Arti e mestieri nei monumenti funerari d’età romana in Campania
p. 281-294
Résumés
L’objectif de cet article est de fournir une réflexion archéologique sur les choix du défunt de deux bâtiments funéraires d’Aeclanum et d’Abella, en Campanie. L’étude de la décoration architecturale funéraire a été centrée sur les questions de chronologie et de typologie. La recherche des réseaux de diffusion et de réception des thèmes hellénistiques au plan régional continue d’être la question privilégiée de notre enquête. L’analyse de la décoration suggère que les choix des clients ne sont pas esthétiques. L’examen du répertoire décoratif a permis de cerner l’activité d’un réseau d’ateliers locaux bien répartis sur le territoire, capables de traiter avec des clients d’origine différente. L’utilisation de certains motifs doit être rapportée à la célébration des vertus du défunt, en relation avec la culture politique et les modèles diffusés à partir du triomphe d’Auguste.
Ziel dieses Artikels ist es, eine Reflexion aus archäologischer Sicht hinsichtlich der Entscheidungskriterien von zwei Verstorbenen zu liefern, die sich in Aeclanum und in Abella in Kampanien Grabmonumente erreichten ließen. Die Studie des architektonischen Dekors dieser Monumente konzentrierte sich auf deren Chronologie und Typologie. Das bevorzugte Thema unserer Arbeit ist auch weiterhin die Suche nach den regionalen Vertriebs-und Rezeptionsnetzen der hellenistischen Themen. Die Analyse der Dekorelemente legt nahe, dass die Entscheidungen der Kunden nicht ästhetisch motiviert waren. Die Untersuchung des ikonographischen Repertoires lässt die Tätigkeit eines Netzes von lokalen, gleichmäßig auf das Territorium verteilten Werkstätten erkennen, die in der Lage waren, den Ansprüchen einer Kundschaft unterschiedlicher Herkunft zu genügen. Die Verwendung einiger Motive muss im Zusammenhang mit der Verherrlichung der Tugenden des Verstorbenen betrachtet werden, in Verbindung mit der politischen Kultur und den nach Augustus‘Sieg bei Actium verbreiteten Vorbildern.
Il presente studio prende in esame due fregi di monumenti funerari di Aeclanum e Abella, in Campania, realizzati nell’ultimo trentennio del I secolo a. C. e finora poco studiati. Il repertorio decorativo esaminato ha permesso di dedurre la presenza di attività di botteghe artigiane locali che hanno creato una rete attiva e diffusa sul territorio, capace di dialogare con committenze di estrazione differente. La diffusione degli stessi motivi decorativi in edifici pubblici e funebri campani è messa in relazione con la situazione politica della prima età augustea.
Entrées d’index
Mots-clés : architecture funéraire, Aeclanum, frise dorique, bataille navale d’Actium, Abella, venatio, époque d’Auguste
Parole chiave : architettura funeraria romana, Aeclanum, fregio dorico, battaglia navale di Azio, Abella, venatio, età augustea
Schlüsselwörter : Grabarchitektur, Aeclanum, dorischer Fries, Seeschlacht bei Actium, Abella, venatio, augusteische Zeit
Texte intégral
1Con questo studio ci si propone di fornire una riflessione sulla scelta da parte dei defunti di impiegare determinati temi sulle tombe allo scopo di celebrare la propria identità1. L’attenzione dell’intervento è rivolta all’analisi di una coppia di rilievi provenienti da due edifici funerari di Aeclanum e Abella, in Campania, decorati con soggetti rintracciabili nella tradizione ellenistica.
2Si tenta di definire i meccanismi che portarono alla celebrazione delle élites locali attraverso l’impiego di precisi schemi e modelli, in uso nella capitale tra la tarda età repubblicana e il principio dell’impero, sotto la spinta di evidenti questioni politiche e precisi avvenimenti storici.

Fig. 1. Bonito. Fregio dorico con delfini e nave turrita, da Aeclanum, fronte (photo: D-DAI-ROM-80.2411).
3L’antica Aeclanum era uno dei centri sanniti più importanti dell’Irpinia, posizionata su di un pianoro tra le valli fluviali dell’Ufita e del Calore (Pescatori, 1996). La sua posizione geografica era strategica per il controllo del percorso viario che, attraverso i valichi montani, conduceva verso le regioni adriatiche. La città era accessibile solo dalla via Appia che attraversava l’abitato da ovest a est e che ha fortemente condizionato gli spazi funerari (Quilici, 1996; Lo Pilato, 2012, p. 526, fig. 5).
4Della tomba in esame resta parte della decorazione del fregio dorico figurato con soggetti marini (fig. 1)2. Il blocco di architrave, in pietra locale, fu rinvenuto a Bonito, un vicino borgo medievale, nel corso della demolizione di un edificio dove era stato probabilmente reimpiegato come opera nobilia. Malgrado il contesto di provenienza non sia noto, il complesso funerario doveva far parte di una necropoli locale o essere ubicato lungo il percorso viario extraurbano.
5L’epistilio misura 132 cm di lunghezza, 62 cm di altezza e presenta una larghezza di circa 22 cm.
6Il campo metopale ha un formato quadrangolare di 31 x 31 cm, mentre i triglifi presentano una forma stretta e allungata (altezza di 32 cm e base di 21 cm di lunghezza).
7La superficie dell’architrave è in discrete condizioni3; nella parte superiore, a sinistra, si nota la traccia di un incasso per l’inserimento della grappa di fissaggio che doveva assicurare il blocco contiguo.

Fig. 2. Bonito. Fregio dorico da Aeclanum, particolare della metopa con delfini (photo: A. Palmentieri).
8Restano due metope con soggetti marini, alternate ad una coppia di triglifi a listelli lievemente appiattiti. Il campo metopale destro raffigura un tridente dritto a cui sono avvolti due delfini, posizionati di profilo con il becco rivolto verso il basso (fig. 2); l’altro riproduce la prora di una nave rostrata, terminante con un acrostolio a chiocciola, e un elemento turrito (fig. 3). Sul lato sinistro resta una terza metopa decorata con un soggetto affine: è distinguibile una coda di un delfino con la pinna orientata in basso. A destra si conserva parte del triglifo danneggiato.

Fig. 3. Bonito. Fregio dorico da Aeclanum, particolare della metopa con nave turrita (photo: A. Palmentieri).

Fig. 4.Grottaminarda. Fregio dorico da Aeclanum con motivi vegetali (photo: A. Palmentieri).
9Il fregio doveva presentare uno schema reiterato di elementi figurati posizionati in modo speculare. Il resto della decorazione era definito con altri motivi ornamentali (non esclusivamente vincolati all’ambito marino) attraverso cui si celebrava l’identità del defunto.
10Le dimensioni delle metope suggeriscono l’appartenenza del fregio ad un monumento ad altare di forma quadrangolare, i cui modelli trovano riscontro in alcune zone dell’Italia centro-meridionale tra l’età repubblicana e l’inizio di quella augustea (Torelli, 1968; Polito, 2010; Maschek, 2012). Fregi dorici pertinenti a basi di donario, ma anche ai cosiddetti monumenti a corpi sovrapposti, presentano generalmente metope di altezza contenuta intorno ai 20 cm; metope di maggiore dimensione sono invece riferite archeologicamente a monumenti ad altare del tipo più antico, caratterizzati dalle forme ridondanti del sepolcro e dell’apparato figurativo (Simonelli, 2002, p. 41; Giatti, 2005, p. 179; da ultimo STORTONI, 2008, p. 29).
11Mario Torelli ha suggerito di individuare la diffusione del tipo funerario nelle aree interessate dalla colonizzazione militare d’età triumvirale e augustea4. Il corpus di Dominik Maschek ha assolto il compito di rendere noti un gruppo di materiali inediti e fornire un’utile gamma di confronti che consentono di creare un inquadramento storico e artistico adeguato del fenomeno5. Uno dei pregi della ricerca è quello di proporre una datazione su base tipologica degli elementi decorativi dei fregi analizzati e catalogati in funzione del loro motivo ornamentale.
12Restano aperti alcuni aspetti relativi alle scelte socioculturali dei committenti, in particolare, nell’ambito provinciale campano. La decorazione a fregi metopali è costituita tradizionalmente da un repertorio di motivi figurativi connessi alla sfera religiosa e sacrale (teste taurine e patere) e civile (cataste d’armi, navi e insegne), elementi derivati dalla tradizione tardo-ellenistica, attestata nei monumenti pubblici a partire dall’epoca sillana, ino alla creazione degli edifici funerari di alto livello come quelli di Gaeta d’età augustea6.
13Nell’area di Aeclanum sono noti altri sepolcri del tipo conservati come disiecta membra. Alla tarda età repubblicana va ricondotto un fregio dorico con tre metope figurate con motivi vegetali. (fig. 4)7. Dal punto di vista tecnico-formale, il fiore con grosso pistillo centrale della metopa destra rimanda ad un soggetto analogo di un monumento funerario di Allifae datato alla meta del I secolo a.C. (Tuccinardi, 2011, p. 71, n. 1, fig. 1); il motivo centrale-un cespo d’acanto da cui spunta un calice centrale e il fiore di loto-risulta affine ad un elemento di un edificio di Nola d’ordine temporale più recente (30-20 a.C.) (fig. 5)8.
14Ad un unico edificio della tarda repubblica vanno relazionati i blocchi reimpiegati in età post classica per rinforzare i piloni del ponte sul fiume Calore (fig. 6)9. La tomba presentava un coronamento dorico con triglifi e metope ad elementi vegetali e la fronte scandita al centro da rilievi con fasci littori e, ai lati, da archi sostenuti da pilastri scanalati sormontati da capitelli di lesena con delfini. A questo sepolcro si rapporta il blocco con l’iscrizione dedicatoria, che suggerisce l’impiego del sepolcro come monumento familiare da parte di un personaggio che aveva svolto cariche civili10.
15Malgrado il livello artistico del repertorio figurativo in uso ad Aeclanum sia scadente, è interessante notare come i temi impiegati siano poco convenzionali e risentano delle esperienze delle grandi opere comparse con la propaganda augustea a Roma e nelle province dell’Impero (Zanker, 1987; Polito, 2012).
16I motivi figurativi adoperati, in particolare nel rilievo di Bonito, evocano nella coscienza del committente particolari significati connessi con la celebrazione delle battaglie navali compiute dopo la metà del I secolo a.C. e degli esiti fortuiti che ne derivarono.
17Il soggetto del tridente con il delfino che compare nel fregio sta a significare l’emblema di una lotta o di una nave. Il tema è per la prima volta impiegato nell’effigie monetale di Pompeo Magno e successivamente di Sesto Pompeo per celebrare le imprese navali in Sicilia. Il tipo iconografico è ripreso poi da Ottaviano dopo la vittoria navale di Nauloco nel 36 a.C., che consentì la distruzione della lotta di Sesto Pompeo ad opera di Marco Vipsanio Agrippa, che meritò in quest’occasione la corona turrita rostrata. Per l’età augustea lo schema, con la variante del tridente o del remo posto dritto o obliquo, è documentato nelle lastre Campana e nelle gemme (Tortorella, 1981). Tutte queste tradizioni conluiscono nei monumenti eretti dopo il trionfo di Azio del 31 a.C. secondo un fenomeno di appropriazione della propaganda avversaria (Hölscher, 1985; Zanker, 1987; Hölscher, 1994; Trunk, 2010; La Rocca et alii, 2013).
18Analogamente, la prora di nave è il simbolo della potenza marinara di Roma a partire dalla ine del IV secolo a.C. Una tradizione riferita a Servio attribuisce ad Agrippa l’invenzione delle torri in legno, che servivano per permettere agli arcieri di tirare da posizione rialzata, ma avevano anche la funzione di punti d’avvistamento11. Le navi di Ottaviano erano dunque attrezzate per affrontare una battaglia di arrembaggio con un gran numero di fanti di marina.

Fig. 5. Nola. Campanile romanico. Blocco con fregio dorico figurato con elementi vegetali (photo: A. Palmentieri).

Fig. 6. Apice, località Ponterotto. Fregio dorico con elementi vegetali (da quilici, 1996).

Fig. 7. Cordoba, fregio detto Medinaceli. Scena della battaglia di Azio (da trunk, 2010).

Fig. 8. Nola, campanile romanico. Blocchi di un fregio dorico con soggetti militari e vegetali (photo: A. Palmentieri).
19Scene della battaglia di Azio compaiono in una serie di rilievi del fregio detto Medinaceli con la raffigurazione di Apollo che osserva lo svolgersi della battaglia (Trunk, 2010; La Rocca et alii, 2013). I tre rilievi della battaglia navale trasferiti da Napoli a Siviglia nel 1570 dal vicerè spagnolo, si trovano ora a Cordoba, dove fanno parte della collezione della duchessa di Cardona. Vi è narrato con grande effetto lo scontro navale del combattimento che mise fine alla guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio aprendo la strada al decisivo trionfo del princeps (fig. 7). Una nave turrita è riprodotta in un affresco paesistico-idilliaco della villa della Farnesina (Bragantini, 1998, p. 15-26; Salvadori, 2008), conservato a Palazzo Massimo a Roma e proveniente dalla lussuosa dimora, ritenuta in passato la residenza di Agrippa.
20A livello storico le vittorie navali su Antonio segnarono la fine delle lotte intestine e l’assoggettamento dei regni orientali, ma a livello culturale produssero altri effetti, come la diffusione di un nuovo stile artistico e decorativo ispirato al mondo marino e nautico (Zanker, 1987).
21Se in precedenza la prua rostrata era stata sfruttata da tutti i contendenti, la rappresentazione pubblica dei soli spolia navalia (rostro e aplustre) simbolo della cattura delle navi nemiche e quindi della vittoria navale, sembra essere stato un elemento specifico della propaganda pubblica di Ottaviano Augusto intenzionato a superare i precedenti avversari.
22È stata ipotizzata la provenienza del fregio di Aeclanum dalla tomba di un classiarius, che avrebbe preso parte alla battaglia di Azio a favore di Antonio (Grella, 1975). A supporto di questa tesi è stata proposta l’alta concentrazione lungo la via Appia (tra Benevento e il centro irpino) di rinvenimenti epigrafici della VI e XXX legione che suggeriscono lo stanziamento nell’area di veterani all’incirca dopo il 41 a.C.12.
23Se si volesse la conferma dell’identità del titolare della tomba attraverso la sola analisi delle attestazioni epigrafiche nel territorio si rimarrebbe delusi, in quanto il tipo figurativo rimanda alle formule di auto-rappresentazione inaugurate da Ottaviano subito dopo gli eventi del 31.
24Mentre rilievi figurati con panoplie e motivi d’armi sono molto comuni sugli edifici funerari (Polito, 1998 e 2011), non sono usuali i fregi dorici con navi e altri elementi riconducibili alla marineria. Alcuni punti di contatto si possono rintracciare nei fregi dorici dei monumenti di Benevento (Maschek, 2012), Formia (Mesolella, 2012, p. 576 n. F25, tav. XXX) e Isernia (Diebner, 1979, p. 125-128, n. IS 20 e 21, tav. 15, fig. 20-21). Ad un edificio funerario doveva appartenere un rilievo con biremi conservato al Museo Archeologico di Napoli13. Rappresentazioni di barche paragonabili alla nostra si incontrano in un esemplare dell’Antiquarium del Palatino a Roma (Trunk, 2010, p. 33) e in un fregio dorico da un mausoleo della via Salaria (Floriani, Squarciapino, 1958). Il sepolcro ostiense di Cartilio Poplicola presenta una coppia di trireme rostrate all’interno di un episodio bellico navale che corre lungo il fregio continuo (Floriani, Squarciapino, 1958, p. 194, tav. 2,3 e nota 50; Pensabene, 2007, p. 132-133). Ai Musei Vaticani si conserva un rilievo raffinato proveniente da Palestrina con una bireme che reca maggiori punti di contatto con quello di Aeclanum per la presenza della prua turrita (Floriani, Squarciapino, 1958).
25Tutte queste raffigurazioni con le loro molteplici varianti (con o senza soldati a bordo e torri di avvistamento) sono collocabili tra gli anni 30 e 20 del I secolo a.C. e suggeriscono il legame dei committenti con il mondo della marineria, in particolare con gli eventi scaturiti dalle vittorie navali della fine del secolo.
26A questo proposito bisogna rimarcare come l’apparato ornamentale del monumento di Aeclanum condivida l’impianto iconografico e stilistico di una trabeazione dorica che doveva decorare un edificio di Nola costruito nel periodo post-aziaco (Capaldi, 2005; Spalthoff, 2010; Maschek, 2012).

Fig. 9. a-c. Nola, palazzo Albertini. Blocchi di un fregio dorico con soggetti militari, vegetali e mitologici (photo: A. Palmentieri).

Fig. 10. Nola, masseria Monsignore. Blocco dorico con chimera (photo: MANN).

Fig. 11. Nola, campanile romanico. Blocco dorico con scena di combattimento (photo: A. Palmentieri).
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Fig. 12. Nola, campanile romanico. Blocco dorico con Lupercale (photo: A. Palmentieri).
28Mancano del tutto i dati sulla sua collocazione originaria a causa del reimpiego in due complessi architettonici, d’età medievale e rinascimentale. Al gruppo degli undici blocchi utilizzati nel campanile della cattedrale romanica sono riconducibili altri sette riusati nel basamento del palazzo quattrocentesco degli Albertini (fig. 8-9)14. A questi si aggiunge un altro frammento decorato con una chimera, rinvenuto in area extraurbana, analogo per dimensioni e tipologia ma ino ad ora espunto dal monumento (fig. 10)15.
29Tutti i reperti presi in esame sono blocchi monolitici, in calcare locale, pertinenti ad una cornice di coronamento monumentale lavorata in più pezzi di forma trapezoidale. L’epistilio, alto all’incirca un metro, combina un fregio dorico ad un architrave ionico a due fasce. Le sedici metope (h. 43 cm x lung. 47 cm), alternate ai triglifi con sei guttae di forma troncoconica, raffigurano motivi tipici del repertorio ellenistico ripresi nella prima età augustea: scene di combattimento (fig. 11), panoplie, elementi vegetali e soggetti mitico-allegorici (fig. 12).
30Malgrado di recente si sia tornati sull’improbabile attribuzione del fregio nolano ad una tomba di un personaggio di rango equestre (Spalthoff, 2010, p. 197, n. 87, tav. 54, fig. 142-146), la tipologia dei blocchi, la decorazione delle metope ornate con malte colorate e l’impiego della tecnica della piattabanda con i tagli a cuneo laterali e i fori ad incasso sul retro suggeriscono l’originario impiego in una porticus di un edificio pubblico16.

Fig. 13. a-b. Pompei, Foro romano. Portico monumentale, particolare della fronte e del retro (photo: A. Palmentieri).
31L’ipotesi di una loro comune destinazione sulla scaenae frons o sulla porticus post scaenam del teatro antico di Nola-saccheggiato nel XV secolo per la costruzione del palazzo del conte Orsini-(Leone, 1514) è stata avanzata, a ragione, sulla base della tipologia dei pezzi confrontabili con altri simili da Capua, per quanto trabeazioni analoghe siano usate solitamente nei portici dei Fora come quello di epoca precedente di Pompei (fig. 13), Spoleto (Maschek, 2012) e in quello coevo di Cuma con un fregio continuo di panoplie17.

Fig. 14. Nola, campanile romanico. Blocco dorico con delini (photo: A. Palmentieri).
32Rispetto a quello cumano, il portico di Nola si diversifica per l’impiego dei fregi d’armi nella scansione dell’architettura dorica, rievocata proprio da Augusto a Roma con il fregio della Basilica Aemilia (Lipps, 2011). Rilievi del genere costituiscono una categoria di materiali non molto diffusa e perciò di estremo interesse18. Rispetto alle tematiche urbane d’ambito sacrificale, quelle locali rimandano ai motivi eroici della lotta mitica19 e della vittoria militare.
33Le metope nolane suggeriscono tematiche specifiche della propaganda promossa dal princeps all’indomani del suo trionfo ad Azio. Accanto ai tipi che fanno riferimento a scene di battaglie (scena di combattimento a cavallo) sono connessi soggetti di ambito religioso (il Lupercale)20, mitologico-allegorico (animali fantastici come il grifo e la chimera) e politico-civile (coppia di togati e un personaggio in seminudità eroica).

Fig. 15. Nola, campanile romanico. Blocco dorico con prora di nave (photo: A. Palmentieri).
34Nel caso specifico tre rilievi rinviano (anche se con qualche variante)21ai temi figurativi delle vittorie navali e sono confrontabili con quelli di Aeclanum anche dal punto di vista della lavorazione, non troppo accurata, ma estremamente caratteristica per l’inquadramento cronologico. Due rilievi raffigurano una coppia di delfini che incrociano le code ai lati di un remo verticale e di un tridente obliquo (fig. 14), mentre un altro reca la prora di una nave con la stessa forma semplificata di rostro a lame foliate (prive dell’impugnatura) sullo sfondo di un’asta obliqua e una cornucopia a lato (fig. 15).
35I due esempi presentano punti di contatto per la sequenza dei motivi che compaiono a decorazione dei campi metopali e per l’uso della pietra locale, segno dell’impiego dei medesimi cartoni con soggetti iconografici canonici sfruttati sia nell’architettura pubblica che privata dalle stesse maestranze locali.
36Particolare significato doveva assumere l’impiego di queste rappresentazioni celebrative sul sepolcro, che era sema e custodia del luogo di sepoltura, ma anche uno straordinario strumento di riconoscimento. L’uso di decorare la tomba con le insegne delle cariche civili e militari o con gli attrezzi di lavoro del defunto è considerato indiziario per comprendere la sua identità, in quanto tali rappresentazioni servivano a rievocare il proprio contributo a livello sociale (Gros, 2001, p. 303; Giatti, 2011; Castiglione, 2012). L’improvviso diffondersi nei fregi dorici della Campania interna di motivi figurati con armi, trofei, rostri e navi pare trovare una spiegazione soddisfacente con la celebrazione della propria gloria militare. Non si tratterebbe quindi di un generico richiamo alle virtù romane, bensì la sintassi del racconto scandita nel fregio sembra farsi portavoce di messaggi collegabili ad eventi storici personali.
37Pare legittimo a questo punto indicare nella scelta del defunto di Aeclanum un legame esclusivo con i gruppi navali che sostennero Agrippa e Ottaviano (a questo punto non Antonio, come fino ad oggi è stato ipotizzato).
38Il modello monumentale responsabile dello straordinario successo di questa iconografia potrebbe essere proprio l’altare del monumento celebrativo di Nicopoli, che doveva contenere parate di rostri, rilievi con armi e partiture di navi (Zachos, 2003). Quanto alla diffusione del tipo in ambito provinciale è noto nell’Agorà di Cirene il monumento navale connesso alla celebrazione augustea (Ermeti, 1981).
39Tra gli esempi urbani della diffusione della simbologia aziaca sui monumenti pubblici di età proto-augustea vi sono i celebri rilievi del ‘fregio di San Lorenzo’, conservati al Museo Capitolino a Roma e provenienti da un controverso monumento trionfale dell’area del circo Flaminio (Leoncini, 1987, p. 13; Hölsher, 1988, p. 364, n. 200, fig. 166; Hölsher, 1994, p. 191, tav. 39). Nel fregio, lungo circa 40 m, si alternano attributi sacrificali a quelli navali e negli aphlasta (dove era anticamente il titolo della nave) i ritratti miniaturistici di Ottaviano e Agrippa.
40L’emblema marino comparirà sui monumenti pubblici e privati sullo scorcio della fine della repubblica per poi sparire. Successivamente, le élites locali saranno costrette a rinunciare alle immagini più bellicose, ricordo della guerra, mettendole da parte per scegliere formule più adatte al nuovo ordine stabilito dal principato. Si avvalora così l’ipotesi di uno specifico influsso identitario e celebrativo nella scelta della committenza regionale di impiegare elementi militari navali, non solo allo scopo di riproporre motivi politici fortemente connotati, ma di celebrare la propria memoria attraverso il ricordo di valorose imprese.
41Il complesso problema della relazione concettuale e cronologica dei mausolei individuali con fregio dorico con il più ampio fenomeno del dorismo italico non può essere toccato qui che marginalmente. L’analisi del repertorio degli elementi ornamentali di Aeclanum e Nola consente di ricostruire l’attività delle botteghe locali che operarono con committenti di diversi contesti sociali sulla spinta di specifiche ascendenze politiche e non soltanto di motivi estetici tradizionali e di bottega (von Hesberg, 2006).
42L’aderenza ai modelli e agli schemi decorativi, elaborati nel corso del III-II secolo a.C. e legati nel contesto provinciale campano all’uso della pietra tenera, costituisce un indizio per la ricostruzione di un altro fregio campano.
43Il secondo rilievo in esame è stato scoperto nel corso dello scavo di una tomba della necropoli occidentale di Abella, lungo la strada che conduce verso Nola22. L’area è occupata da una serie di sepolcri individuali, costruiti tra la fine del I secolo e il principio dell’età augustea23.
44Dal diario di scavo e dalle piante si ricava in parte il perimetro di una struttura quadrangolare, di cui restano solo le fondazioni con il nucleo in opera cementizia e il rivestimento in opera reticolata con chiusure angolari in laterizio. Nel corso delle operazioni di scavo fu ritrovata, sul lato est dell’edificio, una lastra quadrangolare in tufo lavorata a rilievo anche sul lato corto (fig. 16, a-b).
45Il monumento funerario può essere ricostruito come altare monumentale di singolare grandezza, coronato da un fregio continuo, figurato con scene di caccia24.
46Il rilievo superstite della cornice è di forma quadrangolare ed è disgiunto in due frammenti combacianti. Il campo figurato presenta a sinistra un venator, visto col busto frontale e le gambe di profilo, vestito con una tunichetta a mezze maniche corta al ginocchio, il venabulum; il cacciatore indossa una manica al braccio sinistro ben caratterizzata ed una grossa lancia, l’hasta venatoria. Il venator è raffigurato mentre colpisce un animale che doveva essere posto di fronte a lui. Sul fianco laterale sinistro è raffigurato a rilievo un fusto di un albero sfrondato.
47La scena frammentaria è colta nel momento decisivo della caccia quando l’animale è colpito con un gesto risoluto. Pur non disponendo dell’intera composizione è possibile ricostruire lo sviluppo narrativo della scena sulla base del confronto con il fregio pittorico della tomba II di Vergina25. Valore militare e abilità venatoria sono i motivi su cui si fonda l’intento celebrativo e di eroizzazione dei sovrani macedoni. In ambito italico, le suggestioni pittoriche della tomba macedone dovevano essere un chiaro richiamo alle vicende personali dei defunti e al messaggio che intendevano comunicare.

Fig. 16. a-b. Avella. Monumento funerario con scena di venatio, fronte e lato (photo: A. Palmentieri).
48Il repertorio figurativo della cornice abellana rimanda a forme di auto-rappresentazione, che a partire dall’età tardo-repubblicana divennero piuttosto comuni nei sepolcri romani di ceto medio (Cébeillac-Gervasoni, 2003).

Fig. 17. Canosa, museo. Rilievo con scena di venatio.
49L’esame del repertorio iconografico permette di individuare alcuni possibili confronti e indicatori cronologici utili a stabilire la datazione del fregio. La stessa ambientazione, ridotta alla scena del duello individuale, è riprodotta in alcune pitture funerarie di Pompei (D’Ambrosio, De Caro, 1983). Nella tomba del giovane magistrato C. Vestorio Prisco, presso Porta Vesuvio, è raffigurato un venator vestito della sola tunica corta al ginocchio e lancia mentre attacca un cinghiale. Sempre da Pompei, dalla tomba 2 EN della necropoli di Porta Nocera, proviene una scena di caccia con un cinghiale, collocata all’interno di una lunetta della camera sepolcrale (D’Ambrosio, De Caro, 1983).
50Un medesimo processo si trova in un rilievo con scena di venatio da Amelia, datato all’età augustea (Monacchi, 2001, p. 35-37, n. 3, fig. 10), e in uno conservato nella villa comunale di Canosa, in Puglia (fig. 17). Come nel fregio abellano, le figure sono poste l’una accanto all’altra, senza alcuna ricerca prospettica e l’armatura del venator è semplificata alla sola tunica e ad una lunga asta venatoria.
51La comparsa di questa tematica nei monumenti sepolcrali va collocata alle soglie del principato ed è probabile che ripresentasse momenti della vita dei defunti. La discussione si concentra sulla domanda se essa rappresenti una venatio in un’arena o una caccia reale o in alternativa raffiguri giochi funebri in onore del defunto alla maniera orientale (Tripodi, 1991).
52Possiamo trovare un punto di contatto con il monumento augusteo di Caio Septumuleio Obola ad Isernia, in cui è raffigurata una scena analoga scandita in una serie di metope in sequenza: la prima con la raffigurazione del cacciatore nella solita posa e la seconda con il fusto dell’albero sfrondato (Torelli, 1968, p. fig. 9-11; Diebner, 1979, p. 146-147, n. Is 31, tav. 23, fig. 31c). I soggetti delle altre metope dispiegano motivi d’armi, elementi sacrificali e strumenti musicali connessi alla sfera dei munera gladiatoria.
53Fra gli spettacoli tipici nel mondo romano trovarono un posto di riguardo le venationes, a cui facevano seguito, negli spettacoli anfiteatrali, le esecuzioni di condannati a morte. Il tema della caccia mitica ricorre non a caso su una delle balaustre superstiti dell’anfiteatro di Capua d’epoca adrianea (Legrottaglie, 2008). Lo stesso schema compare sui sarcofagi campani della media età imperiale, sotto la spinta dell’influenza culturale dei monumenti urbani d’età adrianea. Una coppia di sarcofagi con scena di caccia realistica conservati al museo del Sannio di Benevento soddisfano la volontà dei defunti di riproporre la propria abilità venatoria alla maniera dei sovrani ellenistici (Palmentieri, 2015).
54Una connotazione eroica della caccia serviva analogamente ad evidenziare lo status sociale del defunto. La scelta operata dal committente della tomba di Abella non va esaminata senza connotazioni e implicazioni socioculturali e storiche.
55Riesaminando il soggetto da una prospettiva locale il tema della caccia è evocato in un fregio dorico figurato di una porticus di Capua (fig. 18; Capaldi, 2005, p. 112, n. C. 16, tav. IX, 3.). I dati riguardanti il luogo di rinvenimento propendono per una destinazione pubblica del fregio, che rappresenta un’altra testimonianza dell’esemplificazione dei filoni della propaganda augustea. Il sistema figurativo dell’edificio capuano, eretto all’indomani della vittoria di Azio, serviva a richiamare agli occhi degli osservatori la virtù romana riutilizzando un repertorio tradizionale di stampo ellenistico, inserito all’interno di un programma decorativo integrato da scene allegoriche, combattimenti di animali e motivi militari.
56L’esecuzione dei rilievi capuano e avellano, in pietra locale, riflette il carattere tipico dell’artigianato municipale connotato da un’esemplificazione narrativa, da un ingenuo tentativo stilistico di scorcio e una minima resa della profondità spaziale.
57I due esempi campani rappresentano una rara testimonianza di questo genere di raffigurazioni (documentate nell’iconografia augustea dalle terrecotte ‘Campana’ con giochi e gare nel circo) (Tortorella, 1981, p. 56 s. fig. 29; Pellino, 2006, p. 20, n. I. 11), per cui bisognerà aspettare la metà del II secolo d. C. con i rilievi adrianei dell’arco di Costantino.
58Alla maniera del fregio di Aeclanum si assiste, anche in questo caso, alla rifunzionalizzazione in ambito privato di cifre figurative e di schemi adottati nell’arte pubblica. Nella dinamica fra committenza, elaborazione intellettuale e maestranze si sarebbero definiti anche ad Abella, nella tarda età repubblicana e sulla scia dei conflitti sociali, i termini del linguaggio figurativo destinati a sopravvivere solo in parte.
59La presenza di riferimenti al mondo della caccia potrebbe essere generica sulla tomba, ma anche suggerire la partecipazione del personaggio cui il fregio fa implicito riferimento: il richiamo alla sfera bellica e al valore militare o evocazione di spettacoli nell’arena. Non a caso ad Abella si conserva uno dei più antichi anfiteatri campani, costruito alla maniera di quello pompeiano sul limite murario (Iandoli, 2005).

Fig. 18. Capua. Blocco con fregio dorico con una scena di caccia, rilievo (da Capaldi, 2005).
60Per concludere, in linea con quanto sostenuto da Dominik Maschek, il modello interpretativo secondo cui le scelte delle decorazioni architettoniche della fine del I secolo a. C. sarebbero il prodotto di una società ellenizzata è da considerarsi insufficiente. L’utilizzo di tipi decorativi da parte delle élites locali va inteso non solo come espressione del consenso delle famiglie al linguaggio figurativo rielaborato con il nuovo potere che si stava costituendo, ma sembra indicare l’estrazione sociale dei committenti. Il poeta Orazio si rammarica, in questo periodo, di poter donare agli amici solo versi e non statue in bronzo e neppure marmi incisi di ricordi pubblici, che ridanno lo spirito e la vita dopo la morte ai buoni condottieri (Oraz., Carm., IV, 8, vv. 11-15).
61L’analisi dei cicli dei rilievi di Aeclanum/Nola e Abella/Capua convalida la relazione delle botteghe locali alla tradizione della lavorazione della pietra. Si possono distinguere parametri sia cronologici che topografici nelle applicazioni e nell’uso di certi motivi decorativi e elementi particolari di una produzione regionale che necessitano di essere isolati ed esaminati con particolare attenzione alla loro reciprocità storica.
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Notes de bas de page
1 Un approccio interpretativo in questo senso è in Castiglione, 2012 e Maschek, 2013.
2 Grella, 1975; Joulia, 1988, p. 238; Maschek, 2012, p. 364, n. DF 204. Fototeca DAI Inst. Neg. 80.2411.
3 Reca un foro sul triglifo destro, mentre l’altro è leggermente scheggiato; la supericie figurata è in levigata a causa del suo stato di riuso.
4 Sulla minima presenza di monumenti funerari con fregio dorico a Ostia si veda Pensabene, 2007, p. 134-135.
5 Maschek, 2013 sul legame del monumento umbro con gli eventi di Nauloco.
6 Maschek, 2012, p. 354, n. 172 tav. 37,4 (tumulo di Lucius Munatius Plancus- in situ); p. 322, n. DF 77 tav. 18,1-3 (tumulo di Sempronius Atratinus- spolia).
7 Maschek, 2012, p. 318, n. DF 61 tav. 14 lo colloca a cavallo tra il 60 e il 20 a.C. Si conservano interamente una metopa e due triglifi; le due metope laterali sono incomplete. Il fregio è al di fuori del contesto architettonico di appartenenza in quanto fu impiegato nel XVIII secolo come marcapiano nel campanile della collegiata di Santa Maria a Grottaminarda.
8 Polito, 1998, p. 141, fig. 75; Capaldi, 2005, p. 126, n. 12 tav. XLI, 3; Maschek, 2012. L’analisi del monumento ben conservato ha permesso la creazione di un repertorio degli elementi ornamentali in uso all’indomani del trionfo aziaco, v. oltre.
9 L’edificio è appena indicato in Quilici, 1996, p. 286, fig. 37-39 che lo data in epoca adrianea (!).
10 Schedae numerus: EDR134675: Viva sibi et suis fe[cit---]/Tifae patrono [---]/Damae viro +[---].
11 Serv., ad Aen. VIII, 693. Sulla presenza di Marco Agrippa nei rilievi storici romani si veda il contributo di Romeo 1998.
12 Grella, 1975. Maschek, 2012, p. 364 lo data tra il 35-10 a.C.
13 Floriani, Squarciapino, 1958, p. 200, tav. 42,2; DAI inst neg. Rom. 63.268-63.5716.
14 A questo si aggiunge un elemento sfuggito alla catalogazione di Capaldi, 2005 e mal indicato nell’archivio fotografico del DAI, Inst. neg. 80.2687 (si veda da ultimo Maschek, 2012, che lo rimanda ad un monumento di Aquino (spolia in S. Maria la libera).
15 Donceel, 1964. Il fregio dorico in calcare con una metopa figurata con una chimera fu recuperato dalla pulizia dell’area della Masseria di Monsignore, un’antica proprietà episcopale, situata verso la strada che da Nola porta a Scisciano. Donceel accostò formalmente questo elemento al gruppo reimpiegato nel basamento del campanile della cattedrale e a quello di palazzo Albertini, ritenendo possibile una loro provenienza dai monumenti funerari del tipo a dado delle necropoli del comprensorio nolano. La morfologia del pezzo e le sue dimensioni consentono di accostarlo agli altri di spoglio.
16 Possiamo avanzare qualche ipotesi ricostruttiva per il porticato nolano, recuperando i materiali di spoglio concentrati nell’area di piazza Duomo: 19 conci di una trabeazione di cui conosciamo la profondità pari a 68 cm e l’altezza 92, per un totale di 20 metri circa di lunghezza; due frammenti di cassettonato sono reimpiegati nel campanile (sono resecati sui lati per cui le misure sono indiziarie); un tronco di colonna dorica in calcare è reimpiegato in via san Paolino come elemento angolare (i due rocchi superiori sono in cipollino e marmo bianco); un capitello ionico dell’ordine superiore di un porticato.
17 Polito, 1998, p. 62. Nella stessa epoca, per la costruzione dei portici del Foro, a Cuma si predilige l’uso dell’epistilio ionico decorato da una fascia di panoplie (POLITO, 2011, p. 260-261).
18 Questa tipologia è esclusiva della Campania augustea, nella fattispecie dei centri di Nola e Capua (Capaldi, 2005).
19 Il tema del combattimento di Bellerofonte è rappresentato solitamente attraverso lo schema dell’eroe nudo con il braccio destro armato di lancia nell’atto di colpire la testa di capra della Chimera, sita sul dorso. Questo soggetto eroico è connesso solitamente con i motivi d’armi in quanto simbolo della vittoria militare che ben si doveva prestare a celebrare il trionfo aziaco su un monumento augusteo.
20 Aug, Res Gest., 19. Il motivo del Lupercale diede fama e carisma all’imperatore che si fece promotore dei restauri della mitica grotta alle pendici sud-ovest del Palatino in cui furono collocate le statue della propria famiglia. Per una catalogazione si veda Dulière, 1979; Rissanen, 2014. La metopa in esame non risulta ino ad oggi inserita nella serie che raccoglie quest’iconografia, in quanto il fregio è stato messo in luce in anni recenti, in seguito alla pulizia del basamento del campanile della cattedrale di Nola (in Leone, 1514 risulta solo un vago accenno).
21 La raffigurazione del rostro nel rilievo di Aeclanum è del tipo ‘a tre spade sovrapposte in senso orizzontale con una propria impugnatura’. La prua nel rilievo di Nola rimanda allo stesso tipo malgrado la prua non sia stata raffigurata in modo filologico. Non è raffigurata la torre che è un elemento piuttosto caratterizzante del rilievo di Aeclanum.
22 Abella fu inserita nella I Regio e iscritta alla tribù Galeria. Sulla base di quanto attestano le iscrizioni anche con la riforma dioclezianea e l’istituzione delle province la città fece parte della Campania. Sulla topografia della città è fondamentale: Cinquantaquattro, 2000. Desidero ringraziare il soprintendente A. Campanelli e la dott. ssa I. Gennarelli, funzionario dell’ufficio di Avella per il permesso alla presentazione e allo studio e del manufatto inedito.
23 Per una sintesi: Palmentieri, 2011.
24 È spesso 15 cm. Misura 40 cm di altezza e 52 cm di lunghezza.
25 Andronikos, 1978; Tripodi, 1991. Un aggiornamento sulla questione è in Arena, 2013.
Auteur
-
Angela Palmentieri
Dottore in archeologia, Post doc, Università di Napoli Federico II, Dipartimento Studi Umanistici, Napoli, Italia.
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