Chuvin (ed.), Des Géants à Dionysos. Mélanges offerts à Francis Vian, Alessandria 2003, 501-520.
2 Per le Dionisiache l’edizione di riferimento è la seguente: Nonnos de Panopolis. Les Dionysiaques, I, Chants I-II, ed. F. Vian, Paris 1976; II, Chants III-V, ed. P. Chuvin, 1976; III, Chants VI-VIII, ed. Chuvin, 1992; IV, Chants IX-X, ed. G. Chrétien, 1985; V, Chants XI-XIII, ed. Vian, 1995; VI, Chants XIV-XVII, ed. B. Gerlaud, 1994; VII, Chants XVIII-XIX, ed. J. Gerbeaux, F. Vian, 1992; VIII, Chants XX-XXIV, ed. N. Hopkinson, F. Vian, 1994; IX, Chants XXV-XXIX, ed. Vian, 1990; X, Chants XXX-XXXII, ed. Vian, 1997; XI, Chants XXXIII-XXXIV, ed. B. Gerlaud, 2005; XII, Chants XXXV-XXXVI, ed. H. Frangoulis, B. Gerlaud, 2006; XIII, Chants XXXVII, ed. H. Frangoulis, 1999; XIV, Chants XXXVIII-XL, ed. B. Simon, 1999; XV, Chants XLI-XLIII, ed. Chuvin, M.-Chr. Fayant, 2006; XVI, Chants XLIV-XLVI, ed. B. Simon, 2004; XVII, Chants XLVII, ed. M.-Chr. Fayant, 2000; XVIII, Chants XLVIII, ed. Vian, 2003. Per la Parafrasi: Nonni Panopolitani Paraphrasis S. Evangelii Ioannei, ed. A. Scheindler, Lipsiae 1881.
3 Thcr., Idyl. 18, 20, Theocritus, ed. A. S. F. Gow, Cambridge 1952, 140; Charit., Chaer. I, 1, 3, Chariton. Le Roman de Chairéas et Callirhoé, ed. G. Molinié, rev. A. Billault, Paris 19892, 50.
4 D. Gigli Piccardi, Metafora e poetica in Nonno di Panopoli, Firenze 1985, 62-63.
5 Mus., Her. 35-36, Musaeus. Hero et Leander, ed. H. Livrea, adiuv. P. Eleuteri, Lipsiae 1982, 2.
6 Aeschl., Pers. 681, Aeschylus, ed. A. F. Garvie, Oxford 2009, 28.
7 Hdt., Hist. I, 34, 2, Herodoti Historiae, ed. H. B. Rosén, I, Leipzig 1987, 23.
8 Cf. Les Dionysiaques, VI, ed. Gerlaud, op. cit., 215 (ad XV, 205-206).
9 H. H. 8, 12 e 28, 8, Inni Omerici, ed. F. Càssola, Milano 19812, 300 e 422; Mosch., Amor 12, Bucolici Graeci, ed. A. S. F. Gow, Oxonii 19582, 132.
10 ἀμειβομένου δὲ καρήνου (Dion. XII, 183; XXXVI, 307), ἀρασσομένοιο κ. (XXI, 23; XLVII, 166), βαρυνομένου (« pesante » per l’ebbrezza) δὲ κ. (XVI, 258; XVIII, 206; XXXVII, 739; XLVII, 128), δαϊζομένου δὲ κ. (XXVIII, 53); διχαζομένου δὲ κ. (XXX, 142); ἐρευθομένοιο κ. (XLVI, 281); καθελκομένου δὲ κ. (XIII, 12); /-οιο κ. (VII, 25; XV, 202; Par. Δ, 113); μαραινομένοιο κ. (XXX, 214); τινασσομένου δὲ κ. (IV, 375; XIX, 285); /-οιο κ. (XV, 109; XVIII, 120; XLVIII, 609); χαρασσομένοιο κ. (XXXIX, 305).
11 Opp., Cyn. I, 497, Oppian, Colluthus, Tryphiodorus, ed. A. W. Mair, London-Cambridge, Mass. 1928, 50.
12 Les Dionysiaques, IX, ed. Vian, op. cit., 265 (ad XXV, 469-470).
13 Nonno di Panopoli. Le Dionisiache, III, Canti XXV-XXXIX, ed. G. Agosti, Milano 2004, 863 (ad XXXIX, 254).
14 Dion. VI, 7; X, 174; XIV, 345; XVI, 15 e 40; XVII, 187; XXVII, 215; XXXIV, 313; XLVII, 495.
15 εὐώδεα χαίτην (Dion. II, 89), ἑλικώδεα χ. (XV, 46; XVIII, 349), χιονώδεα χ. (XIII, 395; XIV, 86; XLIV, 308); con una variante assonante e ristretta a clausola adonia: λευκάδα χ. (Par. Γ, 20 e Θ, 40), ἰκμάδι χ. (Par. Λ, 7).
16 Dion. X, 180; XXXIII, 100; XXXVII, 412.
17 Dion. I, 527; VI, 170 e 181; XV, 219; XVIII, 333; XXIV, 182; XXVII, 204; XXX, 123; XL, 103; XLII, 77; XLVI, 280.
18 Christod., Stat. 14, Anthologia Graeca, ed. H. Beckby, München 19652, I, 186.
19 Mus., Her. 58, ed. Livrea, Eleuteri, op. cit., 3.
20 Coll., Rapt. Hel. 74, Collouthos. L’enlèvement d’Hélène, ed. P. Orsini, Paris 1972, 4.
21 Les Dionysiaques, I, ed. Vian, op. cit., 65 n. 3.
22 Precisamente: 4 volte γελόωντι προσώπῳ (Dion. XV, 119; XIX, 42; XXXVIII, 42; XLVIII, 750); 3 ἄνω νεύοντι π. (XV, 92; XXII, 377; XXXVI, 226) e ὑποκλέπτοντι (III, 232; XXII, 65; XXXV, 322); 2 γαληνιόωντι π. (XXXIII, 143; XLI, 402), στίλβοντι π. (XVII, 9; XVIII, 114) e χλοάοντι π. (IV, 74; XLVIII, 389); 1 volta ἀπειλείοντι π. (XXI, 274); δαφοινήεντι π. (I, 425); ἐπ᾽ ἀστράπτοντι π. (XXXVIII, 153); καταπιόωντι π. (XVIII, 337); κοτέοντι π. (XLV, 242); πλήθοντι π. (VI, 74).
23 Eur., Bacch. 1021, Euripidis Fabulae, ed. J. Diggle, III, Oxonii 1994, 334.
24 Gr. Naz., Carm. II, 2, 1, 173, Gregorii Theologi vulgo Nazianzeni Opera quae extant omnia, III (= PG XXXVII), ed. J.-P. Migne, Parisiis 1862, col. 1464.
25 G. D’Ippolito, « Nonno e Gregorio di Nazianzo », in AA. VV., Storia poesia e pensiero nel mondo antico. Studi in onore di Marcello Gigante, Napoli 1994, 197-208, p. 206.
26 Gr. Naz., Carm. ΙΙ, 1, 1, 103, Saint Grégoire de Nazianze. Oeuvres poétiques. I, 1. Poèmes personnels II, 1, 1-11, ed. A. Tuilier, G. Bady, J. Bernardi, Paris 2004, 9.
27 Gr. Naz., Carm. I, 2, 29, 149, Gregor von Nazianz. Gegen die Putzsucht der Frauen, ed. A. Knecht, Heidelberg 1972, 26.
28 P. Collart, Nonnos de Panopolis. Études sur la composition et le texte des Dionysiaques, Le Caire 1930, 12.
29 Nic., Ther. 237, Nicandre. Oeuvres, II, ed. J.-M. Jacques, Paris 2002, 20.
30 Mus., Her. 336, ed. Livrea, Eleuteri, op. cit., 17.
31 Gr. Naz., Carm. II, 2, 4, 93, ed. Migne, op. cit., col. 1512.
32 Ap. Rh., Arg. III, 148-150, Apollonios de Rhodes. Argonautiques, ed. F. Vian, É. Delage, II, Paris 1980, 56.
33 Il verso è utilizzato in XVI, 155 in opposto contesto: Nicea diffida Dioniso dal « toccarle l’arco e carezzarle la faretra ».
34 Nonn., Dion. XXXIII, 143-148, Dionysiaques, XI, ed. Gerlaud, op. cit., 82; XLI, 402-407, Dionysiaques, XV, ed. Chuvin, Fayant, op. cit., 46.
35 Detto dell’elefante Dion. XXVI, 309 αὐχένα βαιὸν ἔχων κυρτούμενον; dei cavalli, XXIX, 368 e XL, 271 δέσμιον αὐ. δοῦλον, XXXVIII, 300 ἵππιον αὐ. δ.; del « collo irsuto » dei leoni XIV, 2 αὐ. λαχνήεντα, XV, 203 αὐχένι λαχνήεντι; di un serpente o del toro I, 202 e XXXVIII, 341 αὐχένα κυρτώσας.
36 Sei formule si riferiscono ad animali, veri o fantastici: al cavallo Dion. I, 318 e XXXVII, 362, a un drago IV, 376, al leone XVIII, 189 e XLIII, 26, al serpente XXXVIII, 28. Una si riferisce ad alberi umanizzati: XII, 273.
37 A questo verso è indubbiamente legato XXXV, 364 ἀγχονίῳ σφίγξασα θεημάχον ἀνέρα δεσμῷ, dove il termine αὐχένα è sostituito dall’assonante ἀνέρα.
38 AP IX, 362, 10, ed. Beckby, op. cit., III, 222.
39 Nonno di Panopoli. Parafrasi del Vangelo di S. Giovanni. Canto I, ed. C. De Stefani, Bologna 2002, 176 (ad l.).
40 Gr. Naz., Carm. II, 1, 19, 23, ed. Migne, op. cit., col. 1272.
41 Pampr., Carm. 3, 175, Pamprepii Panopolitani Carmina, ed. H. Livrea, Leipzig 1979, 31.
42 Coll., Rapt. Hel. 157, ed. Orsini, op. cit., 8.
43 Dion. XV, 124 Καὶ βριαρῷ γόνυ δοῦλον ὑποκλίνας Διονύσῳ; XVII, 387 Ἰνδοφόνῳ γ. δ. ὑποκλίνων Δ.; XXI, 237 Βασσαρίδων γ. δ. ὑποκλίνειεν Ὑδάσπης; XXV, 2 Οὔ πω γὰρ γ. δ. ὑποκλίνων Δ.; XXVII, 176 Εἰ μὲν ἐμοὶ γ. δ. ὑποκλίνειεν Ὑ., e 208 καὶ Βρομίῳ γ. δ. ὑποκλίνων μετὰ νίκην; XLVII, 547 οὐτιδανῷ γ. δ. ὑπογνάμψειε Λυαίῳ.
44 P. Sil., S. Soph. 231 (Καρχηδὼν γ. δ. ἐμοῖς ἔκλινε τροπαίοις), Johannes von Gaza und Paulus Silentiarius. Kunstbeschreibungen justinianischer Zeit, ed. P. Friedländer, Leipzig-Berlin, 1912, 233.
45 Ap. Rh., Arg. I, 1270, Argonautiques, ed. Vian, Delage, op. cit., I, 1974, 110.
46 Opp., Hal. II, 83, ed. Mair, op. cit., 288.
47 Ioh. Gaz., Tab. 277 (1.252), ed. Friedländer, op. cit., 146.
48 Pampr., Carm. 3, 170, ed. Livrea, op. cit., 29.
49 Thcr., Idyl. 26, 13, ed. Gow, cit., 140.
50 Macedon., AP XI, 63, 1, ed. Beckby, op. cit., III, 578.
51 Christod., Stat. 133 e 303, ed. Beckby, op. cit., I, 194 e 204.
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